Covid, vaccino: Israele verso la quarta dose
Lettera di Yoram Gutgeld, risposta di Claudio Cerasa, cronaca di Aldo Baquis
Testata:
Data: 08/09/2021
Pagina: 4
Autore: Yoram Gutgeld - Claudio Cerasa - Aldo Baquis
Titolo: Obbligo no ma si renda indispensabile il vaccino per fare quasi tutto - Protezione giù dopo 5 mesi, Israele verso la quarta dose
Riprendiamo oggi, 08/09/2021, dal FOGLIO, a pag. IV, con il titolo "Obbligo no ma si renda indispensabile il vaccino per fare quasi tutto ", la lettera di Yoram Gutgeld e la risposta del direttore Claudio Cerasa; da NAZIONE/CARLINO/GIORNO, a pag. 3, la cronaca di Aldo Baquis dal titolo "Protezione giù dopo 5 mesi, Israele verso la quarta dose".
Ecco gli articoli:
IL FOGLIO - Yoram Gutgeld, Claudio Cerasa: "Obbligo no ma si renda indispensabile il vaccino per fare quasi tutto "
Yoram Gutgeld
Al direttore - Gli oppositori del green pass e dell'eventuale obbligo vaccinale sostengono che esiste una valida alternativa a queste misure "coercitive", ovvero comunicare meglio i vantaggi della vaccinazione convincendo cosa i dubbiosi ad aderire. Un'efficace comunicazione sui vaccini, soprattutto dopo mesi di messaggi spesso contraddittori, è senz'altro molto importante. Tuttavia la "crociata" di Massimo Cacciari contro il green pass dimostra che non basta Il razionale per il green pass Covid, esattamente come quello praticato da anni per i vaccini dell'età infantile, è molto semplice. Primo, i vaccini hanno un'elevata efficacia nel prevenire l'infezione e la malattia grave. Secondo, i non vaccinati mettono a rischio le persone con cui vengono in contatto sia perché alcune non si possono vaccinare, sia perché la protezione vaccinale è alta ma non è totale e in qualche caso anche un vaccinato si potrebbe infettare. Tre, i rischi derivanti dalla somministrazione dei vaccini sono bassissimi e molto inferiori ai rischi legati alla malattia stessa Con tutta l'inevitabile incertezza associata a un nuovo fenomeno come il Covid, esiste una schiacciante e incontrovertibile evidenza, sopportata anche dai dati italiani, che le tre condizioni sopracitate si verificano. Nonostante ciò Cacciari è pieno di dubbi. Cita a supporto di questi dubbi il fatto che in Israele una buona parte degli ospedalizzati ha completato il ciclo vaccinale. Peccato che la percentuale dei vaccinati in ospedale sia un dato irrilevante. Basti notare che se tutti fossero vaccinati il cento per cento degli ospedalizzati sarebbe per definizione vaccinato. Conta invece l'incidenza pro capite, e i dati israeliani confermano appieno i prerequisiti per il green pass. L'incidenza delle ospedalizzazioni tra i vaccinati è molto più bassa rispetto ai non vaccinati; quindi i vaccini sono efficaci. Tuttavia qualche vaccinato finisce in ospedale; quindi i non vaccinati rappresentano un rischio per la comunità. Come mai Cacciari che si potrebbe presumere sia una persona informata ignora i fatti? Azzardo a ipotizzare che sia una vittima di quello che lo psicologo inglese Peter Wason definì "bias di conferma". Si tratta del processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare informazioni in modo da confermare le proprie convinzioni e, viceversa, ignorare informazioni che le contraddicono. Cacciari, come milioni di persone (spesso meno preparate del professore), nutre dei timori nei confronti dei vaccini e dei dubbi verso i big pharma che apparentemente nessuna quantità di fatti possa scalfire. Ecco perché la doverosa comunicazione non è sufficiente. Rispettiamo le opinioni di tutti, ma a un certo punto le ragioni della salute pubblica devono prevalere. Il green pass è un mezzo giustificato, e con la diffusione di varianti sempre più contagiose è uno strumento inevitabile per garantirci una vita relativamente normale anche nel tempo del Covid.
