Croce rossa in Afghanistan
Commento di Alberto Cairo
Testata: La Repubblica
Data: 03/09/2021
Pagina: 12
Autore: Alberto Cairo
Titolo: I kalashnikov restano fuori dalla porta
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 03/09/2021, a pag. 12, con il titolo "I kalashnikov restano fuori dalla porta", il commento di Alberto Cairo.

Afghan Clerics Declare Current War Un-Islamic - YouTube
Mawlawi Enayatullah

Il numero dei pazienti assistiti sta piano piano tornando ai livelli soliti, quello dei bambini con paralisi cerebrale o problemi congeniti soprattutto. Costituiscono oltre un terzo dei nuovi ammessi, così tanti e impegnativi da richiedere un dipartimento speciale. Regolari ormai sono pure i talebani-disabili. Arrivano in gruppo, lasciando obbedienti i mitragliatori fuori dalla porta (abbiamo una cassa con lucchetto dove custodirli, ma diverrebbe un arsenale). Accettano le regole dell’ospedale, non fanno storie. Pur senza armi, conservano un aspetto minaccioso, ma non a lungo, appianato dall’essere tra tanti simili. I capi talebani conoscono la Croce Rossa, alcuni da oltre vent’anni; appena presa Kabul ci hanno esortati a continuare il lavoro, assicurando la sicurezza del personale. Ma ho seri dubbi che le nuove reclute siano altrettanto informate. L’essere il nostro simbolo una croce li mette in allarme. In Europa nessuno associa croce rossa a religione, qui è diverso. La faccenda non è nuova. Mai scorderò i problemi avuti con Mawlawi Enayatullah, zelantissimo membro della polizia religiosa durante il regime talebano precedente. Arrivava severo per controllare che gli uomini avessero barbe regolamentari e nessun contatto con il personale femminile o le pazienti. Ma era la croce a roderlo. Impossibile fargli capire. Chiedeva di toglierla, anche dalle macchine. Una volta lo facemmo, subito rimproverati ai posti di blocco. «Chi siete?», chiesero i talebani là. «La Croce Rossa». «E la croce? Rimettetela». Una commedia. Un giorno Enayatullah giunse più malmostoso che mai. Avevo sulla scrivania un settimanale italiano. Riprese con la solfa della croce. Protestai: «Vuole dire medicine, soccorso, solidarietà». Niente da fare. Quasi sconfitto, mi venne in aiuto una fotografia della rivista. Raffigurava un cane per non vedenti sul cui fianco spiccava una rossissima croce. «Non è simbolo religioso, guarda, la metteremmo sui cani sennò?», domandai, sapendo i cani essere qui considerati animali impuri. Afferrò la rivista scioccato, trattenendo il fiato (per fortuna non guardò la foto di copertina, una soubrette in abiti disinvolti). Per un po’ ci lasciò in pace. Credo che a molti dei nuovi talebani occorrerà spiegare chi siamo e i nostri principi. I colleghi del dipartimento apposito avranno non poco da fare, prevedo. I talebani rispettano le regole dell’ospedale, dicevo. Tutte tranne una: ben pochi portano la maschera anti-Covid. Sembrano non capirne l’utilità. Che siano negazionisti? No-vax?

Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
rubrica.lettere@repubblica.it