Caso Eitan, primo accordo tra le famiglie
Cronaca di Sharon Nizza
Testata: La Repubblica
Data: 24/09/2021
Pagina: 31
Autore: Sharon Nizza
Titolo: Eitan, primo accordo in tribunale: 'Tre giorni con gli zii, tre con i nonni'
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 24/09/2021, a pag. 31, l'analisi di Sharon Nizza, dal titolo "Eitan, primo accordo in tribunale: 'Tre giorni con gli zii, tre con i nonni' ".

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Sharon Nizza


La famiglia Biran. L'unico sopravvissuto alla tragedia della funivia è Eitan, di 6 anni

«C’è un’intesa temporanea tra le parti» è il messaggio distensivo rilasciato dai legali delle famiglie Peleg e Biran al termine dell’udienza di due ore con cui si è aperto ieri a Tel Aviv il processo che dovrà stabilire se e quando Eitan tornerà in Italia. Fino ad allora, il piccolo rimarrà in Israele, metà del tempo con Aya e metà con i Peleg: è il compromesso della giudice Iris Ilotovich-Segal, che si spera possa reggere anche quando il procedimento entrerà nella difficile fase istruttoria, fissata per l’8 ottobre con una probabile estensione anche ai due giorni successivi. Un calendario fittissimo, per giunta nel weekend — «mai visti tempi così serrati, la corte ha ben presente l’urgenza», dice uno dei legali coinvolti. La stima è che la sentenza arrivi verso fine ottobre, poco prima del termine di sei settimane stabilito dalla Convenzione dell’Aja, al netto dei ricorsi. Si sovrapporrà quindi al ricorso con cui i Peleg hanno impugnato la decisione di affidare Eitan ad Aya, che verrà discusso il 22 ottobre dal Tribunale per i minorenni di Milano (salvo rinvii per via della situazione che si è venuta a creare a seguito del sospetto sequestro). Nel frattempo, Eitan non inizierà la prima elementare a Tel Aviv. «Finalmente un giudice ha riconosciuto l’interesse del minore ad avere un rapporto con entrambi i lati della sua famiglia, diversamente da quanto stabilito dai tribunali italiani», ha commentato Sara Carsaniga, legale italiana dei Peleg — «Eitan non ha una famiglia di serie A e una di serie C». Si sono rivisti ieri dodici giorni dopo l’ultimo incontro nella villetta di Travacò Siccomario, quando zia Aya ha consegnato Eitan a nonno Shmulik per la consueta visita, senza immaginare che non l’avrebbe più riavuto indietro. Nell’aula del tribunale, oltre alla schiera dei legali, c’erano solo loro: Aya Biran, che ha intentato la causa per il rientro in Italia del nipote affidatole dalla giustizia italiana, e Shmuel Peleg, indagato per sequestro, in Italia e in Israele. La nonna e gli zii materni — tra cui Gali e Ron che hanno presentato l’istanza di adozione in Israele — e lo zio paterno Hagai, sono stati fatti uscire dall’aula dalla giudice che ha applicato la versione più rigorosa dell’udienza a porte chiuse. «Sono preoccupata. Voglio vedere Eitan a casa», Aya è l’unica a mormorare una frase, presa d’assalto dai cronisti, poco prima del silenzio stampa annunciato dai legali dei due rami familiari in una dichiarazione congiunta: «C’è bisogno di tranquillità ora». Una sorta di tregua in vista del dibattimento atteso tra due settimane che potrebbe essere spietato. I Peleg tenteranno diverse strade per sostenere che la «Convenzione dell’Aja non è pertinente al caso», contestando sia l’argomento della «residenza abituale» (provando a sostenere che l’orfano ha «due luoghi di residenza abituale»), sia quello della custodia affidata ad Aya (impugnata con «pareri legali che verranno presentati tra le prove»). C’è poi la clausola prevista dall’articolo 13 della Convenzione, «il rischio che il minore, ritornando, sia esposto a pericoli fisici e psichici », per cui si immagina non poco fango verrà gettato.

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