Ecco la risposta di Claudio Cerasa:
Claudio Cerasa
Quando si confrontano, sciaguratamente, il numero di persone morte con il vaccino e il numero di persone morte senza vaccino si commette spesso un errore di calcolo importante e a volte doloso. Immaginiamo la stanza di un ristorante con quaranta persone. Immaginiamo che tra queste quaranta persone 35 sono vaccinate e 5 sono non vaccinate. Immaginate che tra queste persone ne muoiano in tutto quattro, due vaccinate e due non vaccinate. Apparentemente, si potrebbe dire che il 50 per cento dei morti è vaccinato e il 50 per cento dei morti non è vaccinato. Ma in verità si tratta di un'illusione, perché l'incidenza dei morti tra i non vaccinati sarebbe infinitamente superiore a quella tra i vaccinati. Niente balle, sì vaccini, sì green pass. Obbligo forse no, ma rendere indispensabile il vaccino per fare quasi tutto direi di sì.
NAZIONE/CARLINO/GIORNO - Aldo Baquis: "Protezione giù dopo 5 mesi, Israele verso la quarta dose"
Aldo Baquis
Mentre la quarta ondata di pandemia colpisce il Paese e le cifre dei contagiati raggiungono livelli record, le autorità sanitarie israeliane sono impegnate in una somministrazione di massa della terza dose di vaccino Pfizer. Israele è in questo campo il primo al mondo e molti occhi sono puntati sulla sua esperienza. A monte vi è un'anteprima degli ultimi studi condotti dal Maccabi Healthcare Services e della Yale School of Public Healt che registrano un sensibile calo della protezione vaccinale cinque-sei mesi dopo la chiusura del ciclo d'immunizzazione. Da qui la corsa al secondo richiamo. Postazioni di vaccinazione vengono tenute aperte nelle principali città anche 24 ore al giorno e attorno si creano lunghe code. Concepita a fine luglio solo per gli oltre sessantenni, adesso l'immunizzazione viene offerta a tutti quanti abbiano oltre 12 anni, a condizione che siano trascorsi cinque mesi dalla seconda dose. Unità mobili sono incaricate di raggiungere località periferiche del Paese e localizzare anziani e quanti hanno difficoltà di spostamento. I numeri sono da capogiro: dal 1 agosto, quando è scattata l'operazione, 2,7 milioni di Israeliani (su un totale di 9,2) hanno richiesto la terza dose. Sono 5,5 milioni quelli che per ora ne hanno solo due e 6 milioni quelli con una. Intanto all'orizzonte si profila la possibilità che all'inizio del 2022 occorrerà provvedere anche ad una quarta dose. La decisione di somministrare la terza dose è stata molto combattuta. Ancora il 23 luglio, in una drammatica consultazione fra decine di esperti del ministero della sanità, si erano opposte due diverse visioni del problema. Da un lato, vi erano quanti temevano per la incolumità degli anziani, dall'altro quanti invece in assenza di dati solidi suggerivano di non lanciarsi in avventure rischiose. Decisivo è stato l'intervento del premier Naftali Bennett che un anno fa ha pubblicato un libro intitolato: 'Come sconfiggere la pandemia'. Essa - sostiene - va contenuta, ma non al costo di bloccare la attività del mercato. Anche da qui la necessità di vaccinazioni a tappeto. In un documento del 19 agosto, il ministero della Sanità ha rilevato «un calo significativo nel tasso di contagio e di ricoveri degli over 60 che hanno ricevuto la terza dose, rispetto ai loro coetanei che ne hanno ricevute solo due». Per quanto riguarda i contagi, la protezione fra i primi è di «quattro volte superiore» rispetto a quella dei secondi. Per le forme gravi di malattia o eventuali ricoveri, la loro difesa è «5-6 volte superiore». Di fronte alla particolare aggressività della variante Delta, anche quanti hanno ricevuto una terza dose di Pfizer rischiano un contagio: ma hanno probabilità molto migliori di uscirne senza gravi conseguenze. Dieci giorni dopo la somministrazione della terza dose, ha rilevato la cassa mutua Maccabi, fra gli over 60 la difesa dal contagio sale a 86 per cento. Alla variante Delta (che la settimana scorsa ha provocato fino a 10mila contagi quotidiani) Israele oppone dunque una campagna martellante di vaccinazione di massa che è riuscita almeno a tenere sotto controllo il numero dei malati gravi (660-700, negli ultimi giorni). Ma le incognite restano: la prima riguarda il possibile indebolimento della terza dose, così come già avvenuto per le prime due. Inoltre potrebbero entrare in campo nuove varianti.
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