Zeruya Shalev - Dolore - 27/09/2016
Zeruya Shalev
Autore: Giorgia Greco

Dolore
Zeruya Shalev
Traduzione di Elena Loewenthal
Feltrinelli euro 18,00

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Da quel lontano 2001 quando conobbi Zeruya Shalev al Festival della Letteratura di Mantova, in occasione della presentazione del suo secondo romanzo “Una storia coniugale” (Frassinelli), la lettura delle opere di questa scrittrice israeliana, una delle voci più alte della narrativa di genere in Israele, è sempre un’esperienza intensa e coinvolgente. Nata nel 1959 nel kibbutz Kinneret, ha svolto studi sulla Bibbia e sulla Sacra Scrittura, oltre a dedicarsi a libri per bambini e opere di poesia.

Con il primo romanzo “Una relazione intima” (Frassinelli, 2000) ha scalato le classifiche in Israele ed è stata insignita del Golden Book Prize e dell’Ashman Prize e si è fatta conoscere al pubblico italiano con il racconto scabroso e conturbante del rapporto fra una giovane donna, Yaara, ed un uomo molto più vecchio di lei. Straordinarie figure femminili emergono anche nei successivi “Una storia coniugale” (Frassinelli, 2001) e “Dopo l’abbandono” (Frassinelli, 2007) in cui l’autrice si confronta con le difficoltà di rapporti frantumati e lacerati nei sentimenti. Capace di sondare gli stati d’animo più nascosti e di raccontare con prosa lirica e introspettiva sia le tensioni fra uomo e donna sia i conflitti fra genitori e figli, pubblica nel 2013 con Feltrinelli “Quel che resta della vita”, un racconto fluviale, intenso dove Shalev affronta con efficacia i grandi temi della vita: la vecchiaia, la sessualità, l’amore e le derive esistenziali in cui uomini e donne si dibattono in quell’età definita “di mezzo” dove alla dedizione ai figli adolescenti si aggiunge la cura dei genitori anziani, non più autosufficienti.

Sopravvissuta nel gennaio 2004 ad un grave attentato terroristico che l’ha costretta a mesi di cure e riabilitazioni, Zeruya Shalev ci regala una nuova straordinaria figura femminile nel romanzo “Dolore” (Feltrinelli) in libreria in questi giorni. La casualità della vita e della morte entrano in modo prepotente nel romanzo per raccontare un “dolore” (keev in ebraico), quello della protagonista, che non è solo fisico ma anche spirituale. Iris, preside in una scuola di Gerusalemme, sposata a Michi e madre di due figli adolescenti, Alma ventenne che ha lasciato la casa dei genitori per vivere a Tel Aviv e Omer che fra poco partirà per prestare servizio militare, si sveglia una mattina con un forte dolore che si irradia dal suo corpo e che purtroppo conosce molto bene. Dieci anni prima è rimasta vittima di un attentato terroristico mentre accompagnava i figli a scuola e per lunghi mesi, dopo gli interventi chirurgici per riacquistare la funzionalità degli arti, è rimasta confinata in un letto senza potersi occupare della famiglia.

L’uso continuo di calmanti per affrontare il dolore delle ferite, un corpo devastato dalle cicatrici, l’inevitabile invecchiamento precoce hanno allontanato Iris dal marito che ora sembra più interessato ad affrontare le partite di scacchi al computer, anziché preoccuparsi del rapporto con la moglie. Dinanzi al riacutizzarsi del dolore nel corpo di Iris, che non è escluso possa avere cause psicologiche, Michi fissa un appuntamento con uno specialista di terapia del dolore. Il dottor Eitan Rosen è invecchiato, ha una folta barba grigia, si è incurvato ma Iris non ha dubbi: con un tuffo al cuore riconosce in quel medico che dovrà aiutarla il fidanzato di quando aveva diciassette anni e si erano giurati amore eterno. Iris, nonostante la giovane età, lo aveva aiutato ad accudire la madre morente ma all’indomani del funerale della donna, Eitan la abbandona per allontanarsi da quello che considera un passato troppo doloroso e di cui lei fa parte.

Dopo mesi di depressione e di disperazione Iris torna lentamente alla vita ma nel suo cuore Eitan lascia una traccia incancellabile. Mentre la vita sembra offrirle una seconda opportunità, Iris si abbandona a quest’amore ritrovato con la spensieratezza dell’adolescenza e trascorre giorni meravigliosi incontrando un Eitan più maturo che ha due matrimoni falliti alle spalle, alcuni figli ma si sente sicuro del sentimento che prova per lei, rimasto immutato negli anni. La vita di Iris però entra in crisi. Si frantuma l’ordine familiare, la quotidianità perde le sue regole ma la passione travolgente per quel vecchio amore non può offuscare la preoccupazione per la figlia: Alma vive a Tel Aviv dove ha trovato lavoro in un locale equivoco, è soggiogata da un individuo sgradevole che tenta di allontanarla dalla famiglia con pressioni psicologiche. E di nuovo il “dolore” fa capolino nell’esistenza di Iris, un dolore dell’anima, oltre che fisico, che scardina le sue sicurezze e la mette di fronte ad una realtà inimmaginabile.

Se all’inizio aveva pensato di potersi rifare una vita, ora capisce che una madre non può esimersi dal lottare per la salvezza dei figli perchè prima di tutto la responsabilità di un genitore è nei loro confronti (“Capita che dobbiamo dare la vita ai nostri figli più volte, badare al lumicino della loro anima, aiutarli a scegliere la vita, lo stesso dono che abbiamo dato loro anche se non l’avevano chiesto….”). Ecco allora che il dolore per la rinuncia alla propria felicità si trasforma in una scelta consapevole e matura.

Con uno stile avvolgente, ricco di sfumature psicologiche, Zeruya Shalev indaga i turbamenti che albergano nell’animo di una donna di mezza età che la vita pone dinanzi a scelte coraggiose, mettendo in scena la complessità del rapporto madre/figlia, oltre che la volontà di preservare l’unione familiare. Personaggi indimenticabili come Sasha, percorrono le pagine di questo romanzo, l’ex alunno indisciplinato per il quale si è battuta credendo nelle sue potenzialità e che ora l’aiuta a strappare Alma dall’ambiente equivoco che l’ha irretita. Sullo sfondo, ma ben presenti nel nucleo della narrazione, gli attentati terroristici, le guerre perenni d’Israele, il servizio militare al quale i giovani dedicano tre anni della loro vita, il ricordo indelebile della Shoah che si tramanda nel racconto dei sopravvissuti. Il tutto mai affrontato direttamente ma come riflesso nelle inquietudini e nella vita privata dei protagonisti. “Dolore” è un romanzo che si legge lentamente per assaporare fino in fondo la ricchezza della trama e per prolungare il piacere di una lettura di rara intensità. E’ un libro che lascia una scia luminosa dietro di sé e non si dimentica.

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Giorgia Greco