Chiagni e fotte 13/11/2016
Autore: Ugo Volli

Chiagni e fotte
Cratoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari Amici,

questo è un momento di sospensione e di attesa. Aspettiamo che la squadra e le politiche di Trump prendano forma, attendiamo con il fiato sospeso di vedere se Obama cercherà di prendersi la sua vendetta finale su Israele, ci prepariamo a vedere i risultati del referendum in Italia e delle elezioni alla presidenza austriaca che saranno decise dalle urne fra meno di un mese, cerchiamo di capire come sarà il nostro mondo dopo la grande svolta di questi mesi.
Ma nel frattempo bisogna anche seguire la cronaca minuta dell’assedio postmoderno a Israele, quello che passa per mozioni, risoluzioni, sentenze, rivendicazioni: tutta l’attività che i palestinisti e gli antisionisti (o se preferite la franchezza: gli antisemiti) professionali delle organizzazioni internazionali svolgono giorno dopo giorno per cercare di delegittimare, demonizzare, isolare Israele.
Certo, se davvero prevarrà di nuovo la tendenza all’autodifesa dell’Occidente contro l’invasione islamica che si legge nel risultato di Trump, nella Brexit, nelle previsioni per il rinnovo dei governanti europei, tutto questo lavorio non avrà effetti. Ma intanto loro ci provano. Non si può negar loro la virtù dell’ostinazione.

Vi do qui due esempi, passati sotto silenzio o quasi per l’emozione delle elezioni americane. Il primo riguarda l’Assemblea Generale dell’Onu, che come sempre d’autunno procede, dopo le comparsate dei leaders di settembre. E come sempre, la maggior parte delle risoluzioni di condanna sono contro Israele. Quest’anno sono state dieci (http://www.frontpagemag.com/fpm/264767/uns-10-new-anti-israel-resolutions-ari-lieberman ), approvate con la solita maggioranza precostituita (per esempio quella per il rinnovo della commissione che vigilerà “gli abusi israeliani” è passata con 86 voti in favore, 71 astenuti fra cui tutta l’Unione Europea, e solo 7 contrari (Usa, Canada, Australia, Isole Marshall, Micronesia e Palau, Israele): http://www.onlysimchas.com/news/41619/un-general-assemblys-adopts-ten-resolutions-against-israel-in-one-day .
Naturalmente non vi è niente di speciale in questa situazione, l’anno scorso le mozioni erano 20 contro 3 dedicate al resto del mondo (http://www.unwatch.org/un-to-adopt-20-resolutions-against-israel-3-on-rest-of-the-world /), c’è una pagina di Wikipedia (https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_the_UN_resolutions_concerning_Israel_and_Palestine ) che ne ha contate 216 fra il 1948 e il 2000.
C’è stato anche un successo importante, quando Israele ha ottenuto che l’Autorità Palestinese non fosse ammessa nell’organizzazione dell’Interpol, dove avrebbe potuto procurarsi e fornire ai terrosristi informazioni preziose (http://www.jpost.com/Breaking-News/Israel-lauds-rejection-of-Palestinian-bid-to-join-Interpol-471987 ).
Resta il fatto che la sola statistica sull’attività delle organizzazioni internazionali su Israele è la prova che l’antisemitismo non è stato affatto liquidato con la sconfitta della Germania nazista, ma “vive e lotta insieme a loro” (i terroristi arabi).

