Il dolore del Manifesto
Nell'articolo contro Israele di Michele Giorgio
Testata: Il Manifesto
Data: 23/09/2021
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: Biden scarica Abu Mazen, Bennett teorizza la 'pace'
Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 23/09/2021, a pag.8, con il titolo "Biden scarica Abu Mazen, Bennett teorizza la 'pace' " l'analisi di Michele Giorgio.

L'articolo di Michele Giorgio di oggi esprime tutto il dolore del Manifesto nel vedere le ragioni di Israele tenute in conto dall'amministrazione Biden. Per questo Giorgio passa agli insulti, definendo "intellettuale di corte" Micah Goodman, una delle voci più interessanti e innovative del dibattito politico-filosofico israeliano.

Ecco l'articolo:

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Michele Giorgio

Tikvah's Visiting Faculty and Speakers » The Tikvah Fund
Micah Goodman

Sono passate sottotraccia le parole pronunciate da Joe Biden due giorni fa all'Assemblea generale Onu a proposito di Israele e palestinesi. «Continuo a credere che una soluzione a due Stati sia il modo migliore per garantire il futuro di Israele come Stato democratico ebraico accanto a uno Stato palestinese vitale, sovrano e democratico» ha detto il presidente americano. Che poi ha aggiunto: «Siamo molto lontani da quell'obiettivo in questo momento». In sostanza i palestinesi devono aspettare ancora, come già fatto per decenni. Biden si è schierato con le posizioni del premier israeliano, l'ultranazionalista Naftali Bennett, sull'impossibilità che il conflitto con i palestinesi abbia una soluzione, almeno nei prossimi anni. Così ha affondato le speranze di Abu Mazen. Dopo la sconfitta di Trump alle presidenziali di circa un anno fa e la conclusione in Israele del lungo regno di Benyamin Netanyahu, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) contava su Biden per ridare fiato alle trombe del «processo di pace». Ne ha bisogno per rilanciarsi tra la sua gente che lo considera uno strumento nelle mani di Israele e un ostacolo alla realizzazione delle aspirazioni nazionali del suo popolo. L'80% dei palestinesi chiedono le sue dimissioni immediate secondo un sondaggio di due giorni fa.

BENNETT È STATO categorico e con il contributo del suo braccio destro, la ministra dell'interno Ayelet Shaked, nelle scorse settimane ha ribadito in più di una occasione che lui non incontrerà Abu Mazen — «reo» di aver portato Israele di fronte alla Corte penale internazionale — e che per lo Stato di Palestina non c'è posto accanto allo Stato ebraico. Posizioni note da tempo ma che dopo l'ascesa al potere di Bennett sono state rese più articolate da Micah Goodman, il filosofo di corte del primo ministro israeliano. Goodman, autore nel 2017 di Catch-67: The Left, the Right, and the Legacy of the Six Day War, sul destino dei territori palestinesi occupati da Israele nel 1967, è conosciuto come il teorico della «non soluzione» e della «riduzione» del conflitto. Si vanta di aver convertito l'amministrazione Biden al suo approccio «pragmatico e meno ideologico». Sostiene che negli antichi testi ebraici si troverebbe la strada per affrontare una questione centrale come il conflitto israelo-palestinese. «L'idea fondamentale del Talmud è ascoltare sempre le parti — ha spiegato Goodman qualche giorno fa alla Cnn — Il Talmud ammira le persone che chiedono perché ci sbagliamo? Pensare che solo un lato, o solo il tuo lato, sia corretto è anti-intellettuale». Goodman afferma di rivolgersi alla sinistra come alla destra. A suo dire queste due parti avanzerebbero solo proposte, opposte tra di loro, su come porre fine al conflitto con i palestinesi che hanno perpetuato lo status quo nella Cisgiordania. «Possiamo rendere le cose molto migliori anche se non poniamo fine al conflitto ma lo riduciamo», afferma Goodman. Israele, aggiunge, dovrebbe approvare misure ampie e concrete per migliorare la vita economica, la sicurezza e l'autogoverno palestinese in Cisgiordania e prevedere una riduzione all'espansione degli insediamenti coloniali.

SIAMO a FRONTE a qualcosa di innovativo? Per niente. Tali proposte puntano a normalizzare l'occupazione israeliana, a negare l'indipendenza ai palestinesi e a confermare che la legge del più forte vale più di quella internazionale. «Ridurre il conflitto» è la vecchia idea della «pace economica» della destra israeliana, convinta che i palestinesi in cambio del miglioramento delle loro condizioni di vita rinunceranno alla libertà, ai loro territori e all' indipendenza. La storia di questi decenni ha ampiamente dimostrato il suo fallimento.

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