Gli ebrei in Iran 03/09/2019
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Mi trovo per l'ennesima volta in disaccordo con Lei, gentilissima Sig.ra Fait. Giorni fa, rispondendo ad un lettore, Lei sosteneva che la comunità ebraica in Iran è ridotta a pochi individui perdipiù quasi perseguitati. Non è cos', mi dispiace contraddirLa. Secondo statistiche ufficiali, la comunità ebraica residente nel paese degli ayattolah è la più numerosa al di fuori, ovviamente, dello stato di Israele ed ammonta a circa ventimila individui. Un suo rappresentante siede per legge nel parlamento persiano e la libertà di culto è certificata dalle numerose sinagoghe attive in tutte le grandi città. La sfido a trovare una situazione analoga in tutti gli altri stati islamici, all'infuori, forse, della Turchia e del Marocco. Provi a fare un confronto con l'Arabia Saudita, ultimamente tanto cara ad Israelevista la convergenza di interessi nel contrasto al nemico iraniano. Chiaro che atteggiamenti di doppia fedeltà da parte dei cittadini di fede ebraica, in un regime sicuramente duro e all'occorrenza spietato come quello degli ayattollah, sarebbero repressi nel peggiore dei modi. Ma su questo, a mio avviso, tutto il mondo è paese e gli esempi da citare sarebbero infiniti. Le porg, come sempre , i migliori saluti.

Alessandro Bortolami

Gentile Alessandro,
Gli ebrei viventi in Iran sono circa 20.000, bazzeccole se pensiamo che erano più di 100.000 sotto lo Shah Pahlevi. La maggior parte sono fuggiti in Israele dove la comunità persiana (Paras, dicono, rifiutano di essere chiamati iraniani) è numerosa. Quei ventimila, durante le interviste di chi vuole dimostrare quanto siano buoni gli ayatollah, tessono le lodi del regime, del paese, di quanto vivano felici e in pace. Potrebbero esprimersi diversamente in una dittatura del genere? Sanno perfettamente che una sola parola fuori posto potrebbe costar loro l'accusa di sionismo con relativa condanna a morte. Alcuni tra loro, come spesso capita a minoranze presenti nelle dittature, pur sentendosi ebrei potrebbero addirittura essere contro Israele. Tutti ricordano che alcuni anni fa un gruppo di ebrei scomparve e da allora non se ne sa più nulla. Erano stati accusati di sionismo, appunto. Per legge ogni rappresentante di una minoranza religiosa siede in parlamento, è solo fumo negli occhi, finzione e nulla più. Gli ebrei persiani sono tra le popolazioni più antiche del paese, vi arrivarono 2500 anni fa fuggendo dalla schiavitù in Babilonia e la loro vita, fino all'avvento di Khomeini, era tra le migliori di tutto il Medio Oriente. Mentre gli ebrei dei paesi arabi venivano uccisi o espulsi dal 1948 in poi, nessuno toccò gli ebrei della Persia di Reza Pahlevi che, tra l'altro, considerava Golda Meir, il politico più intelligente e capace dell'epoca. Fino alla fine degli anni 70 a Teheran esisteva l'ambasciata di Israele, anche se ufficiosa, e oggi Ofer Nimrodi, figlio dell'allora attachè militare israeliano, è uno dei maggiori uomini d'affari in Israele. In quegli anni i voli Teheran-Tel Aviv erano quotidiani. Esiste un film dal titolo "Before the Revolution" che parla della vita paradisiaca degli ebrei nella Persia pre Ayatollah. Le faccio una domanda: come pensa debbano sentirsi quei ventimila ebrei quando, una volta all'anno, l'Iran lancia il concorso di vignette con tanto di premiazione per dileggiare la Shoah? E come devono sentirsi quando ogni giorno sentono dire "A morte Israele?" sapendo che là, nell'odiata entità sionista, vivono i loro parenti, parte delle loro famiglie, i loro amici d'infanzia? Se nonostante tutto si dicono felici, beh, io avrei dei seri dubbi e mi porrei qualche domanda.
Un cordiale shalom