Sugli ebrei visibili e invisibili
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Durante la settimana di Sukkot (la Festa delle Capanne), lungo le strade dell'Upper West Side di New York, si possono vedere vagare dei bambini haredi in piccoli gruppi che chiedono ai passanti se sono ebrei. Se la risposta è affermativa, offriranno un lulav (ramo di palma) e un etrog (cedro) in modo che lo stesso passante possa compiere una delle tradizioni sacre della festa. I bambini sono espansivi ma anche beneducati, e la maggior parte delle persone che li incontrano, ebrei e no, lo fanno bonariamente. Ma non tutti. Giovedì scorso, passeggiando per Amsterdam Avenue, ho visto una donna di mezza età che rimproverava un ragazzino haredi di circa 13 anni, l'età del bar mitzvah, che se ne stava in piedi dietro un tavolino da esposizione. Mentre mi avvicinavo, ho notato che lei stava puntando il dito nella sua direzione mentre pontificava: la scena era però divertente, dato che l'espressione sul viso del ragazzo suggeriva che qualunque cosa lei stesse dicendo gli entrava da un orecchio e usciva dall'altro. Una volta raggiunti, la prima cosa che le ho sentito dire è stata: “C'è già abbastanza antisemitismo in giro senza bisogno che voialtri lo peggioriate.” Non avevo intenzione di intromettermi, ma non potevo lasciare che un commento del genere (“voialtri”) rimanesse senza risposta. Così l'ho affrontata e le ho detto: “Signora, mi dispiace, ma dovrebbe sapere che gli ebrei non sono mai responsabili di causare l'antisemitismo. L'antisemitismo è un problema non ebraico.” Rivolta verso di me con le sopracciglia inarcate, la sua prima risposta fu quella di dire: “Io sono ebrea”, con l'inflessione nella sua voce che insinuava che poiché probabilmente io non lo ero, sarebbe stato meglio che mi facessi gli affari miei. Dato che parlo con un accento inglese ed ero vestito in modo casual senza la kippah in testa, avevo capito perché poteva essere giunta a quella conclusione, ma l'ho subito smentita su questo punto prima di spiegarle che essere ebreo non ti dà un lasciapassare quando si tratta di fare commenti antisemiti.
“Lei sta dicendo a un bambino ebreo che sta causando antisemitismo semplicemente stando in mezzo alla strada”, le dissi. A questo punto, il suo commento è diventato molto peggio. Il ragazzino con cui stava urlando non indossava la mascherina, era questo il motivo del suo disappunto. Non ero a conoscenza, mi ha chiesto, che “questi ragazzi vengono fin qui da quelle comunità di Brooklyn dove nessuno di loro è vaccinato e non indossano mascherine?” Tralasciamo il fatto che questo incontro era avvenuto all'aria aperta e che il ragazzo haredi si trovava a circa 3 metri di distanza dalla donna, quindi non era tecnicamente necessario che lui indossasse la mascherina. Quello che lei aveva espresso, come le ho detto direttamente, era una vera calunnia. Una cosa è riconoscere che i tassi di vaccinazione e l'osservanza generale dei protocolli COVID-19 sono molto più bassi tra alcune comunità chassidiche in specifici quartieri di Brooklyn, come nel caso di altri dati demografici in città; dati dal Dipartimento della Salute di New York mostrano che solo il 44 percento dei neri e il 45 percento dei bianchi a Brooklyn sono stati vaccinati, mentre nel Bronx solo il 43 percento della comunità nera è vaccinato, e questo accade più di sei mesi dopo che i vaccini sono diventati disponibili. Tuttavia, per quanto preoccupante sia la situazione in alcune parti della comunità haredi , l'affermazione generale che “nessuno di loro” è stato vaccinato, che “nessuno di loro” indossa mascherine e che di conseguenza non dovrebbero camminare liberamente per la città , è radicata nel pregiudizio, non nella serena valutazione dei fatti. Se un bambino ortodosso di Brooklyn rappresenta un serio rischio di trasmissione del coronavirus standosene semplicemente all’aperto, allora lo è anche il giovane senzatetto che ti ha appena chiesto una monetina, insieme a tutti i turisti provenienti dal Texas o dalla Florida che navigano nell'Apple Store e, anzi, lo è chiunque provenga da un qualsiasi luogo che non condivida il tasso di vaccinazione del 79% di Manhattan. Ma dubito che la mia interlocutrice abbia pensato al problema in questi termini comparativi; soltanto la vista di un bambino ebreo ortodosso che condivideva il suo lulav con estranei aveva scatenato i suoi timori di una nuova ondata di casi di Covid nell'Upper West Side. Che un individuo ebreo reagisca in questo modo è scioccante e certamente sconfortante. La volontà della donna di usare delle preoccupazioni apparentemente ragionevoli per la salute pubblica quale scusa per rimproverare un bambino in pubblico, era un segno inequivocabile che era guidata da un disprezzo remoto nei confronti degli ebrei haredi , piuttosto che dal desiderio di sostenere l'adozione del vaccino da parte di quella comunità.
Dai suoi modi, tono e scelta delle parole, ha dimostrato che c'è poca differenza tra i cliché antisemiti usati dai non ebrei e quelli usati dagli ebrei che hanno interiorizzato il pregiudizio; a suo avviso, questi haredim erano degli estranei che avevano occupato la strada, avvelenando nel frattempo una comunità affiatata e rendendo così difficile, senza motivo, la vita a quegli ebrei che sono, è vero, molto più simili a tutti gli altri. La psicologia e la storia dell'antisemitismo ebraico è un argomento affascinante ma che va oltre lo scopo di questo articolo. Basti dire che tutti noi sappiamo che esiste, e sappiamo inoltre che il grezzo pregiudizio tra gli stessi ebrei contro coloro che sono con evidenza ebrei - che sono rumorosi, maleducati, non lavati, sprezzanti verso gli estranei e tutto il resto di quel bagaglio - è il segreto vergognoso della nostra comunità. Ma in un momento come questo, in cui l'antisemitismo radicato nelle teorie del complotto sulla diffusione del COVID, riecheggia dalle aule del Congresso degli Stati Uniti alle manifestazioni rabbiose contro il “Green Pass ” nelle città di provincia francesi, faremmo bene a riesaminare i nostri preconcetti. Ciò è particolarmente vero per quegli ebrei che considerano i loro fratelli haredi una fonte di imbarazzo sociale. Guardatevi allo specchio e chiedetevi perché.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate takinut3@gmail.com