A destra: Sergio Mattarela incontra Benjamin Netanyahu
Da tempo sogno di vivere il giorno in cui un premier o un capo di stato verrà in visita in Israele senza sentirsi obbligato, per par condicio, ad andare a rendere omaggio ai palestinisti. Ad oggi, che io ricordi, non ce n'è stato uno, uno solo, che abbia avuto il coraggio di venire in Israele e basta, schiavi della real politik che altro non è se non opportunismo e vigliaccheria! La mia non è una critica al presidente Mattarella che dopo alcuni bellissimi giorni in Israele ha concluso il suo viaggio incontrando il terrorista Abu Mazen a Betlemme, Mattarella non è stato che l'ultimo di una lunga serie. Tutto questo è parte di un ragionamento malato poichè l'ANP non è una nazione, è una Autonomia, Abu Mazen eletto presidente dei terroristi dopo la morte di Arafat, è scaduto dalla carica da più di 7 anni e non vi sono elezioni in vista, anzi quelle municipali previste per l'8 ottobre, un mese fa, sono state annullate e rimandate a non si sa quando.
Allora come si può andare in visita ufficiale in un paese che non esiste e stringere la mano a un terrorista che, a rigor di logica, non avrebbe più neppure il diritto di fare il portinaio al Mukata. Come se un premier in visita ufficiale in Germania durante gli anni di piombo fosse andato a salutare i terroristi del Baader Meinhof o, in Italia, a stringere la mano a Curcio. Incomprensibilmente ai palestinisti è riservato un trattamento unico al mondo, un riconoscimento che non meritano. Mi viene in mente il rifiuto di Papa Bergoglio di incontrare il Dalai Lama, leader spirituale del popolo tibetano, quando lo stesso Bergoglio ha ricevuto varie volte Abu Mazen augurandogli di essere l'angelo della pace e il suo predecessore, Giovanni Paolo II, era pappa e ciccia con Arafat. Così Il Foglio commentava l'udienza papale a Abu Mazen, nel 2015: "Oggi il Vaticano poteva permettersi di prendere tempo, adducendo numerose ragioni, prima fra tutte l’esposizione globale di Israele alla tagliola della umma islamica. Per sessant’anni, dopo che lo stato ebraico ottenne l’indipendenza nel 1948, il Vaticano ha adottato una politica diplomatica che non prescindesse dal raccordo anche con i nemici di Israele: non riconoscimento totale della statualità ebraica. Nonostante l’accettazione da parte di tutte le nazioni occidentali, compreso all’inizio il blocco comunista, il riconoscimento reciproco tra Israele e Vaticano è avvenuto solo nel 1993. La chiesa cattolica ieri ha avuto un po’ troppa fretta nel riconoscere questo fantomatico “Stato di Palestina”. Si tratta di qualcosa in più di un semplice errore politico".
Già, errore politico, incongruenza, ipocrisia. Il Tibet non fa paura, i tibetani sono un popolo pacifico occupato dal gigante cinese che invece è molto temuto e allora ci si può permettere di rifiutare al Dalai Lama un'udienza in Vaticano ed è scandaloso che, nonostante la critica di molti media sul web, nessun paladino per la libertà dei popoli abbia detto una parola. Se il Papa avesse rifiutato di incontrare l'angelo della pace, se Woytila non avesse voluto accogliere a braccia aperte un terrorista come Arafat, le manifestazioni nel mondo sarebbero state oceaniche e violente. Il Tibet è un paese che esiste dal 7° secolo quando fu fondato l'Impero tibetano, fu occupato dalla Cina nel 1950 e da allora non ho assistito nè sentito parlare di proteste pacifiste. Gli unici che se ne sono interessati chiedendo la fine dell'occupazione cinese sono stati, in Italia, i radicali di Pannella, io stessa ho partecipato a Roma a una marcia per la liberazione del Tibet organizzata dal Partito Radicale, dopo di noi il silenzio. Le organizzazioni pacifiste e quelle che strombazzano la difesa dei diritti civili hanno a cuore solo una popolazione, quella palestinista. Scrivo popolazione, non popolo perchè non lo sono, non sono una nazione, non lo sono mai stati. Sono stati inventati, rubando agli ebrei il l'appellativo di palestinesi, per eliminare Israele e per questo hanno subito conquistato il cuore degli antisemiti europei, delle sinistre di tutto il mondo e di molti cattolici, soprattutto quelli legati al Vaticano.
