Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/09/2021, a pag.4, con il titolo "Dialoghi e copertine", l'analisi di Mauro Zanon.
Mauro Zanon
Manifesti elettorali in sostegno di Zemmour
Parigi. Bisogna dibattere con un pensatore di estrema destra e per giunta pluricondannato o riservargli piuttosto il "silence du dedain", quel silenzio di disprezzo che il deputato repubblicano Théodore Reinach, nel 1887, giudicò opportuno dinanzi al polemista nazionalista e antisemita Édouard Drumont? E' la domanda lanciata ieri da Libération, il quotidiano della gauche progressista parigina, nei giorni in cui il quasi-candidato alle presidenziali Eric Zemmour, l'intellettuale reazionario più celebre di Francia, si appresta a salire sui ring televisivi per difendere la sua visione del mondo dinanzi a chi avrà voglia di combatterlo sul piano del pensiero e dei programmi. La Francia è spaccata in due sulla risposta. C'è chi non ha alcuna intenzione di favorire la nascita di un "mostro mediatico", come lo definisce Libé, di dare spazio a teorie ritenute immonde come quella della "grande sostituzione" di popolazione o della "remigrazione" di quelli che, secondo Zemmour e la sua cerchia, stanno "colonizzando gli ex colonizzatori". Ma c'è anche una Francia che ritiene necessaria una battaglia colpo su colpo contro il febbrile polemista, una battaglia delle idee su temi fondamentali come l'identità e l'immigrazione. Di questa Francia fa parte Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise (il partito della sinistra radicale), che ieri sera ha affrontato Zemmour in un dibattito muscolare andato in onda su Bfm.ty, durante il quale sono emerse le due visioni opposte del paese: il guru giacobino milita per una Francia "creolizzata", per il meticciato artistico e linguistico; lo scrittore sovranista sogna una Francia etnocentrica, all'insegna del "prima i francesi", dove i nomi stranieri saranno banditi attraverso il ripristino della legge napoleonica del 1803. Per aver accettato il confronto, Mélenchon è stato ricoperto di critiche da alcuni esponenti di sinistra, come l'ecologista Yannick Jadot, che ha parlato di "errore politico". "Pensa per caso di combattere l'estrema destra con interventi televisivi solitari?", ha replicato Adrien Quatennens, deputato e pasdaran di Mélenchon. Anche alcuni membri del governo hanno espresso la loro contrarietà, comportamento a cui il clan Mélenchon ha risposto ricordando che "nove ministri hanno dibattuto nel recente passato con Zemmour", contribuendo a farlo "salire nei sondaggi". Zemmour, oggi, è un "presidenziabile" come gli altri, anche se non ha ancora annunciato la sua candidatura, un "avversario politico" che come tale va trattato, secondo gli insoumis, contrari alla demonizzazione. "E' una strategia di confronto, di disintossicazione mentale, ma con risposte argomentate. E' un'opera di salute pubblica", ha spiegato a Libération Manuel Bompard, che dirigerà la campagna elettorale di Mélenchon. I sondaggi, però, iniziano a far paura. Soprattutto ai Républicains (Lr), la destra gollista. Zemmour, attualmente, viaggia attorno all'll per cento di intenzioni di voto in vista del primo turno delle presidenziali e secondo quanto rivelato dal Figaro la sua squadra starebbe lavorando per farlo figurare ai blocchi di partenza delle primarie golliste: scrutinio che Zemmour è sicuro di vincere e che gli permetterebbe di avere il bollino del partito. Per ora, il presidente Lr, Christian Jacob, ha respinto la proposta, dicendo che Zemmour "non fa parte della famiglia" e "non condivide gli stessi valori". Ma sarà difficile giustificare il veto agli elettori gollisti, visto che anche personalità esterne a Lr parteciperanno alle primarie, come Valérie Pécresse. Ieri, intanto, è iniziata la guerra delle copertine e dei colpi bassi mediatici. I magazine Paris Match e Voici hanno pubblicato due servizi sull'idillio non solo lavorativo ma anche amoroso tra Zemmour e la sua più fedele consigliera, la giovane enarca Sarah Knafo. "Vogliono danneggiarmi. Ma non mi lascerò intimidire", ha affermato Zemmour, che ha deciso di sporgere denuncia contro le due testate. Secondo le malelingue, dietro la pubblicazione di Paris Match ci sarebbe lo zampino di Macron, grande amico del direttore Hervé Gattegno. Per alcuni osservatori, i due magazine hanno offerto a Zemmour su un piatto d'argento un pretesto perfetto per atteggiarsi da vittima e capro espiatorio.
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