Il Vaticano e Israele 10/10/2016
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Gentilissima Redazione, vorrei ringraziarVi della pubblicazione delle mie due lettere il 5 ottobre e ringraziare Deborah Fait per la sua risposta. Mi resta, tuttavia, la curiosità o, piuttosto, il vivo desiderio di sapere quando, in concreto e al giorno d'oggi, la Chiesa parli di 'Gerusalemme celeste' in termini tali da sembrar negare l'appartenenza della Gerusalemme terrestre al popolo di Israele. Lo chiedo (non polemicamente, ma per vivo interesse) perché, in quasi cinquant'anni di vita, trascorsi dall'infanzia ad oggi nella costante partecipazione alla vita della Chiesa, non ho mai sentito parlare della Gerusalemme celeste se non in sede di commento od omelia sui passi del Nuovo Testamento che ne parlano, con chiaro ed esclusivo riferimento alla vita eterna in Paradiso, mentre non ho mai letto o udito riferimenti alla Gerusalemme celeste quando la Santa Sede od esponenti ecclesiastici prendono in considerazione la situazione della Gerusalemme terrestre. A meno che Deborah Fait si riferisse alla sottolineatura, da parte della Chiesa, dell'importanza della Gerusalemme terrestre per i cristiani: un'importanza, però, che non ha a che fare con l'essere un'immagine del Paradiso, ma, molto concretamente, con la presenza in essa: - di una comunità cristiana (seppur minuscola, di nemmeno 15.000 persone) che si considera, ed è considerata dalla Chiesa e dai cattolici credenti (me inclusa), discendente ed erede della prima comunità cristiana del tempo degli Apostoli: una comunità che, sia nella sua prevalente componente araba (legata a tutti gli arabi, israeliani e no, che vivono a ovest del Giordano), sia nella minuscola componente di origine ebraica (profondamente israeliana), soffre molto, anche a livello psicologico, per il conflitto, sicché ripone tutte le sue speranze in una pacificazione israelo-palestinese; - di Luoghi Santi fondamentali per la Fede cristiana e per la vita dei fedeli in questo mondo, che la Chiesa difende da secoli con tutte le sue forze (per molti secoli, con la disponibilità al martirio dei francescani della Custodia di Terra Santa) e per i quali tenta di assicurare un assetto che li difenda anche per i prossimi duemila o diecimila anni. Tutto ciò non significa negare il vincolo, nazionale e spirituale ad un tempo, del popolo ebraico con Gerusalemme, ma tener conto del vincolo con essa dei cristiani: un vincolo che è anche fisico e, a vario titolo, nazionale per i cristiani di Gerusalemme e per quelli israeliani e dei Territori contesi; un vincolo spirituale fortissimo, non solo con la città, ma con i suoi abitanti cristiani, per tutti i cristiani del mondo, che è all'origine della costante attenzione cristiana per ciò che accade a Gerusalemme e dintorni. Sarei felice se Deborah Fait trovasse il tempo di chiarirmi il suo pensiero e, in particolare, a quali concrete menzioni della Gerusalemme celeste da parte della Chiesa si riferisse nella sua risposta del 5 ottobre. Con i più cordiali saluti,

Annalisa Ferramosca

P.S.: Mi permetto di segnalarVi che la notizia dell'Osservatore Romano del 7 ottobre sulle critiche americane all'annunciata costruzione di case oltre la 'linea verde' era vecchia di non più di ventiquattr'ore, come spesso, purtroppo, accade alla stampa italiana per notizie estere: ho letto i dettagli della nuova, ed aspra, stigmatizzazione americana della decisione israeliana (avvenuta il 5 ottobre) su Israel Hayom del 6 ottobre, che ne evidenziava l'estrema durezza e paventava iniziative dell'Amministrazione Obama negative per Israele.

Gentile Signora,
La politica del Vaticano è sempre stata ostile a Israele. Questo è un fatto incontestabile chiaramente dimostrato dal rifiuto di riconoscere lo Stato di Israele e di averlo fatto solamente nel 1993 dopo Oslo, cioè dopo le firme di "pace" con i palestinesi. In questo senso va letto il mio riferimento a Gerusalemme terrestre e terrena non riconosciuta come tale dalle nazioni del mondo, Vaticano compreso, come capitale unica e indivisibile di Israele. Le mie dichiarazioni non hanno nulla a che vedere con la religione ma con la politica. Per gli israeliani Gerusalemme è la città santa ma è anche e soprattutto la nostra città/capitale dove si vive, si ama, si muore spesso in modo violento e il mio desiderio più grande sarebbe che il resto del mondo capisse questa doppia realtà. La Gerusalemme storica è presente nella vita degli ebrei che la vivono e la possiedono non solo nell'anima ma come casa, casa propria, aperta al mondo come ogni capitale. E' per questo che lottiamo. Cordialmente

Deborah Fait