Perché il terrorismo arabo colpisce di più a Gerusalemme? 18/10/2016
Analisi di Mordechai Kedar
Autore: Mordechai Kedar
Perché il terrorismo arabo colpisce di più a Gerusalemme?
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/19626

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Il Muro occidentale, a Gerusalemme

E’ la speranza, non la disperazione, il motivo che spinge il terrorismo islamico-arabo ad agire a Gerusalemme. Uno sguardo alla mappa del terrorismo islamico-arabo contro gli ebrei chiarisce la situazione: gli attacchi terroristici a Gerusalemme avvengono su una scala più ampia e sono più complessi e concentrati che in altre città israeliane - Jaffa, Nazareth , Akko e Haifa - che hanno una significativa popolazione islamica araba israeliana. Di qui sorge la domanda: perché il terrorismo arabo si concentra a Gerusalemme? Cos’è che rende questa città un obiettivo così attraente per i terroristi e il terrorismo?

Negli articoli precedenti, abbiamo chiarito i fattori storici e religiosi che stanno dietro al conflitto tra Israele e i suoi vicini. La stessa esistenza di Israele e la creazione della capitale a Gerusalemme rappresentano una sfida religiosa per i musulmani, che vedono l’Islam come la vera religione, mentre il giudaismo, come il cristianesimo, è considerato una falsa religione. Il ritorno degli ebrei alla loro terra d’origine e alla città capitale storica, smentisce quel concetto e minaccia il prestigio dell’Islam nel mondo. Oltre alla componente religiosa, c’è quella nazionalista: l’esistenza di Israele è un riflesso del fallimento arabo nell’ impedire la sua costituzione nel 1948 e l’ulteriore fallimento dei Paesi arabi in ogni guerra il cui obiettivo principale era la distruzione di tutto lo Stato di Israele.

Le nazioni arabe sono state umiliate e fare la pace con Israele è l’ammissione della continua vergogna che loro sentono nei confronti della stessa esistenza di uno Stato ebraico. Tuttavia, tutto questo non spiega perché gli arabi che vivono a Jaffa, Haifa, Nazareth e San Giovanni d’Acri (Akko) per la maggior parte non compiono atti di terrorismo, mentre molti degli arabi che vivono a Gerusalemme passano giorni e notti a pianificare attacchi terroristici.

Non è vero, come dicono alcuni, che sia dovuto alla vicinanza della moschea di Al Aqsa, perché i musulmani di Jaffa e Nazareth considerano Al Aqsa sacra tanto quanto gli arabi di Gerusalemme, e tuttavia evitano di commettere attacchi terroristici, mentre gli arabi di Gerusalemme sono attivamente coinvolti nel terrorismo. Ci deve essere un’altra differenza tra Gerusalemme e le altre città israeliane intensamente abitate da arabi. Si potrebbe sostenere che la differenza riguardi la durata di tempo in cui Israele ha il controllo su queste città: le quattro città di Nazareth, Akko, Haifa e Jaffa sono sotto la sovranità israeliana da 68 anni, mentre i quartieri arabi di Gerusalemme fanno parte dello Stato ebraico solo da 50 anni.

Ma le quattro città sono state tranquille e prive di atti terroristici prima del 50 ° compleanno di Israele, quindi perché 50 anni non sono sufficienti per gli arabo-musulmani che vivono a Gerusalemme? La risposta è facile. C’è una differenza fondamentale tra il controllo ebraico a Jaffa, Haifa, Nazareth e San Giovanni d’Acri e il controllo ebraico su Gerusalemme. Ha a che fare con la finalità della sovranità israeliana: da quel giorno del mese di giugno del 1949, quando a Rodi sono stati firmati i Trattati dell’Armistizio – tutt’altro che la pace !! – tra Israele e i suoi vicini arabi, in queste quattro città gli arabi si sono resi conto di essere stati trasformati in modo permanente, contro la loro volontà, in cittadini di Israele e che lo sarebbero rimasti a meno che Israele scompaia, (Inshallah !). Finché Israele esiste, non ci sono alternative, e questo per loro significa la fine della lotta e un venire in qualche modo a patti con la sovranità israeliana, piaccia o non piaccia. Il riconoscimento de facto di Israele da parte degli arabi nel 1949 li ha portati alla consapevolezza che il mondo arabo li aveva traditi e da allora hanno abbandonato ogni speranza di essere liberati dagli eserciti arabi.

