A destra: Donald Trump, Hillary Clinton
Cari amici,
oggi è il grande giorno, quello che succede di solito ogni quattro anni, in cui l’America sceglie il suo presidente, che poi ha in pratica pochissime limitazioni al suo regno provvisorio: non deve chiedere la fiducia al Parlamento, può prendere molte decisioni con “decreti esecutivi” che non devono nemmeno essere ratificati, nomina le posizioni di vertice dello stato, incluse quelle giudiziarie (ma qui ha bisogno della ratifica parlamentare).
Dei due candidati sappiamo molte cose, chi ha pagato il matrimonio della figlia della Clinton, per esempio (la fondazione del marito, che pure dovrebbe essere una charity, un’organizzazione di beneficienza) o le battute che ha fatto Trump sulle donne una decina d’anni fa, come Clinton ha amministrato i segreti di stato (in maniera disastrosamente incurante) e chi sono i più ributtanti sostenitori di Trump (il Ku Klux Klan, ma anche Clinton è sostenuta dai razzisti neri alla Farrakan). E’ stata, da questo punto di vista una campagna devastante per il sistema politico americano, di cui sono state esposti impietosamente tic, interessi personali, scorrettezze di tutti i tipi. E’ stata anche un’elezione basata sull’odio: di recente Obama, facendo campagna per la Clinton, ha detto che Trump era “inumano” oltre che “antiamericano” (http://www.politico.com/story/2016/11/barack-obama-trump-un-american-inhuman-230753) e Trump ha detto spesso che la Clinton meritava la galera (http://fortune.com/2016/10/10/donald-trump-threatens-jail-hillary-clinton/).
La stampa, quella americana, ma anche in maniera più ridicola perché inutile quella europea, si è schierata massicciamente con Clinton contro Trump(http://dailycaller.com/2016/09/09/politico-co-founder-medias-anti-trump-bias-scary/). Le cifre da questo punto sono impietosi, soprattutto per una tradizione di stampa che si vuole reporter neutrale nel conflitto politico: qui trovate qualche numero: http://thehill.com/blogs/pundits-blog/media/301285-media-and-trump-bias-not-even-trying-to-hide-it-anymore. E spesso questa copertura partigiana della campagna è stata addirittura rivendicata, contro tutte le regole (http://www.subjectpolitics.com/nbc-accidentally-admits-media-bias-trump/), a partire dal New York Times (http://www.foxnews.com/politics/2016/08/09/media-justify-anti-trump-bias-claim-hes-too-dangerous-for-normal-rules.html). Quale che sia il risultato finale, questo schieramento massiccio, che non corrisponde agli orientamenti dell’elettorato, è una seria ferita alla tradizionale autorevolezza dei media americani.
Ciò di cui si è parlato poco, e si sa poco, è la politica che i due candidati condurranno se saranno eletti, in particolare in politica estera. Clinton ha proposto l’immagine di una maggiore combattività nei confronti della Russia (ma soprattutto per cercare di dare l’impressione che il suo avversario fosse manipolato da Putin), Trump ha sottolineato il progetto di chiedere agli alleati una maggiore partecipazione allo sforzo americano sul mondo e più concretamente alla spese militari Usa. Per quanto riguarda il Medio Oriente entrambi hanno dichiarato amicizia a Israele, Trump in maniera molto più accentuata e priva di riserve. Netanyahu ha giustamente sottolineato che l’intesa con gli Usa non potrà che migliorare (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/219922), dato che entrambi i candidati non avranno il patologico antioccidentalismo e l’antipatia per Israele che ha fatto di Obama un disastro per il Medio Oriente, rispetto a cui ci è voluta tutta l’abilità e il coraggio di Netanyahu per evitare danni definitivi (e questa storia non è ancora finita).
E’ difficile dire che cosa faranno davvero i due candidati. Clinton ha molti condizionamenti, è stata stretta collaboratrice e coautrice della politica di Obama, gli dovrà l’elezione, se la ottiene, e ha già fatto capire che darà posizioni di responsabilità se sarà eletta alla vecchia cricca antisraeliana che l’ha circondata in passato (Indyk è un nome per tutti). Trump sembra avere progetti soprattutto interni, forse vuole davvero tentare una nuova Yalta con Putin, comunque rovescerebbe l’ideologia piagnona e filoislamista di Obama. Darebbe un segno di cambiamento che, dopo la Brexit, probabilmente saprebbe diffondersi in tutto l’Occidente, portando al governo nuove forze politiche meno tendenti alla resa e all’appoggio all’islamismo. Sarebbe comunque una rivoluzione, di cui hanno paura tutte le élites europee – e questo spiega l’appoggio massiccio, benché palesemente inutile, che a Clinton hanno dato i media europei. Già il fatto che la candidatura di Trump, nonostante tutti gli ostacoli che ha trovato, fra cui l’evidente ostilità della direzione repubblicana, si sia affermata al punto di rendere incertissima l’elezione indica una tendenza del tutto nuova. E’ un messaggio forte conro le élites americane nel loro complesso e l’ideologia che le dirige, non solo contro i democratici, come ha scritto benissimo Caroline Glick: http://www.jpost.com/Opinion/Column-One-Trumps-true-opponent-471671.
Fare il tifo in politica ha sempre pochissimo senso; se non c’è possibilità di azione è meglio analizzare i fatti e cercare di leggere le tendenze. Questo è un momento molto significativo, addirittura storico per tutto l’Occidente. La posta in gioco è altissima benché in parte incerta. Entro domani vedremo come sarà andata e potremo ragionare.
Ugo Volli