Sionismo socialista, ieri e oggi 10/10/2016
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Egregio dottor Volli, noi mondialisti seguiamo sempre con grande interesse le sue Cartoline da Eurabia - come del resto anche gli altri articoli di IC - e ci siamo trovati spesso in consonanza con le sue riflessioni, ma stavolta riteniamo che Lei abbia commesso una "topica" di eccezionale rilevanza. Ci riferiamo alla sua ultima Cartolina, nella quale ha preso atto con non poco dispiacere della deriva antisemita intrapresa dal partito laburista inglese negli ultimi anni, deriva inaspritasi sotto la guida di Jeremy Corbin. I laburisti inglesi "partito dei diritti, della modernità, della giustizia"?!? Ma quando mai??? Il partito laburista britannico "luogo centrale della coscienza progressista europea"??? E in cosa consisterebbe, di grazia, cotanto "progressismo"? Nella promozione e legalizzazione di aborto, eutanasia e matrimoni gay? E cosa "ci azzecca" tutto ciò con la sacrosanta difesa del popolo d'Israele dagli odiatori, dal Bds, da chi prepara una seconda Shoah? Egregio dottor Volli, la nostra opinione di goym amici di Israele è che l'intelligentsija ebraica - non l'uomo della strada, che su queste cose è protetto da un solido, universale buon senso - ma proprio voi "intellò" ebrei, siate ancora preda di una ottusa fascinazione per dottrine e ideologie comunemente cnsiderate "di sinistra", come la comunanza delle donne e dei bambini, l'omoerotismo, l'abolizione della proprietà privata, l'ipertrofizzazione dello Stato-madre a scapito dei singoli individui, che di progressista non hanno in verità un bel nulla: sono in realtà la riproposizione del modello sociale vigente nell'antica Sparta (e storicamente fallimentare) da parte dell'ebreo rinnegato Karl Marx, di quel Marx che ne "La questione ebraica" vi ha accusati nientedimeno che di adorare il dio denaro, e che pertanto non avreste dovuto prendere troppo facilmente a modello ispiratore... Del resto, la prima esperienza sionista non si è forse edificata sui kibbutzim, con la loro promiscuità e il loro collettivismo tipicamente socialisti? La prima guerra combattuta dal rinato Stato ebraico per la propria sopravvvivenza, non è stata forse vinta anche e soprattutto grazie alle armi fornite generosamente da uno Stalin che contava di annoverare Israele fra gli alleati dell'Urss? E non è forse vero che la frattura politica, ma evidentemente non ideologica, fra Israele e Unione Sovietica è avvenuta solo quando quest'ultima si è schierata dalla parte degli arabi scottati dalla sconfitta del 1967, mettendo in chiaro l'incompatibilità fra appartenenza al fronte del "socialismo reale" e difesa delle ragioni di Israele? Un consiglio benevolo a Lei, egregio dottor Volli, e a tutta la redazione di IC: lasciate perdere le polemichette sui catto-reazionari, le sterili (in tutti i sensi) battaglie pro-aborto e pro-gay, e concentratevi piuttosto sulla lotta ai vostri veri nemici, che sono anche i nemici del Cristianesimo, dell'Occidente e di tutto il genere umano: l'Asse Russia-Cina-Islam con il suo codazzo di tirannelli e le sue complicità anche all'interno dei Sacri Palazzi. Su questo terreno, ve l'assicuriamo, avrete sempre il nostro sincero e fattivo appoggio. Shanà Tovà a tutti voi.

Mrs Andrea Zuckerman, Direttore Generale del Partito Mondialista Gentile

Signor Zuckerman, la ringrazio per la sua lettera. Effettivamente il sionismo che governò Israele prima e dopo la fondazione dello stato fu socialista, con aspetti fortemente utopistici. Forse fu il solo vero esperimento socialista partecipato dalla popolazione. Lo si capisce bene, perché gli ebrei che tornavano alla loro terra erano in grandissima maggioranza poveri e oppressi, influenzati dall'egualitarismo dei profeti di Israele. Pensavano che la dignità di ciascuno si potesse recuperare solo rinunciando alla proprietà privata e perseguendo l'uguaglianza. Ci sono però due differenze fondamentali rispetto al "socialismo reale" russo. La prima è che l'egualitarismo era vero, non fatto per creare una "nuova classe" di privilegiati. Basta visitare l'abitazione di Ben Gurion nel kibbutz del Negev dove si rifugiò per rendersene conto. La seconda differenza è che Israele è sempre stato un paese democratico, mai tentato dalla "dittatura del proletariato" e dallo stato di polizia. Questo fece sì che quando gli israeliani si resero conto che l'utopia dei kibbutzim non funzionava né sul piano economico né su quello umano, il paese cambiò pacificamente la sua organizzazione e incoraggiò il settore privato (che non era mai stato abolito), con gli ottimi risultati che sono sotto gli occhi di tutti. La rottura con Stalin (il cui antisemitismo è ben dimostrato) non fu solo politica, ma radicale. Stalin appoggiò Israele per qualche anno allo scopo di creare difficoltà alla Gran Bretagna, ma già all'inizio degli anni Cinquanta cambiò posizione e in seguito la base dell'odio per Israele e del terrorismo fu proprio l'Unione Sovietica e i suoi satelliti, fra i quali in particolare la Germania dell'Est. Quest'odio fabbricato nei regimi comunisti percorre ancora la sinistra europea e americana. Per conoscere i dettagli di questa storia, le consiglio il libro di Herf "Undeclared wars with Israel" (https://www.amazon.com/Undeclared-Wars-Israel-Germany-1967-1989/dp/1107461626). D'altro canto è inutile dire che anche la Chiesa ha fatto la sua parte. Se non la conosce la letteratura è infinita, le consiglio "I papi contro gli ebrei" di David Kertzner (http://www.ibs.it/code/9788817002769/kertzer-david-i-/papi-contro-gli.html). Cordialmente

Ugo Volli