L’accordo Iran-Cina ridarà fiato ai progetti egemonici di Teheran? 12/10/2020
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno
L’accordo Iran-Cina ridarà fiato ai progetti egemonici di Teheran?
Analisi di Antonio Donno


Il recente accordo tra Iran e Cina ha un’importanza che va ben al di là del puro aspetto economico. Da qualche tempo Teheran era in contatto con Pechino, ma dopo l’aggravamento della crisi economica, dovuta alle pesanti sanzioni di Trump, e a causa delle difficoltà politiche messe in evidenza dall’eliminazione del capo terrorista Soleimani, oltre che delle striscianti contestazioni politiche interne verso il regime degli ayatollah, il regime teocratico ha dovuto stringere i tempi per concretizzare un accordo con la Cina. Petrolio in cambio di un’apertura alla penetrazione cinese verso il Mediterraneo: questa, in breve, è la sostanza del compromesso tra i due paesi. Questo progetto di Teheran era noto da tempo, ma le conseguenze devono essere valutate attentamente, soprattutto in considerazione del nuovo assetto che si sta profilando nel Medio Oriente, nel quale Israele assumerà il ruolo di principale attore politico ed economico dell’intera regione. Una novità straordinaria, impensabile fino a pochi anni fa. La centralità dello Stato ebraico nella geopolitica mediorientale, prodotta anche dal riavvicinamento del mondo arabo sunnita, non solo ha posto l’Autorità Palestinese ai margini della scena regionale, ma è un evento che sconvolge i piani egemonici di Teheran, il cui dichiarato fine è sempre stato l’eliminazione degli ebrei e del loro Stato dal cuore del mondo islamico, una presenza impura e, dunque, insopportabile. Questo aspetto di natura ideologico-religiosa sembrerebbe, allo stato attuale, marginale, in quanto i problemi economici e politici sono soverchianti. Tuttavia, non è così.

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Un regime fondato su basi teologiche imprescindibili, come quello iraniano, non può accantonare, neppure per un momento, quei principi religiosi che hanno coinvolto profondamente grandi masse di iraniani al momento della rivoluzione di Khomeini e sul cui consenso il regime si è retto finora. Per questo motivo, il fine di distruggere Israele e ripulire il Medio Oriente dalla presenza ebraica resta la questione teologica centrale nell’esistenza stessa della teocrazia di Teheran. Come riprendere, allora, il cammino della rivoluzione di Khomeini e riproporre con nuove energie il progetto di conquista del Medio Oriente, di sconfitta del nemico sunnita o di una sua riconversione allo sciismo, e, soprattutto della cancellazione di Israele e dell’ebraismo dal contesto storico e religioso della regione? L’accordo economico con la Cina può essere una risposta adeguata alla volontà iraniana di rilanciare il proprio progetto egemonico. I tempi dell’attuazione dell’accordo sino-iraniano non sono immediati e, soprattutto, non sono immediati gli esiti economici per il regime degli ayatollah, tali da consentire una ripresa delle attività di penetrazione nella regione. Tuttavia, anche se la vendita del petrolio a Pechino dovesse consentire a Teheran di rimpolpare le casse dello Stato e riprendere il foraggiamento delle milizie degli Hezbollah presenti in vari luoghi dell’area – milizie oggi bloccate con grande disappunto di Nasrallah e dei suoi stessi uomini, critici nei confronti dei sovvenzionatori iraniani e ansiosi di riprendere l’azione contro Israele dai confini meridionali del Libano – la situazione della regione sta acquisendo ormai una connotazione politica ben diversa rispetto al passato. Israele non è più il nemico da eliminare per il mondo arabo sunnita. La forza economica di Gerusalemme e le sue capacità di innovazione nel campo dell’informatica applicata hanno proiettato lo Stato ebraico in una condizione di centralità nel mondo mediorientale. Gli stati arabi sunniti non hanno più alcun interesse a combattere Israele: le lezioni del passato e l’attuale forza economica di Gerusalemme rappresentano una realtà che non può essere più essere scavalcata da illusioni ideologiche di vittoria sul paese degli ebrei. È, invece, indispensabile riportare finalmente la regione in una condizione di normalità politica fondata sulla reciproca accettazione e collaborazione. Per questo motivo, anche se l’Iran dovesse uscire dal presente stato di debolezza economica e ridare fiato alla sua politica intesa a distruggere Israele, il quadro mediorientale non sarebbe più quello di qualche anno fa. Israele e gli Stati arabi sunniti hanno un potente interesse comune a contrastare i piani di Teheran e a cancellarli definitivamente.

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