Riprendiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 10/09/2021, a pag.26, con il titolo "Le vittime della Shoah qui non hanno casa" il commento di Tonia Mastrobuoni.
Tonia Mastrobuoni
Quando sua madre andò a reclamare la casa chele era stata strappata dai nazisti, un impiegato del Comune la guardò negli occhi e le disse «ma non si vergogna?».Anche a Cracovia la retorica velenosa sui «ricchi ebrei che tornano a espropriare i poveri polacchi» è diffusissima. Da decenni. La madre di Piotr Kwapiesiwicz ha vissuto sulla sua pelle cosa significa far parte di un popolo che si è quasi estinto durante la Shoah — in Polonia su oltre tre milioni di ebrei solo 150 mila sono sopravvissuti allo sterminio — e che continua a essere discriminato. Piotr ci accoglie nel suo ufficio con un caffè fumante, siamo nel quartier generale della sua Associazione ebraica Czukent, nelle viuzze stupende del vecchio ghetto di Cracovia, nel quartiere Kazimierz. Dalla stanza accanto arrivano le risate degli attivisti Lgbtqi di All Out arrivati da mezza Europa per preparare il Pride —persino la sinagoga ha esposto degli ombrelli arcobaleno in segno di solidarietà. Sui giornali, però, si parla solo della nuova legge che ha stabilito un limite di trent'anni per reclamare le case, le fabbriche, le fattorie che due regimi totalitari hanno scippato ai legittimi proprietari. Una mossa che ha suscitato un'ondata di indignazione in tutto il mondo. Le reazioni ufficiali di Israele e degli Stati Uniti sono state durissime. Entrambi considerano quella controversa norma un esplicito colpo di spugna ai diritti dei discendenti delle vittime della Shoah. Yair Lapid, ministro degli Esteri israeliano, ha tuonato contro una decisione che «rasenta il negazionismo dell'Olocausto». E il segretario di stato americano Antony Blinken ha chiesto «giustizia per le vittime» degli espropri durante il nazismo e il comunismo, e ha preteso che «le restituzioni continuino a essere garantite» anche a chi è dovuto fuggire durante l'occupazione nazista.
TENSIONI CON GLI USA Il governo polacco, tuttavia, è scivolato ormai in una tale deriva autoritaria da non temere neanche di compromettere i rapporti con il suo più importante alleato degli ultimi trent'anni: gli Stati Uniti. Negli stessi giorni della "legge sulle vittime dell'Olocausto", com'è stata battezzata un po' sbrigativamente,Washington si è infuriata anche per l'ennesimo giro di vite sull’informazione libera: perla cacciata degli americani di Discovery dall'emittente Tvn. «Il problema non è la legge di per sé, perché non è specificamente contro gli ebrei. Il problema è il modo in cui è stata presentata. Il problema è politico», ci spiega Piotr. Che è testimone diretto, a causa delle torture burocratiche e le umiliazioni subite da sua madre, che «le leggi erano discriminatorie già prima». Dopo la Seconda guerra mondiale il regime comunista nazionalizzò una Varsavia finita quasi tutta in macerie per facilitarne la ricostruzione; nel resto del Paese e a Cracovia milioni di proprietà abbandonate dagli ebrei sterminati o fuggiti dalle persecuzioni naziste furono invece occupate dai polacchi. E il regime decise anche che le case o i terreni di chi fosse morto senza un erede —spesso il caso delle vittime della Shoah — sarebbero andate comunque allo Stato.