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Terroristi palestinesi

Il riconoscimento internazionale della sovranità di Israele sulle loro città ha aumentato i sentimenti di impotenza di fronte allo Stato ebraico e hanno accettato le regole di questo schema di stato societario, economico e politico, non a fin di bene, ma perché non c’era nessun altro gioco politico a cui potessero aderire. E, cosa più importante, non hanno mai visto nessun israeliano, dalla sinistra radicale all’estrema destra, chiedere a Israele di consegnare Giaffa, Haifa, Nazareth o Akko sotto il controllo arabo. Di fronte all’unanimità israeliana sull'argomento, così come al consenso arabo e internazionale, hanno capito che la loro lotta si era conclusa con un fallimento e che le loro vite sarebbero state vissute e i loro interessi perseguiti, all’interno di uno Stato ebraico. Al contrario, gli arabi di Gerusalemme vivono in uno stato mentale completamente diverso, quello in cui l’autorità israeliana su Gerusalemme Est non è la fine della storia.

Ci sono molte ragioni per questo: loro si rendono conto che, anche quegli ebrei che si definiscono sionisti, vogliono dividere Gerusalemme al fine di stabilire la capitale di uno Stato palestinese nel settore orientale della città, l’area che è stata santa per l’ebraismo per oltre 3000 anni. Non possono fare a meno di vedere ONG che soffrono di allucinazioni come “Ir Amim” (letteralmente “città di nazioni” ), il cui programma prevede il riconoscimento dei “diritti” arabi per stabilire una capitale araba a Gerusalemme, anche se la città non è mai stata la capitale di uno stato arabo o islamico. Non possono non vedere l’incuria ambientale nella parte orientale della città, se la confrontano con gli investimenti nella cura della parte occidentale. Vedono che l’ Università al Quds non è sotto l’egida del Consiglio d’Istruzione Superiore di Israele - e vedono altre mille prove che Israele non è seriamente intenzionata ad annettere Gerusalemme Est, anche se sono passati 50 anni da quando è iniziata l’ “occupazione”. Gli arabi di Gerusalemme vedono che, rispetto al Trattato di Rodi del 1949 in cui Israele ha chiesto il riconoscimento arabo della sua sovranità su Giaffa, Haifa, Nazareth e San Giovanni d’Acri, Israele non ha chiesto il riconoscimento che Gerusalemme riunita sia la capitale di Israele, in occasione della firma degli Accordi di Pace con l’Egitto e la Giordania. Vedono che Israele permette ad un qualsiasi individuo, in possesso di una macchina fotografica e di un microfono, di stare in mezzo a Gerusalemme, chiamarla “Al Quds occupata” senza alcuna interferenza. Consente poi di realizzare un sostegno mediatico al jihad, dall’interno del paese.

Mi riferisco in particolare al canale del Jihad mediatico Al Jazeera, finanziato dai ricavi del petrolio del Qatar. Gli arabi di Gerusalemme guardano la BBC, che trasmette da Londra, e chiama il governo di Israele, il “governo di Tel Aviv” e cambia la realtà in modo da non riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Vedono che anche i Presidenti degli Stati Uniti, che sostengono Israele in ogni modo possibile, sono contro lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme - e tra l’altro, a Gerusalemme Ovest, non a Gerusalemme Est - anche se l’Ambasciata vi ha acquistato il terreno e costruito gli appartamenti per il suo staff. Vedono che i documenti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti non registrano il consolato americano a Gerusalemme come situato in Israele e leggono sul giornale che il Dipartimento di Stato non permetterà che ai bambini che sono cittadini americani, ma sono nati a Gerusalemme, abbiano scritto sui loro certificati di nascita che sono nati a Gerusalemme, Israele – ma solo a Gerusalemme -, come se Yerushalaim si trovasse nello spazio.

