L’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti risponde alle domande di Maurizio Molinari
Analisi di Antonio Donno
Maurizio Molinari
Giovedì scorso è stata pubblicata su “Repubblica” un’intervista di Maurizio Molinari, direttore del giornale, a Yousef Al Otaiba, ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti a Washington. Al Otaiba ha svolto un ruolo cruciale nei negoziati che si sono sviluppati nel corso di due anni con estrema riservatezza tra gli Emirati, Israele, gli Stati Uniti e poi il Bahrein e che hanno portato di recente agli Accordi di Abramo, un esito che non può che essere giudicato rivoluzionario per i nuovi assetti politico-diplomatici nel Medio Oriente. Ciò che più colpisce nelle precise risposte di Al Otaiba è la franchezza, la chiarezza, la puntualità del suo pensiero sul significato di tali accordi e sulle prospettive di straordinario valore per il futuro del Medio Oriente. Rispetto al passato delle relazioni tra Israele e i paesi arabi sunniti, gli esiti degli accordi tra Israele ed Egitto e tra Israele e Giordania furono, nel tempo, giudicati da tutti gli osservatori internazionali tipici di una “pace fredda”, cioè di una pace che, al di là della crescita degli scambi economici, non ha mai portato ad un impegno da parte araba di pensare ad un’ipotesi di ridefinizione dell’assetto politico del Medio Oriente.