Marco Pannella durante una manifestazione di sostegno a Israele
A proposito, vi invito a rileggere l'articolo di Avvenire, il quotidiano dei vescovi, pubblicato qui http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=115&sez=120&id=64296 Un ignobile confronto tra Shoah e la cosiddetta Nakba firmato da Fulvio Scaglione che, con vergognosa ipocrisia, cerca di attribuire fraudolentemente al Presidente Mattarella che, da uomo degno quale è, non si è mai sognato di fare recandosi invece in visita allo Yad vaShem. Eh già, fra i milioni di profughi ancora esistenti al mondo, gli unici riconosciuti sono quelli palestinisti, gli unici ad avere il diritto assurdo allo status di profugo fino alla fine dei secoli. I profughi, secondo quanto scrive l'agenzia centrale delle Nazioni Unite, non possono trasmettere il loro status da una generazione all'altra, secondo l'ONU i palestinisti possono farlo. Non solo, sono gli unici ex profughi al mondo che anzichè diminuire, come accade sempre con l'integrazione, aumentano a dismisura proprio a causa del diritto all'ereditarietà e per volontà dell'UNRWA, fino a raggiungere i 7 milioni e forse più. Quindi i pronipoti degli arabi scappati da Israele a causa delle guerre promosse dalla Lega Araba, rimangono profughi come i loro avi 70 anni fa. Unico caso al mondo, unico vergognoso caso al mondo di gente dedita all'odio e al terrorismo mantenuta dal mondo intero.
Qualcuno è a conoscenza dei profughi ebrei? Gli ebrei erano circa un milione nei paesi arabi quando furono costretti a fuggire, l'alternativa era la morte. Fuggirono senza niente, reduci dai pogrom scoppiati in tutte le capitali arabe, dovettero abbandonare case, beni, tutto quello che avevano, la maggior parte trovò rifugio in Israele e immediatamente cessarono di essere profughi, diventarono israeliani. La comunità internazionale non ha speso un solo centesimo per loro poichè non li ha mai calcolati e ancora oggi pochi conoscono la loro storia di fuggiaschi e rifugiati. Per chi non conoscesse la storia drammatica degli ebrei che vivevano nei paesi arabi ecco due testimonianze: http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=269&sez=120&id=64306 http://www.focusonisrael.org/2013/11/04/pogrom-ebrei-tripoli-libia-4-novembre-1945/
4 novembre 1945, il POGROM DI TRIPOLI (LIBIA)
Di Leone Nauri
"Leggo continuamente dei bei tempi andati in Libia… E rimango incredulo e stupito. Basterebbe ricordarsi che da quel paese siamo stati cacciati dopo tre pogrom e senza una lira in tasca per non credere a queste menzogne ma probabilmente non è sufficiente per cui vorrei ricordare ai miei compaesani come vivevamo, senza sindromi di Stoccolma o altro. Vorrei ricordare che quando uscivamo di casa il consiglio silenzioso dei genitori era: testa bassa e passo svelto. Che le possibilità di essere insultai, sputazzati, picchiati erano tra il 30 ed il 50 per cento. Che quando uscivamo da casa eravamo possibilmente più di uno e che ci accompagnavamo vicendevolmente. In genere ogni uno di noi aveva un accompagnatore “ghibbor e coraggioso” per tornare. Mia madre Z’ L’ quando tornavo mi diceva sempre che… ero un attaccabrighe perché in fin dei conti se avessi seguito strade più sicure, a testa bassa, con passo svelto o di corsa avrei probabilmente ridotto il numero degli scontri! Nelle stradine più strette con marciapiedi piccoli se eri sovrappensiero e non ti accorgevi che dalla parte opposta arrivava un mussulmano e quindi non scendevi dal marciapiedi beccavi un ceffone ed una serie di insulti dal “ia kelb”, a “iudi kafr”. E questa era le regola, non era una situazione speciale era così e basta. Quando si tornava dal tempio ti aspettavano fuori e ti attaccavano.
Mi ricordo che il nostro gruppetto in uscita da Slat dar el malte era Leone Nauri, Victor Meghnagi Z’ L’ e Simo Dula questo era il vero ghibbor, metteva la lingua fra i denti e diceva: non rispondere a caso se ti picchiano rispondi al loro capo e non agli altri. Ai miei genitori quando dicevo di andarcene mi rispondevano sempre che ero un esagerato! Vorrei ricordarvi anzitutto che nel 1945 in Libia vivevano 40000 ebrei e 500000 arabi in un territorio grande tre volte l’Italia e che il nostro annichilimento ha portato ad una nostra progressiva cacciata nonostante noi fossimo residenti da oltre 2000 anni, molto prima dei mussulmani, ma questo non viene mai ricordato, nessuno si alza con le chiavi di casa a richiedere le nostre case ed i nostri diritti. Noi eravamo circa l’otto per cento della popolazione e ci spetterebbe l’8 per cento del territorio, del petrolio, dei soldi che ci hanno derubato, oltre la rivalutazione e gli interessi. Centinaia di sinagoghe trasformate in moschee o date alle fiamme, centinaia di morti e il nostro cimitero coperto con l’asfalto di una autostrada. Non abbiamo resistito con le armi, non ci hanno ascoltato né l’ONU e nemmeno le altre associazioni internazionali. Ma credo che dovremmo cominciare a pensare ad un movimento politico, anche con l’uso delle flottiglie che vanno di moda. Maledetti loro."
Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile di Israele"