Hamas e i poveri di Gaza 18/08/2019
Autore: Zvi Mazel/Michelle Mazel
Hamas e i poveri di Gaza
Commento di Michelle Mazel 

(Traduzione di Yehudit Weisz)


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Anas Radwan


La gente comune di Gaza non oserebbe mai criticare Hamas, quel movimento terrorista jihadista che è il ramo locale dei Fratelli Musulmani. Guai a chi protesta, verrebbe immediatamente riportato sulla retta via dalle grandi braccia del movimento, che dettano legge su tutto il territorio. Quindi se i gazawi sono stanchi di essere semplici pedine nella strategia di Hamas, è solo in un sussurro e nella segretezza delle loro case che oserebbero dirlo. 
Ogni venerdì, in migliaia vengono condotti alla barriera che funge da confine con Israele, nell’ambito della grande marcia del ritorno che dovrebbe consentire al popolo di Gaza di “tornare nelle terre da cui fuggirono o da cui furono cacciati” per usare i termini del resto del mondo.
Un approccio la cui natura suicida è evidente. Infatti, sono lì per servire da scudi umani negli scontri tra i militanti di Hamas e le forze israeliane determinate a bloccare loro la strada. Non tornano tutti salvi da questo piccolo gioco mortale. 
Ci sono anche i feriti, gli infermi, che la stampa occidentale, giocando allo stesso gioco dell'organizzazione terroristica, mostra con compiacimento.
I risarcimenti concessi alle vittime sono molto esigui e le loro famiglie possono solo guardare,col cuore stracolmo di odio, la lussuosa vita che conducono i leader, i cui figli e figlie si recano all’estero per seguire costosi corsi di studio. 
Alcuni rimarranno lì, preferendo un esilio d'oro in questo o quel Paese arabo, o persino negli Stati Uniti, piuttosto che vivere la triste realtà di Gaza.
Questa è stata la scelta fatta dai figli di Abu Mazen. Tuttavia, quando si avvicinano Eid el Adha o Eid el Kebir, la Festa del Sacrificio o la Grande Festa, sgorga un fremito di speranza nelle famiglie in lutto. 
Com’è noto, il pellegrinaggio alla Mecca, considerato il quinto pilastro dell'Islam, riunisce oltre due milioni di fedeli ogni anno. Ogni musulmano è tenuto a farlo una volta nella vita e coloro che possono lo fanno più volte; gli uni e gli altri tornano aureolati con il titolo di "Haj". 
Ebbene, il sovrano saudita, Salman Ben Abdul Aziz al-Saud, ha assegnato cinquecento "viaggi premio" a familiari dei "martiri palestinesi" che altrimenti non sarebbero in grado di fare il pellegrinaggio. Questi sussidi coprono tutti i costi, dal viaggio al soggiorno.
Quest'anno, gli osservatori hanno scoperto con stupore che tra i beneficiari della munificenza reale c’è un certo Anas Radwan. A quale titolo, vi chiederete?
Ha perso un padre, una madre, un fratello, una sorella, uno zio o qualche parente stretto? Assolutamente no.
Nessun membro della sua famiglia ha conosciuto la gloria del martirio. Il giovane Anas è semplicemente il figlio di Ismail Radwan, ex portavoce di Hamas e ora uno dei suoi leader. In assenza di notizie da parte della stampa ufficiale, sono stati i social network ad aver diffuso questa storia edificante, con la foto di questo prode giovanotto che cerca solo di evitare i flash dei fotografi.
A Gaza ribolle la rabbia, ma in sordina; in Arabia Saudita insorgono voci contro quel che viene percepito come un insulto al loro sovrano. 
Hamas sarebbe andato oltre i limiti? 

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Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".