Jean Birnbaum, redattore capo cultura di "Le Monde"
Che gli editori italiani – con rare eccezioni- evitino di tradurre libri importanti usciti in francese o inglese con un contenuto critico verso l’islam, non è una eccezione, ma la regola. Vediamo se “La Fracture” di Gilles Kepel – si veda la pagina di ieri di IC http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=120&id=64316 – troverà un editore disposto a pubblicarlo. E dire che L’OBS gli ha dedicato la copertina, il settimanale che per decenni ha dettato legge alla sinistra, non solo intellettuale e non solo francese, su come si doveva ragionare per essere un ‘buon socialista’.
Gilles Kepel
Nulla contavano 70 anni di crimini compiuti in Urss in nome dell’ideologia che pur era nata da una radice socialista, così come la medesima parola ‘socialista’ compariva accanto a ‘nazionale’ nella ragion d’essere del nazismo di Adolf Hitler. Una ideologia travestita da portatrice di pace e giustizia, che ha coperto e legittimato i regimi più odiosi ovunque nel mondo. La sconfitta del nazismo e l’implosione dell’Urss , hanno insegnato poco o nulla, tranne molta retorica che ha trovato terreno fertile persino in molte religioni.
Le copertine
C’è però un altro libro scomodo, uscito sempre in Francia lo scorso gennaio, che non trova chi lo pubblichi in Italia, l’autore è Jean Birnbaum, che aveva denunciato il «silenzio religioso» di certa sinistra francese, come scriveva ieri Anais Ginori. Birnbaum critica l’interpretazione marxista sulle religioni, quando poi è lo stesso comunismo ad essere stato una vera e propria religione. Come avvenne con quegli intellettuali di sinistra che hanno appoggiato rivolte popolari strumentalizzate dalla religione, dalla rivoluzione in Iran alla guerra di liberazione in Algeria.
La storia si ripete oggi con l’islam, sostiene Birnbaum, che non è uno Zemmour fanatico, ma il redattore capo del supplemento libri di Le Monde, il vademecum del politicamente corretto quando si pronuncia la parola islam. Non a caso il Monde Diplomatique esce in edizione italiana a cura del Manifesto, il giornale che osa ancora definirsi ‘comunista’. Prima Jean Birnbaum, oggi Gilles Kepel, quanto dovremo ancora attendere che i grossi nomi della editoria italiana si rendano conto che non siamo in Turchia, che possono pubblicare ciò che vogliono, da noi la censura islamica non c’è ancora, si diano da fare quindi per allontanarne il più possibile l’arrivo, pubblicando quegli autori e quei libri che aprono la mente invece di chiuderla.
Angelo Pezzana