In Yemen, una rivolta inaspettata dà un colpo di freno alle speranze di pace 12/09/2019
Analisi di Zvi Mazel
Autore: Zvi Mazel/Michelle Mazel
In Yemen, una rivolta inaspettata dà un colpo di freno alle speranze di pace
Analisi di Zvi Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)

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Terroristi Houthi filo-iraniani

Da cinque anni, lo Yemen è dilaniato da una sanguinosa guerra civile tra gli Houthi, gli sciiti zayditi del Nord del Paese e il legittimo governo a maggioranza sunnita. Gli sforzi delle Nazioni Unite e dell'America per trovare un compromesso o, per lo meno, per far dialogare le parti sono falliti, probabilmente a causa dell'intervento di grandi e piccole potenze, alcune delle quali vedono il conflitto come un mezzo per far avanzare la loro politica nella regione, le altre si preoccupano soprattutto dei loro interessi economici. Un nuovo attore apparso sulla scena il mese scorso rende la situazione praticamente inestricabile. È il “Consiglio provvisorio dello Yemen del Sud” , che lotta per l’indipendenza ritrovata di quello che fu uno Stato separato per secoli. Mentre ieri erano ancora alleate, oggi le sue forze attaccano le truppe governative e hanno sequestrato Aden e la sua regione. A questa spiacevole sorpresa per il Presidente Abd Rabbo Mansour Adi, si è aggiunto un altro duro colpo: gli Emirati Arabi Uniti stanno sostenendo i ribelli. Si ricorderà che questi Paesi avevano inviato un contingente nello Yemen nel quadro di una coalizione formata dall'Arabia Saudita, per aiutare il governo nella sua lotta contro gli Houthi. Ora i suoi aerei sono sospettati di aver bombardato delle postazioni controllate dall'esercito ufficiale. Il motivo è che gli Emirati Arabi Uniti vogliono sviluppare un'infrastruttura nei porti del Sud quale parte del ramo marittimo della "Nuova via della seta", l'ambizioso progetto cinese di sviluppare collegamenti con il resto del mondo. La Repubblica dello Yemen è una creazione recente. Dalla notte dei tempi, Nord e Sud avevano una propria entità e identità. Nel 1832 la Gran Bretagna aveva occupato il porto di Aden che dominava l'accesso allo Stretto di Bab el Mandeb per garantirne il controllo sulla rotta delle Indie. Inoltre gli inglesi avevano occupato anche gran parte dell'entroterra, stabilendo di fatto un'entità yemenita distinta. A quell’epoca il Nord del Paese era dominato da più di un millennio da un regime religioso, quello degli Zayditi, sebbene fosse stato integrato per diversi secoli dall'Impero ottomano. Nel 1918, dopo il crollo di questo Impero, il Nord divenne un Paese indipendente. Il regime teocratico fu rovesciato nel 1962 da un colpo di stato militare sostenuto da Gamal Abdel Nasser. Nel 1967 fu la volta del Sud ad ottenere l'indipendenza dalla Gran Bretagna. Nell’orbita dell'Unione Sovietica prese il nome di “Repubblica Democratica Popolare dello Yemen”.

