(Traduzione di Angelo Pezzana)
Pieter Van der Horst
Dieci anni fa, nel 2006,presso l’Università di Utrecht, la censura di un intervento sull’ anti-semitismo musulmano divenne un caso internazionale. La vittima di questa censura era il prof. Pieter Van der Horst, docente di cristianesimo antico e giudaismo in quella università, noto e apprezzato ovunque e membro della Accademia Reale Olandese. Il 16 giugno 2006, Van der Horst tenne la conferenza d’addio sul tema “ il mito del cannibalismo ebraico”, in cui illustrava la storia bi millenaria dell’anti-semitismo, da quello greco pre-cristiano fino all’accusa del sangue diffusa nel mondo arabo contemporaneo. In quello stesso giorno, il settimanale ebraico olandese NIW scrisse che il rettore dell’università l’aveva duramente criticato. Fu lo stesso Van der Horst a confermarlo in un articolo sul Wall Street Journal dal titolo “ la libertà accademica in catene”. Rivelava,in quell’articolo, la pressione ricevuta dal rettore affinchè eliminasse alcune parti dell’intervento. Ad esempio, il paragrafo “ Molta della denigrazione contemporanea islamica degli ebrei ha le sue radici nel fascismo tedesco. Il Mein Kampf di Hitler è un best seller in molti paesi mediorientali. La simpatia per il nazismo data dai tempi del Fuehrer. Il leader palestinese Haj Amin al-Husseini, il Gran Muftì di Gerusalemme, era stato uno suo stretto collaboratore. Aveva anche trascorso gli anni della guerra a Berlino, aveva visitato Auschwitz, un viaggio che gli aveva suggerito come costruire i campi di concentramento in Palestina” Prima della conferenza a Van der Horst era stato chiesto di apparire davanti a un comitato dal Rettore Magnifico Willem Hendrik Gipsen, il quale gli disse che l’università doveva proteggerlo da se stesso. Se non cancellava quel passaggio sull’anti-semitismo islamico poteva essere aggredito violentemente da gruppi di musulmani. Avrebbe anche danneggiato il lavoro fatto dall’università di costruire ponti tra musulmani e non. Aggiungendo un insulto all’ingiuria, il comitato gli rimproverò anche il basso livello dell’intervento. Van der Horst ricorda quanto gli disse il Rettore Gispen, che aveva 24 ore per decidere se eliminare quei passaggi, altrimenti avrebbe fatto ricorso alla sua “responsabilità di rettore”. Una frase ambigua, che Van der Horst capì benissimo: l’Università di Utrecht impone il politicamente corretto invece della verità. Intimidito, cancellò quella frase dal suo testo. Quando il testo integrale venne pubblicato, Van der Horst lo integrò la diffusione dell’anti-semitismo in Iran, Siria e i Territori palestinesi. Per quanto riguarda questi ultimi, scrisse: “ La durezza del lavaggio del cervello supera le peggiori aspettative. In molti testi scolatici dei palestinesi, ai bambini viene insegnato anno dopo anno che il popolo ebraico va distrutto perché sono ebrei, figli di satana, ribelli contro dio, e cospiratori contro l’umanità e l’islam.” Il testo di Van der Horst era a quel tempo all’avanguardia, non citava ancora il presidente dell’Iran, il fanatico anti-semita odiatore di Israele Mahmoud Ahmadinejad, che predicava apertamente il genocidio. L’affare Van der Horst e molti interventi pro o contro di lui e il rettore apparvero sui più diffusi giornali olandesi. Il quotidiano NRC Handelsblad pubblicò un editoriale dal titolo “Il Rettore Pauroso”. Intervistato dallo stesso giornale, Gispen diede risposte evasive, irrilevanti, che evitavano di affrontare l’argomento. Per esempio che sua moglie, ebrea, e le figlie portavano al collo una Stella di Davide. Aggiunse anche che temeva per l’incolumità della propria persona dopo che l’università aveva cambiato nome ai nano-materiali dell’istituto di scienze per onorare il Premio Nobel tedesco per la chimica Peter Debye, che negli anni del nazismo aveva collaborato alle leggi anti-ebraiche, firmando la lettere con “Heil Hitler”. Gipsen, comunque, non aveva collegato le minacce che aveva ricevuto con l’islam. Per la cronaca, nel 2008 il nome di Debye venne reintegrato. Il NRC avrebbe poi riportato la notizia non confermata che 5 rettori su 7 delle università olandesi avevano appoggiato la mozione di censura di Gipsen. Arnold Heertje, già rinomato professore di economia, li aveva incontrati, scoprendo che soltanto 2 erano stati pro-Gipsen, rivelando tutta l’ipocrisia dei leader dell’Università di Utrecht. Scrisse che il comportamento di Gipsen era motivato dalla paura che l’università perdesse i contributi islamici se gli studenti musulmani, spinti dai loro imam, non si fossero più iscritti. Il rettore, scrisse, pensava solo al numero degli studenti. Un orientamento economico che danneggia la libertà delle università. Heertje aveva anche sollevato la questione se era compatibile con la carica di rettore chi si comportava come Gipsen nei confronti della libertà accademica. L’affare Van der Horst spiega l’aspetto politico delle università da un lato, e la lotta che si deve affrontare per difendere la verità quando non è considerata politicamente corretta. I leader dell’università di Utrecht sono stati estremamente vigliacchi e opportunisti, indebolendo la libertà accademica e danneggiando la verità sull’indiscutibile diffusione dell’anti-semitismo nel mondo musulmano. Questa vicenda ha avuto un seguito interessate. Dopo l’eco avuta a livello internazionale, l’Accademia israeliana delle Scienze invitò Van der Horst a tenere una conferenza in Israele. In una risposta ironica all’Università di Utrecht, l’invito specificava che Van der Horst avrebbe potuto parlare in piena libertà di qualunque argomento, nessuna pressione sarebbe mai stata esercitata sul contenuto del suo intervento “ come usa nei circoli accademici”. Van der Horst fece anche due brillanti interventi al Jerusalem Center for Public Affairs su “ La lunga storia dell’anti-semitismo a partire dall’Egitto” e “ L’origine dell’anti-semitismo cristiano”. Gli dissi che vedevo in tutto quell’affare un effetto positivo, prima era un professore di chiara fama ma solo nel suo campo specifico, dopo tutta la pubblicità sulla censura della sua conferenza, gli olandesi ora lo apprezzano anche come un importante intellettuale.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi
di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.