Di recente, hanno visto che il presidente Obama era al funerale di Shimon Peres a Gerusalemme, ma non in Israele. Sentono che ci sono ebrei in Europa e negli Stati Uniti, i membri di organizzazioni come J-Street, Jewish Voice for Peace, J-Call e gli Ebrei per la Giustizia in Palestina, che stanno cercando di promuovere concessioni israeliane in Gerusalemme. Sanno anche che alcuni Centri Hillel situati nelle università americane non consentono i festeggiamenti del Jerushalem Day perché Gerusalemme è una questione controversa e che il New Israel Fund si occupa di promuovere questa agenda all’interno di Israele. Gli arabi di Gerusalemme sentono che anche gli europei, nonostante le loro violazioni orrende contro il popolo ebraico generazione dopo generazione, comprese quelle della Seconda Guerra Mondiale, non riconoscono una Gerusalemme Unita come capitale di Israele e anche gli amici più stretti di Israele tengono le loro ambasciate a Tel Aviv, piuttosto che a Gerusalemme.

Tutti questi fattori, a partire da alcuni atteggiamenti di israeliani ed ebrei nei confronti del mondo arabo, fino alla posizione assunta dal resto del mondo nei confronti di Gerusalemme, non possono certo aiutare; possono solo dare agli arabi di Gerusalemme la sensazione che, se possono danneggiare, uccidere, investire, bruciare e far saltare in aria abbastanza ebrei - ossia in breve, usare il terrorismo come un modo per mostrare il loro desiderio di liberare Gerusalemme dal dominio israeliano – verrà il giorno in cui gli israeliani si stancheranno di combattere, rinunceranno, alzeranno le mani e lasceranno al Quds agli Arabi Musulmani. Come avvenne quando la conquistarono dai Bizantini nel 638 dC, fino al Mandato Britannico del 1917 e durante l’illegale e illegittima “occupazione” giordana tra il 1948 e il 1967. In contrasto con lo stato mentale degli arabi di Giaffa, Haifa, Nazareth e di Akko, che si sono arresi e hanno accettato la sconfitta del 1948 come definitiva, gli arabi di Gerusalemme non sono convinti che la sconfitta del 1967 lo sia. Sono incoraggiati da alcuni israeliani, da alcuni ebrei americani e in altri paesi e dalle nazioni arabe, senza escludere molti paesi democratici ostili a Israele.

Questo è ciò che li induce al terrorismo, lanciare pietre, bombe incendiarie, coltelli, esplosivi, armi da fuoco e auto-proiettili. La ragione che spinge il terrorismo islamico-arabo ad agire a Gerusalemme è la speranza, non la disperazione, e corresponsabili lo sono, se non riconoscono che Gerusalemme è la storica, eterna capitale dello Stato ebraico, tutti quelli che alimentano la speranza, anche se si considerano “amici di Israele”. Il giorno in cui Israele vedrà il pieno riconoscimento di Gerusalemme, e deciderà di convincere il resto del mondo che Gerusalemme nel 1967 è stata liberata e non ‘occupata’, come avvenne con Giaffa, Haifa, Nazareth e San Giovanni d’Acri diciotto anni prima, gli arabi di Gerusalemme dovranno rinunciare al terrorismo e accettare il proprio destino, esattamente come ha fatto il resto degli arabi di Israele. La pace in Medio Oriente è concessa solo a chi riesce a convincere i propri nemici che è nel loro interesse integrarsi. Questa è l’unica pace che ci può essere in questa regione e prima Israele si rende conto di questo, meno durerà la sofferenza e più sarà facile vivere tranquillamente. La questione di Gerusalemme non è un caso insolito. Gli arabi di Gerusalemme devono solo capire che la loro lotta per impadronirsi Gerusalemme è fallita completamente.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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