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Terroristi Houthi in Yemen

La caduta dell'URSS, il suo principale sostegno, nel 1990 l’aveva portato ad accettare un'unione con il Nord. Nacque così la Repubblica dello Yemen. Un’unione, dopo tutto, mal accettata da una popolazione che aspirava a rimanere indipendente. Nel 1994 una vera guerra civile oppose il Nord al Sud. Il Sud fu sconfitto, ma le scaramucce continuarono; nel 2007 venne creato ”il movimento del Sud” per far riconoscere la specificità della regione nell’ambito dell’unione. Il suo fallimento non fece che rafforzare le aspirazioni all'indipendenza. Gli Houthi, concentrati principalmente nel Nord del Paese, avevano protestato contro quella che consideravano la politica discriminatoria del governo centrale nei loro confronti. Dopo diversi anni di scontri e fugaci tregue, nel 2014 hanno invaso parte del centro e del Sud del Paese e hanno occupato la capitale Sanaa, Taez e i porti strategici di Aden e Hodeida, costringendo il Presidente a fuggire, prima ad Aden, che lui dichiara capitale provvisoria, e dopo che gli Houthi avevano conquistato anche Aden, cerca poi di governare dalla vicina Arabia Saudita. Dal 2015, Riyad ha assunto la guida di una coalizione di otto Paesi per essere aiutata, dato che l'Iran sciita, suo nemico giurato, si era schierato con gli Houthi, fornendo loro i mezzi logistici e finanziari per continuare la lotta e lanciare attacchi contro strutture strategiche in Arabia Saudita. Da parte loro, le Nazioni Unite e gli Stati Uniti sostengono il governo legittimo e Washington fornisce assistenza non meno rilevante all’Arabia Saudita e agli Emirati. In questo tipo di conflitto, in cui i belligeranti possono mettere in campo solo forze molto modeste, questi interventi stranieri comportano l'uso di aerei da combattimento e bombardieri che fanno più vittime civili che militari. Ciò ha portato il Congresso degli Stati Uniti a chiedere due volte al Presidente Trump di interrompere le spedizioni di armi ai Paesi in guerra. La richiesta viene respinta due volte da un veto presidenziale. Le forze della coalizione sono state in grado di liberare immediatamente Aden, ma non Sanaa o Hodeida, il porto strategico che domina la navigazione nel Mar Rosso del Sud e attraverso il quale passano gran parte del commercio estero yemenita, aiuti umanitari, armi e munizioni degli Houthi. Nel 2018, dopo il fallimento del crollo delle forze della coalizione, il rappresentante delle Nazioni Unite è riuscito a convincere le due parti a incontrarsi a Stoccolma; è stato raggiunto un accordo per ritirare tutte le forze dal porto per consentirne il corretto funzionamento; questo accordo è rimasto lettera morta. La rivolta del Consiglio dello Yemen del Sud ha ulteriormente rimescolato le carte, soprattutto perché si tratta di una fonte di tensione tra l'Arabia Saudita e i suoi tradizionali alleati degli Emirati Arabi Uniti. Mentre l'Aeronautica Saudita ha continuato i suoi attacchi contro gli Houthi, gli Emirati avevano iniziato all'inizio di quest’anno a ridurre le loro truppe nel Sud, e a rafforzare il loro sostegno a quelle del Movimento di Liberazione del Sud. Per molto tempo gli Emirati Arabi Uniti hanno prestato particolare attenzione ai porti del Golfo di Aden e del Mar Rosso meridionale, un'area minacciata non solo dall'Iran e dai suoi agenti Houthi, ma anche perché è obiettivo di Turchia e Qatar. Dubai, uno dei cinque Stati degli Emirati Arabi Uniti, è proprietario della società DP World, il terzo operatore portuale a livello mondiale. Per accrescere i loro interessi, gli Emirati Arabi Uniti hanno stretto accordi con i Paesi rivieraschi per sviluppare e gestire diversi porti come Berbera, Somaliland, Bossaso nel Paese di Pount (due regioni autonome in Somalia), Assab in Eritrea, che hanno portato ad una cooperazione con la Cina, tesa a istituire una rete di porti tra Asia ed Europa per facilitare il transito delle sue merci nel quadro della “Nuova via della seta”. Aden e altri porti nello Yemen del Sud ne fanno parte. Per suggellare la loro cooperazione, i due Paesi hanno firmato a luglio 2018 un accordo, che consente alla Cina di sviluppare il porto degli Emirati di Jebel Ali e renderlo uno dei principali centri di transito della nuova via della seta. Il commercio tra questi due Paesi ha superato i 70 miliardi di dollari nel 2018 e quasi duecentomila cinesi si sono stabiliti a Dubai. DP World ha strutture ad Aden e gli Emirati Arabi Uniti vogliono mantenere buoni rapporti con il Sud e desiderano verosimilmente che diventi indipendente . Questo non è il caso dell'Arabia Saudita. È dall'altra parte del suo lunghissimo confine con il Nord che si trovano le principali concentrazioni di Houthi, e Riyadh è a favore di un compromesso con il governo centrale che riporterebbe gli Houthi all'interno dell'Unione e neutralizzerebbe la minaccia sul suo confine meridionale. A tal fine, l'Arabia Saudita ha invitato i rappresentanti del Movimento del Sud a venire a Jedda, per trovare un compromesso con i rappresentanti del Presidente Hadi. Ricordiamo che l'Arabia e gli Emirati sono i principali alleati degli Stati Uniti nel Golfo e un baluardo contro la politica aggressiva dell'Iran. Washington sta compiendo notevoli sforzi per riconciliarli e trovare un modus vivendi con gli Houthi, che agiscono per conto dell'Iran. Quest'ultimo, da parte sua, sta facendo sforzi non meno rilevanti, per silurare un'iniziativa che lo priverebbe di una leva importante nel suo confronto con l'Arabia Saudita e gli Stati Uniti.


Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 2002 al 2004. Dal 1989 al1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. E' ricercatore senior presso il Jerusalem Center for Public Affairs. La analisi di Zvi Mazel sono pubblicate in esclusiva in italiano su Informazione Corretta