Gentilissima Signora Fait, ho appena letto che oggi, 12 novembre 2019, una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che quanto è prodotto nei “territori occupati da Israele” deve essere etichettato come tale (non “Made in Israel”) e che, se è prodotto in “insediamenti israeliani” (ossia in zone abitate da cittadini israeliani, anziché da residenti palestinesi), deve esserne fatta menzione nell’etichetta. Sono sempre stata del parere che non si possa indicare come “Made in Israel” ciò che è prodotto in territori che Israele non ha formalmente annessi, ma ciò vale solo per Giudea e Samaria (o “West Bank” che dir si voglia). Negare l’etichettatura “Made in Israel” a quanto prodotto nel Golan ed a “Gerusalemme Est” (annessi a seguito di una guerra difensiva, oltre che facenti parte, come Giudea e Samaria, della storica Terra d’Israele) è, invece, chiaramente discriminatorio, così come prescrivere l’indicazione specifica di ‘prodotto in insediamenti israeliani’ (che equivale a discriminare fra produttori ebrei ed arabi e, vista la propaganda del BDS, stigmatizzare i primi), anziché far riferimento alle Zone A, B, C previste dagli Accordi di Oslo. A questo punto, se davvero è obbligo degli Stati membri dell’Unione Europea, secondo la normativa attuale, imporre simili etichette, spero che si crei un movimento, fra governi e partiti che si dicono amici di Israele (o che almeno tengono alla dignità umana), per abrogarla e sostituirla con indicazioni effettivamente neutrali e miranti solo ad informare il consumatore della provenienza dei prodotti secondo i criteri adottati per tutto il resto del mondo. Se lancerete un’iniziativa in tal senso, aderirò prontamente, come ad ogni iniziativa volta ad incoraggiare l’acquisto dei prodotti di tutte le aree oggetto dell’odierna sentenza, qualunque sia la cittadinanza, l’etnia o la religione dei singoli produttori, e, naturalmente, anche di quelli coltivati o fabbricati in tutto il territorio che perfino l’Unione Europea riconosce come israeliano. Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
Gentile Annalisa,
L'idea di creare un movimento per abrogare questa legge infame mi piace ma ritengo sia una cosa non solo difficile ma, forse, impossibile. Se tale iniziativa partisse da noi dovrebbe coinvolgere altre associazioni amiche e attirare l'attenzione di personaggi influenti sia politici che della cultura e qui incomincerebbero i guai. Con l'aria che tira in Europa ho seri dubbi che questa idea possa trovare spazio. Per avere successo dovremmo far nascere un grande movimento politico europeo pro Israele. Sinceramente la vedo dura. Comunque la ringrazio per la bella idea e le invio il mio più cordiale shalom