LIBIA EBRAICA. Memoria e identità
Testi e immagini a cura di Jacques Roumani, David Meghnagi, Judith Roumani
Salomone Belforte
Euro 30,00
Scrittori e saggisti hanno raccontato nel corso degli ultimi anni la tragedia della cacciata degli ebrei dai loro paesi d’origine, Egitto, Libia, Iraq, ricostruendo le vicende storiche che hanno portato molte famiglie ebree a ricominciare una nuova esistenza in un paese straniero lasciandosi alle spalle tutto ciò che possedevano, affetti e ricordi. Le stime ufficiali parlano di più di ottocentomila ebrei che hanno abbandonato quelle terre di sole, deserto e mare dove erano piantate le loro radici e che vanno dal Medioriente fino al Maghreb. Paesi come Iraq, Siria, Marocco, Egitto, Libia, che avevano grandi comunità ebraiche vive e fiorenti, formate da commercianti, artigiani, rabbini, medici, studiosi che oggi non esistono più, frantumatesi nell’esilio seguito alle persecuzioni e alle discriminazioni sorte dopo il 1948 e dopo la Guerra dei Sei Giorni. Il volume edito dalla casa editrice Salomone Belforte, in libreria in questi giorni, è legato a una di queste comunità, quella di Libia.
Si tratta di una corposa antologia - curata dallo studioso del mondo arabo Jacques Roumani (scomparso prima di vederne la pubblicazione), da sua moglie Judith e da David Meghnagi, senior professor all’Università Roma Tre e autore, fra gli altri, di testi sui processi di trasmissione della memoria della Shoah - già pubblicata nel 2018 dalla Syracuse University Press che ora appare in italiano con alcune integrazioni quali il saggio di Liliana Picciotto in cui sono ricostruite le vicende della deportazione degli ebrei di Libia con passaporto britannico, quello di Harvey Goldberg che ripercorre la storia più recente degli ebrei di Libia in Israele e il saggio di David Meghnagi che chiude l’antologia in cui l’autore, ampliando il contributo dell’edizione americana, dà maggior evidenza alla storia e alla memoria delle persecuzioni e delle deportazioni negli anni Quaranta. In un perfetto intreccio di narrazione storica e rievocazione della memoria volta a conservare e tramandare alle generazioni future elementi chiave dell’eredità ebraica libica, questo libro è capace di parlare contemporaneamente a studiosi e storici di professione oltre che a lettori interessati ad approfondire la conoscenza dell’ebraismo libico e delle realtà socio-culturali in cui gli ebrei fuggiti dalla Libia si sono trovati a vivere in Europa e in Israele.
Strutturato in cinque parti, attraverso una combinazione di testi e immagini d’epoca, questo saggio offre al lettore una perfetta conoscenza del contesto della Libia ebraica partendo dal lavoro di Shimon Appelbaum, un archeologo anglo-israeliano che analizza la rivolta ebraica contro Roma in Cirenaica nel 112-117 d.C., cui segue il contributo di Maurice Roumani che descrive i lunghi secoli che vanno dalla dominazione romana al periodo coloniale. Nella seconda parte, dedicata alle tradizioni popolari e alla lingua, si rimane affascinati dal pezzo poetico di Hamos Guetta che ci porta nei vecchi quartieri ebraici di Tripoli per farci assaporare, attraverso la rievocazione di una quotidianità che trae origine dai suoi ricordi d’infanzia, momenti preziosi di vita comunitaria scanditi dal cibo e dalle tradizioni in cui le donne, seppur escluse dalla vita economica degli uomini, rivestono un ruolo centrale nella famiglia. Di taglio più specialistico è il contributo di Sumikazu Yoda che offre uno studio linguistico del dialetto giudeo-arabo di Tripoli, mentre con il saggio di Jack Arbib facciamo un tuffo nella toponomastica ebraica in Libia con una panoramica che copre stanziamenti urbani e rurali. Sono pagine suggestive, ricche di immagini in cui l’autore indica gli spazi condivisi, creati per la maggior parte durante il periodo coloniale, in cui ebrei, mussulmani e cristiani interagivano un tempo.
Se la Storia è il fulcro nevralgico della prima parte del libro, la Memoria rappresenta il fil rouge che unisce i lavori della seconda parte del volume e in particolar modo della sezione intitolata “Donne”, a parere di chi scrive la più evocativa del libro (forse per una spiccata empatia che i racconti delle autrici suscitano). I lavori di Rachel Simon, Gheula Canarutto Nemni e Judith Roumani presentano studi accurati sulle donne ebree libiche dall’ultimo periodo ottomano fino agli anni più recenti di vita ebraica in Italia e in Israele. In questi pezzi oltre che dalle interviste le donne emergono come “capitani della nave” e sebbene i loro ruoli fossero riservati alla cura della famiglia e alla prima educazione dei figli si impongono come voci di cambiamento in un orizzonte che si apre alla modernità. Infatti le donne erano sì marginalizzate ma, nella misura in cui colsero le opportunità disponibili, costituirono una avanguardia per le generazioni future. La parte finale dell’antologia si concentra sulle sofferenze alle quali gli ebrei di Libia sono stati sottoposti e in particolare su alcuni eventi che li videro dolorosamente protagonisti e sulle reazioni a questi fatti. In questa sezione David Meghnagi, uno dei curatori del volume, ripercorre in pagine fortemente evocative i ricordi della sua infanzia (come quello del pogrom del 1945 di cui era tabù parlare in famiglia) e racconta in dettaglio del rapporto tra ebrei e arabi nella società tradizionale libica, dell’impatto del mondo arabo con il colonialismo europeo che per gli ebrei fu una possibilità di emancipazione da una condizione secolare di oppressione e degli eventi storici che precedettero l’espulsione degli ebrei dalla Libia. Con la Guerra dei Sei Giorni del 1967 le minacce dei mussulmani, culminate nel pogrom del ’67, resero la vita degli ebrei libici insostenibile. Senza la protezione del re, ormai privo di potere, gli ebrei sottoposti a continue violenze furono dapprima internati e poi condotti all’aeroporto.
La consapevolezza di essere in balia di eventi funesti e la paura provata in quei giorni lasciò un segno indelebile nei sopravvissuti. Nel suo lavoro Meghnagi tesse una relazione fra Storia e Memoria suggerendo come la conservazione di quest’ultima sia indispensabile per tramandare l’identità ebraica alle generazioni future: una memoria, quella degli ebrei libici, che trae linfa da tradizioni forti e positive, oltre che dal trauma sofferto nella terra d’origine. “Libia ebraica” è un’opera preziosa, da leggere e studiare con rispetto perché “non è solo un libro sulla memoria e sulla storia di una comunità, ma anche un progetto di rivitalizzazione di una vita comunitaria che non si è mai spenta. Un libro aperto che getta un ponte fra memoria e ricerca, tradizioni vissute e raccontate, e realtà dei cambiamenti storici e culturali intervenuti”.