LA BUROCRAZIA È UNA TRAPPOLA Anche dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine dei regimi filosovietici, le autorità polacche hanno continuato a erigere un muro di burocrazia per impedire le restituzioni. E a rifiutare qualsiasi forma di compensazione. «A un mio amico emigrato in lsraele»,racconta Piotr, «chiesero di dimostrare che i suoi antenati fossero polacchi.I nazisti avevano deportato la sua famiglia e lui era cresciuto in un orfanotrofio. E gli hanno contestato il fatto che avesse cambiato nome, nella sua nuova patria, cosa che notoriamente moltissimi israeliani hanno fatto». Le domande legittime furono affogate in un mare di scartoffie, di ostacoli «ma anche nella retorica sempre più violenta del "ricco ebreo che torna dall'estero per rubare le terre al polacco"». Szymon Filek si occupa di restituzioni da una vita: l'avvocato ebreo fa parte del Comitato delle restituzioni, e anche la sua famiglia ha attraversato l'odissea di un'impresa nazionalizzata, riconquistata miracolosamente negli anni 90 e poi tornata nelle mani dello Stato. «In tutti questi anni il problema sono state le leggi e le prassi esistenti: è fuorviante definire la legge appena approvata ”contro i discendenti delle vittime dell'Olocausto",perché è una legge che riguarda tutti i polacchi e mette ordine in una ragnatela ingarbugliata e ostile di norme.Io penso che il problema vero sia politico, sia il fatto che il governo Morawiecki pensi di guadagnare voti facendo leva su un antisemitismo ancora molto presente in questo Paese». Secondo Filek la polemica feroce con Israele è esattamente ciò che voleva ottenere Morawiecki. «Perciò sono anche molto arrabbiato con il governo israeliano che è cascato in questa trappola. La verità è che già prima i tribunali decidevano dopo 30 anni la prescrizione.E persino la Corte costituzionale ha deciso nel 2015 che le leggi esistenti andavano cambiate, che andava messo un limite temporale. Il problema è a monte, esiste da decenni». La questione, dunque, è complessa. A Varsavia, ad esempio, il nodo riguarda la nazionalizzazione forzata del dopoguerra che ha interessato l'intera città, comprese le proprietà private. «Adesso miriadi di case sono fatiscenti, addirittura senza luce né acqua perché il Comune si nasconde dietro al fatto che è inutile ristrutturarle se un giorno può arrivare qualcuno e reclamarle», spiega Milosz Hodun, direttore del think tank liberale Projekt Polska, che ricorda come sulla legge anche gran parte dell'opposizione si sia astenuta. «Non hanno votato contro perché ritengono che su quella materia ci sia bisogno di chiarezza. E che città come Varsavia non possano continuare a marcire perché il Comune può usare la scusa del proprietario ignoto».
ANTISEMITISMO DIFFUSO Il sociologo Michal Bilewicz è trai maggiori esperti in Polonia di antisemitismo e ha studiato a fondo gli effetti della norma sulle restituzioni. Lo raggiungiamo al telefono nel suo ufficio dell'Università di Varsavia; per lui il senso di quella mossa del governo Morawiecki è chiaro. «In Ungheria e in Polonia l'antisemitismo è più forte che in altri Paesi europei.Abbiamo condotto delle indagini. Quando abbiamo chiesto ai polacchi se sia giusto restituire le proprietà private ai legittimi proprietari, rispondono convintamente di sì. Ma quando aggiungiamo la domanda: "ed è giusto che vengano restituite agli ebrei?", la stragrande maggioranza risponde di no». Bilewicz è a favore della legge, ma è spaventato dalla retorica che la accompagna. In Polonia non c'è solo un governo ultra cattolico che alimenta sentimenti antisemiti; anche l'estrema destra usa slogan che alimentano l'odio contro gli ebrei. «In Polonia la proprietà privata è sacra. E il modo più semplice di far digerire una legge che mette un limite temporale alle restituzioni senza prevedere uno straccio di indennizzo è farla sembrare una legge contro gli ebrei. Il governo attuale alimenta in generale una retorica messianica dei poveri polacchi che vengono puniti per la loro bontà e generosità. Come si dice? "Italiani brava gente"? Ecco, è il luogo comune dei"polacchi brava gente", dei bravi cittadini ingenui truffati dagli avidi ebrei. Una storia orribile, vecchia quanto il mondo».
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
segreteria_venerdi@repubblica.it