Fantascienza, per ora
Commento di Diego Gabutti
Sarban, Il richiamo del corno, Adelphi 2015, pp. 191, 18,00 euro, eBook 10,99 euro.
Come quando si sogna di dover ancora sostenere gli esami di maturità, o (i più anziani) di non aver fatto il servizio militare, ogni tanto appare un libro che mette in scena l’incubo di un’Europa alternata, parallela, in cui gli Alleati sono stati sgominati dai nazifascisti e adesso Hitler o i suoi eredi governano l’Occidente. Non la prima, ma di gran lunga la più sconvolgente di queste storie, è Il richiamo del corno di Sarban, pseudonimo del diplomatico e scrittore inglese John William Wall, che lo pubblicò nel 1952, a sette anni dalla fine della guerra mondiale. Prigioniero dei tedeschi, che lo hanno catturato nei primi mesi del conflitto, il protagonista del Richiamo del corno, un ufficiale inglese, si sveglia cent’anni nel futuro, nel mondo parallelo dominato dagli hitleriani, che praticano la caccia all’uomo nelle foreste da horror film nate intorno alle resistenze dei Gauleiter, capi delle nuove nazioni ariane, forgiate a immagine dei conquistatori. Dieci anni prima di Sarban, nel 1942, una scrittrice molto più brava di lui, Vita Sackville-West, pubblica un romanzo meno azzeccato e sconvolgente del suo, Grand Canyon, Mondadori 1991, storia di un’invasione hitleriana degli Stati Uniti. Ancora ucronie iettatorie: nel 1938, in largo anticipo su Grand Canyon e sul Richiamo del corno, Katharine Burdekin pubblica La notte della svastica, Sellerio 2020, storia d’un futuro molto lontano, in cui le donne sono ridotte a strumenti di riproduzione, mentre la società nazista è rigorosamente omosex. È poi la volta di Philip K. Dick, autore di Blade Runner e di altri classici della science fiction gnostico-metafisica, che scrive nel 1962 La svastica sul sole, Fanucci 2019, in originale The Man in the High Castle: la California è occupata dai giapponesi e un autore di fantascienza pubblica un romanzo in cui sono stati gli Alleati, come da noi, e non l’Asse hitleriano, a vincere la guerra (oggi la Svastica sul sole, intitolata L’uomo nell’alto castello, è un serial televisivo non proprio eccelso giunto – ridendo, scherzando e allungando il brodo – alla quarta stagione). Quanto a Len Deighton, specialista di spy story, autore negli anni sessanta di classici come Ipcress e Funerale a Berlino, scrive nel 1982 SS-GB, Sellerio 2018, storia di un’occupazione dell’Inghilterra da parte della Wermacht e dell’Armata rossa: l’alleanza tra hitleriani e stalinisti, invece di rompersi nel 1941, continua fino a deviare il corso della storia mondiale. Robert Harris, infine, pubblica nel 1992 Fatherland, Mondadori 2013: i nazisti restano al potere in Germania, conquistano la Russia e custodiscono con ogni mezzo il loro più grande e inconfessabile segreto: lo sterminio degli ebrei europei. Serie tenebrosa, romanzi in cui il Male trionfa sul Bene e sul Meno Peggio, le storie di Hitler trionfatore sono incubi a occhi aperti, come se tutti, rabbrividendone, pensassero che, benché la storia abbia fatto zig, c’è mancato poco che facesse zag. Per non dire che la possibilità di nuovi zag (il comunismo vince la guerra fredda, oppure lo Stato islamico governa l’Europa, come in Sottomissione di Michel Houellebecq, Bompiani 2018) cresce a ogni svolta della storia e della cronaca. C’è da qualche parte, in questa succesione di sogni inquietanti, una morale, ma è difficile separarla dalla crisi di panico, che ogni titolo della serie – compresi i più commerciali, tipo SS-GB (in prima edizione italiana La grande spia, Rizzoli 1981) e Fatherland – incarna come una sorta di passo felliniano nel delirio. Nel romanzo di Dick, come in tutta l’opera di questo autore di pulp tossici e conturbanti, c’è un dubbio radicale sulla natura della realtà: forse lo scrittore di fantascienza, fantasticando il nostro mondo, descrive il mondo vero. Con Sarban, autore d’un solo libro memorabile, si nutre un sospetto esattamente opposto: che quello in cui risuona il corno dei cacciatori di uomini sia il mondo vero, e il nostro un sogno.
Diego Gabutti