Un secondo esempio, che ha avuto l’onore di qualche breve sui giornali italiani ed è stato riportato da IC ( http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=16&sez=120&id=64345 ) sul fatto che l’Autorità Palestinese ha rivendicato (naturalmente all’Unesco, dove se no?) la proprietà dei rotoli di Qumran. E’ una notizia che probabilmente colpisce pochissimo chi non sa di che cosa si tratta, ma che val la pena di spiegare.
Fra il terzo e il secondo secolo prima della nostra cronologia, in una località vicino alla costa nord-occidentale del Mar Morto si riunì una comunità religiosa ebraica di natura mistica, che probabilmente si possono identificare con gli Esseni di cui parla Flavio Giuseppe. Avevano i beni in comune, non ammettevano donne, rispettavano una regola di vita molto rigorosa, avevano una gerarchia interna ben strutturata.
L’impressione probabilmente un po’ imprecisa che Qumran dà a una persona che venga dalla tradizione europea è che fosse qualcosa di molto simile nel funzionamento a un monastero medievale. Ma ebraico, ovviamente non cristiano, anche perché cessò di esistere con l’invasione romana del 70, probabilmente distrutto dalle truppe che andavano ad assediare Masada.
I resti dell’insediamento sono stati scavati e sono oggi ben visibili e visitabili. I membri di questo gruppo avevano una ricca biblioteca, che è stata in parte salvata dall’invasione, nascosta nelle grotte sulla parete rocciosa incombente sopra il villaggio. I rotoli che la componevano, chiusi in orci di terracotta, si sono conservati grazie al clima desertico, furono riscoperti casualmente e poi attivamente cercati fra gli anni Quaranta e i Cinquanta del secolo scorso. I testi, dopo qualche vicissitudine iniziale, sono stati pazientemente ricostruiti dal loro stato frammentario e studiati. Vi sono le regole del gruppo, certi testi mitici o mistici di stampo apocalittico, estremamente interessanti per chi vuol conoscere le credenze delle sette ebraiche di quel periodo, e soprattutto una gran massa di testi biblici, tutti presenti nella biblioteca in diversi esemplari di cui ci restano frammenti, salvo l’assenza significativa del libro di Ester. Fra essi vi è un rotolo quasi completo col testo di Isaia.
Sono ritrovamenti fondamentali, perché mostrano che nel secondo secolo prima dell’era cristiana il canone biblico era compiuto e i testi erano molto simili a quelli che abbiamo ancora noi. Pensate che gli esemplari più antiche delle traduzioni cristiane della Bibbia ebraica che ci sono conservati risalgono a quasi mezzo millennio dopo, verso il III secolo della nostra era e il codice di Aleppo, che è l’esemplare ebraico più antico, è ancora sei o sette secoli più tardo. Vi sono dei piccoli frammenti biblici più antichi, per esempio un piccolo testo inciso sull’argento (forse un amuleto) che contiene la benedizione sacerdotale di Numeri 6, che risale al VI o VII secolo prima dell’era cristiana.
Ma i ritrovamenti di Qumran sono estremamente più ricchi e costituiscono una testimonianza storica straordinaria sia sul piano testuale sia su quello politico, confermando ancora una volta tutto quel che sappiamo dell’esistenza millenaria del popolo ebraico in Giudea, prima delle invasioni romane e poi araba.

Perché dunque l’Autorità Palestinese vuole questi testi, che oggi sono custoditi con reverenza e studiati nel “sacrario del libro” presso il Museo di Gerusalemme? Perché vogliono dei materiali che smentiscono la loro delirante pretesa di essere “indigeni” di quelle terre? La ragione formale è che Qumran sorge sull’angolo del Mar Morto che i palestinisti rivendicano (senza alcuna ragione storica o demografica, naturalmente, dato che è deserto molto aspro e disabitato). Quella sostanziale, se potessero, è di distruggere le prove, come hanno fatto quando hanno potuto sul monte del Tempio, dove gli archeologi sono costretti a lavorare sulla terra di riporto degli scavi che hanno compiuto illegalmente ma impunemente dopo che Dayan fece l’errore di riconsegnare il Monte del Tempio liberato all’amministrazione dei chierici islamici.
Molto probabilmente oggi i palestinisti, anche se Israele consegnasse loro questi testi, non oserebbero distruggerli subito, dato che sono ben noti a tutti gli studiosi del mondo, un tesoro dell’umanità. Ma domani, in un momento di torbidi, chissà…

Immagine correlataImmagine correlata

Ma naturalmente Israele non si sogna di nominare la volpe custode del pollaio e i negazionisti musulmani non avranno in mano la prova che le loro sono bugie. Per ora però hanno il vantaggio della comprensione dell’Unesco, che probabilmente accoglierà la loro protesta per il furto del “patrimonio culturale palestinese”, di cui farebbe parte oltre a Qumran e al Monte del Tempio la Tomba dei Patriarchi a Hebron (costruita, guarda un po’, da Erode re di Israele sette secoli prima dell’invasione islamica) e la tomba monumentale dello stesso Erode, altri sepolcri di patriarchi e profeti, i resti delle antiche comunità ebraiche in Giudea, Samaria e Galilea. E’ un metodo di imbroglio storicopolitico che si potrebbe riassumere con il motto napoletano “Chiagni e fotte” (piangi e attacca). Vecchia arma della propaganda, che non dovrebbe meravigliare né essere creduta.

Purtroppo le classi dirigenti occidentali terzomondiste (dirigenti ancora per poco, si spera, Trump docet) sono felicissime di sentirsi in colpa nei confronti dei poveri arabi sfruttati. E lo sono ancora di più se possono attribuire il ruolo di capro espiatorio agli ebrei, che detestano per antichi pregiudizi antisemiti non diversamente da quanto li odino gli arabi.

Immagine correlata
Ugo Volli