La lingua, soleva dire il favolista e moralizzatore Esopo, è la migliore e la peggiore tra le cose, essendo in particolare “il legame della vita civile, la chiave delle scienze, l’organo della verità e della ragione…ma anche la madre di tutti i dibattiti, la nutrice dei processi, la sorgente delle divisioni e delle guerre”.
Questa definizione si potrebbe adattare oggi alla democrazia? Negli Stati Uniti, la più grande democrazia occidentale, nonché mondiale, visto che l’Oriente non offre molti esempi di Paesi democratici, un candidato dichiara che accetterà il verdetto delle urne solo nel caso che gli sia favorevole, riservandosi il diritto di prender tempo e di vagliare tutte le opzioni nel caso in cui vincesse la sua avversaria. Una posizione arbitraria, poco conforme ai grandi principi democratici e tuttavia acclamata da più della metà dei suoi sostenitori. In Francia, il Paese dei diritti dell’uomo e orgoglioso della sua lunga tradizione democratica, le forze di polizia sono diventate bersaglio di gruppi di individui che il Ministro dell’Interno qualifica con indulgenza come “bruti”; ogni mese 500 poliziotti vengono feriti mentre esercitano il loro lavoro e il suddetto Ministro si propone di fornire loro delle tute ignifughe per proteggersi dalle bottiglie incendiarie diventate l’arma favorita dei manifestanti. Sabato scorso, 22 ottobre, numerose centinaia di forze dell’ordine erano dispiegate a Saint Etienne per “tenere sotto controllo” una manifestazione espressamente vietata dal prefetto del dipartimento della Loira per timore di disordini. Tenere sotto controllo, non impedire. Una manifestazione che denunciava “le repressioni poliziesche”, che “ faceva appello al disarmo della polizia” e che annunciava l’organizzazione di “corsi di autodifesa”. Sono state distrutte le pensiline delle fermate degli autobus, messi fuori uso dei punti Bancomat, devastati i locali del Partito Socialista, riporta Le Figaro e che precisa che la polizia non è intervenuta.
In Israele, Paese democratico da sempre, attorniato da nemici implacabili nel voler la sua distruzione, dei cittadini “innamorati della giustizia” si offrono volontari per andare a testimoniare contro la loro patria davanti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con la richiesta di intervenire contro la cosiddetta patria per porre fine ad una situazione per loro intollerabile.
Dopo aver ricevuto applausi al Consiglio e saluti dal Dipartimento di Stato americano, questi cittadini rientrano nel loro Paese dove non viene avviata alcuna azione giudiziaria nei loro confronti, a parte qualche inutile strepito di un politico che cerca di finire in prima pagina. Quali conclusioni si potrebbero trarre da questi esempi dell’ultima ora?
Ognuno ha la sua risposta.
Non molto tempo fa, in Madagascar, il Presidente celebrava in pompa magna la fine della raccolta del riso. Un turista americano di passaggio, attirato dai canti e dalle danze, volle avvicinarsi per vedere meglio. Brutalmente respinto dalle forze dell’ordine, indignato domandò ad alta voce: “Ditemi, qui non c’è la democrazia?” e si sentì rispondere: “No signore, qui non c’è la democrazia. Questa è la festa del riso”.
Michelle Mazel