A destra: "I Protocolli dei Savi Anziani di Sion"
Cari amici,
vi sono notizie che fanno fatica a raggiungere il loro pubblico, o che sono date in maniera che non chiarisce la loro importanza, probabilmente non compresa neppure dal giornalista che le ha date e che però hanno un senso che richiede di essere spiegato. Una di queste notizie è stata pubblicata l’altro giorno, con una breve di cronaca, apparsa solo su un paio di giornali, uno dei quali è “Il Sole” (http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/penale/2016-11-10/diffamazione--cassazione-n-47506-173722.php?uuid=ADLH1DtB), puntualmente ripreso da Informazione Corretta (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=11&sez=120&id=64380), ma senza spiegazioni. Per circosrcivere il fatto, vale la pena di riprendere il brevissimo testo del Sole:
“La Cassazione ha dichiarato prescritto il reato a carico dell'editore dei "Protocolli dei Savi di Sion" Roberto Chiaramonte e annullato, con rinvio, il risarcimento civile in favore della Comunità ebraica. Resta da sciogliere un nodo centrale: l'imputato era stato abilmente spregiudicato a dirigere le proprie critiche non nei confronti di tutti gli ebrei, ma solo dei sionisti. Allora il Pm chiese l'archiviazione per la difficoltà di dimostrare l'accusa in giudizio. Corte di cassazione - Sezione V penale -Sentenza 10 novembre 2016 n.47506”
E’ una sentenza strana, non vi pare? Come fanno i Protocolli dei Savi di Sion, un falso confezionato dalla polizia zarista assemblando materiali ottocenteschi e e pubblicato nel 1903 da un estremista antisemita di nome Sergej Nilus (https://it.wikipedia.org/wiki/Protocolli_dei_Savi_di_Sion) a essere rivolti non contro “tutti gli ebrei ma solo i sionisti”? I congressi del movimento sionista erano iniziati da qualche anno, ma i protocolli non ne parlano affatto e non citano Herzl, sotto l’etichetta “Sion” si riferiscono al popolo ebraico nel suo complesso.
Ho cercato di scoprirlo leggendo la sentenza, ma vi confesso che non vi sono riuscito. In una situazione in cui qualunque atto pubblico è normalmente recuperabile in rete, perfino i consigli di dipartimento universitari e qualunque verbale di concorso, le sentenze della Cassazione sono leggibili solo abbonandosi a siti piuttosto costosi, e ho rinunciato. Quel che scrivo dunque non può essere inteso come critica della sentenza. La quale, essendo stata emessa da una corte che si usa definire “suprema”, un po’ come l’Onnipotente, devono essere certamente al di là del giudizio di un non giurista come me. Diciamo che ne prendo il dispositivo da scienziato sociale e analista politico come un sintomo, un po’ come chi crede che il tempo sia inviato da Giove Pluvio può pure guardare le nubi per trarne auspici senza commettere blafemia.
Per capire meglio che cos’è successo, bisogna guardare l’altra cronaca, quella del Secolo d’Italia (http://www.secoloditalia.it/2016/11/cassazione-annulla-condanna-per-i-protocolli-dei-savi-sion/) : “Il reato addebitato all’editore Roberto Chiaramonte è stato infatti dichiarato prescritto: la riedizione risaliva al 2008 e la prescrizione è maturata lo scorso gennaio. Ma ad avviso della Suprema Corte – sentenza 47506 – è da annullare, con rinvio per nuovo esame davanti al giudice civile d’appello, anche il risarcimento provvisoriamente stabilito. Secondo il verdetto, i contenuti della postfazione e della postilla – Chiaramonte inneggiava al carattere “veritiero” dei Protocolli che anche se «probabilmente falsi» divulgano «fatti che, dovendo ancora avvenire, sono puntualmente accaduti e continuano ad accadere» – possono rientrare nel diritto di critica al sionismo e non vanno interpretati come frasi diffamatorie verso tutti gli ebrei.”
E’ bene tornare indietro per capire. Nell’ottobre 2008 qualcuno della comunità ebraica si accorge che in una libreria a due passi dalla sinagoga di Torino è in vendita il volume che ispirò Hitler e tanto antisemitismo sanguinoso. Li pubblica un piccolo editore della città, molto ideologizzato. Come scrive la Stampa l’Associazione Italia Israele fa una manifestazione, la comunità sporge denuncia, i libri sono ritirati. “Tutta pubblicità, venderò di più, via Internet», dice Roberto Chiaramonte, 59 anni, raggiante. Nella sede dell’editrice con il suo nome, in via Nazario Sauro 44, a Collegno, domanda sorridente: «Ritirano i miei volumi dalle librerie? Sono contento. E’ la dimostrazione che i Protocolli hanno ragione». Da venti anni pubblica volumi, di storia e di destra. Un centinaio. «La mia matrice – ammette - è di destra. Ma io non mi allineo con nessuno. Sono indipendente. Se proprio mi devo definire sono un anarcoide di destra».” (http://www.focusonisrael.org/2008/10/02/ritirato-dalle-librerie-torinesi-i-protocolli-del-savi-anziani-di-sion/).
Una scritta antisemita
“Qualche mese dopo, nel maggio 2009, arriva la risposta del pubblico ministero, ovvero la richiesta di archiviazione del caso. La decisione di lasciar cadere le accuse desta evidente stupore ma la giustificazione appare ancora più controversa. Secondo il pm, infatti, nonostante i valori che la comunità intende tutelare siano degni “di ogni più attenta considerazione”, “la condotta attribuibile all’indagato Chiaromonte – si legge nella richiesta di archiviazione al gip – rientra nell’alveo del diritto alla libera manifestazione del pensiero, tutelato dall’art. 21 della Costituzione”. L’editore, dunque, pubblicando I Protocolli dei Savi Anziani di Sion ha esercitato un diritto costituzionale. Non vi è reato perché non si riscontra concretamente l’istigazione al compimento di atti di discriminazione razziale. Non solo. Argomentando la sua decisione, il pubblico ministero spiega che la pubblicazione e le considerazioni del Chiaromonte nella post-fazione e nella quarta di copertina non integrano il delitto in questione perché l’opera si caratterizza per il contenuto antisionista (critica ad un movimento politico) e non antiebraico o antisemita. Immediata l’opposizione da parte della comunità ebraica alla richiesta di archiviazione del caso. Nell’istanza, l’avvocato Petrini sostiene che, oltre alla sussistenza del reato, dietro un’apparente critica al sionismo, nell’opera e nelle prefazioni vi sia una palese esaltazione della tesi per cui i mali dell’attuale società andrebbero ricercati nel popolo ebraico. “L’opera oggetto di denuncia – si legge nell’atto d’opposizione – accredita esplicitamente l’idea che i Protocolli costituiscano, in realtà una voce profetica, che troppo poco si è voluta ascoltare nelle società occidentali, e proprio in questo senso si concretizza la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, prevista e punita dalla legge del 1975”. L’opposizione viene accolta dal gip ma il reato contestato è quello di diffamazione a mezzo stampa, per il quale, peraltro, il nostro ordinamento applica pene più severe rispetto al delitto di istigazione all’odio razziale. E il 5 maggio arriva la sentenza: l’imputato è stato riconosciuto colpevole e condannato a 6 mesi di reclusione, al pagamento delle spese del procedimento, delle spese legali sostenute dalla controparte ed al riconoscimento di una provvisionale di duemila euro in favore della Comunità.” (http://www.focusonisrael.org/2010/05/09/antisemitismo-protocolli-savi-sion-torino/)
E’ questa la sentenza che la Cassazione ha bocciato. Come scrive ancora il Secolo: “Per la Cassazione, la sentenza di condanna «non ha affrontato il problema centrale di cui si fece carico il procuratore di Torino nel richiedere l’archiviazione: rilevato che l’imputato era stato molto attento e abilmente spregiudicato a dirigere le proprie critiche non nei confronti di tutti gli ebrei, bensì solo nei confronti di coloro che egli definisce “sionisti”, il pm aveva ravvisato l’impossibilità di sostenere validamente l’accusa in giudizio». Chiaramonte – rileva la Cassazione – «aveva rivolto i propri strali non verso gli ebrei, ed ancora meno verso la comunità ebraica torinese, bensì contro quei soggetti non necessariamente di religione ebraica coinvolti, secondo la teoria sostenuta dallo stesso autore, per quanto incredibile od inaccettabile, in una cospirazione giudaico-massonica». Per la Cassazione, la teoria complottista dei “Protocolli”’ può essere «una conclusione bislacca ma», per come argomentata da Chiaramonte, «non ipso facto infamante». Nella postfazione, l’editore di Collegno aveva anche citato un passo del Mein Kampf, senza nominare Hitler e indicandolo come «un politico del quale oggi sarebbe vietato parlar bene». In primo grado, la citazione dalla “bibbia” del nazismo era valsa a Chiaramonte la condanna per istigazione all’odio razziale per l’utilizzo dell’espressione “giudei”. In appello questa accusa venne meno perché, sostenne la corte di merito, il termine è stato usato una sola volta, tratto da una citazione, mentre – osserva anche la Cassazione – «nelle restanti parti della medesima postfazione si parla invece di sionisti da un lato e di ebrei dall’altro, così come si sottolinea una differenza di fondo tra antisionismo e antiebraismo».”
Come vedete, con tutto il rispetto per la Suprema Corte, è una sentenza esplicitamente politica, che in sostanza dice che se motivato da odio per Israele l’antisemitismo si può sdoganare, perché è libera espressione del pensiero. E’ esattamente il contrario della verità. L’antisemitismo è pericoloso proprio in quanto assume conseguenze pratiche e non si limita a fare affermazioni teoriche o generiche sulla superiorità o inferiorità delle “razze”, ma induce ad azione politica concreta, prepara al genocidio. Questo è anche il senso della recente legge sul negazionismo della Shoà: non reprimere la libertà di opinione e di ricerca storica, ma impedire che si faccia propaganda per ripetere la persecuzione e lottare contro gli ebrei. Da scienziato sociale, lo ripeto, e da analista politico, mi sembra che questa decisione rientri in una tendenza a sdoganare l’antisemitismo col pretesto dell’antisionismo, che circola largamente per l’Europa e gli Stati Uniti – assai più a sinistra che a destra. E’ difficile oggi in molti posti, per esempio in molte università americane, essere apertamente ebrei, perché vi è qualcuno che sotto il nome del BDS usa argomenti simili a questi per emarginare, boicottare, reprimere gli ebrei, associandoli a un Israele che ritengono di poter demonizzare e delegittimare impunemente. Per fortuna molti non la pensano così, anche nella sinistra moderata (ricordiamo Napolitano, Renzi, Mattarella, perfino Bergoglio, che hanno in varie occasioni riconosciuto che l’antisionismo è antisemitismo). Ma questa è una battaglia culturale e politica aperta, in cui dobbiamo purtroppo iscrivere questa sentenza come un sintomo preoccupante.
Ugo Volli