Angelo Pezzana
Se dovessi scegliere, per una ipotetica breve rassegna stampa dei giornali israeliani, le notizie che mi hanno colpito in questi ultimi mesi segnalerei, fra le tante, le seguenti, meritevoli secondo me di segnalazione. Ad esempio la decisione di un importante benefattore inglese, Michael Gross, che ha sospeso la donazione di 1 milione di dollari all’Università Ben Gurion del Negev (BGU) per protestare contro la sponsorizzazione di una conferenza nella quale era presente la Ong “Breaking the Silence”, nota per le iniziative contro quello che viene definito ‘il comportamento immorale di Tzahal’, gli ‘abusi’ dell’ esercito di difesa israeliano, accuse basate in generale su testimonianze quasi sempre anonime di soldati.
“E’ vero che Israele è una democrazia, il governo finanzia Ong che cercano in tutti i modi di delegittimarlo, e “Breaking the silence” è una di queste, però ha anche finanziatori dall’estero, e questo non è accettabile, se possono rimanere anonimi”, ha dichiarato. A chi invece si chiede quanto attuale possa essere il sionismo nell’Israele di oggi, potrà essere utile sapere quanto ha rivelato un sondaggio a livello nazionale, voluto nello scorso maggio dal Centro Herzl, dal quale risulta che il 90% degli israeliani si dichiara sionista. A 120 anni dalla pubblicazione dello “Stato ebraico” Theodore Herzl ha tutti i buoni motivi per guardare con orgoglio i risultati del suo progetto. Quella che gli israeliani celebrano ogni anno, la Festa dell’Indipendenza, per la popolazione araba, in Israele e nei territori contesi viene chiamata ‘Nakba’, come ci ricordava Saeb Erekat, per molti anni segretario generale dell’Olp, in un articolo uscito su Haaretz. Una ‘catastrofe’, un termine che può avere una sua validità, però solo se accompagnato dalla spiegazione che la ‘tragedia palestinese’ è stata voluta non da Israele, ma dai governi arabi che avevano rifiutato la divisione dell’Onu in due stati del Mandato britannico in Palestina. È inutile continuare ad affermare che ‘in Palestina viveva un altro popolo’ – come scrive Erekat- tra popolo e popolazione c’è una enorme differenza, c’erano drusi, circassi, bahai, popolazioni, appunto, non popoli.
L’idea di un ‘popolo palestinese senza stato’ nacque negli anni ’60, ma questo viene sempre omesso. Il risultato? Chi segue le vicende mediorientali prende per veritiera una storia del tutto inventata. E le campagne elettorali americane, come le giudicano gli israeliani ? Un sondaggio del Jerusalem Post rivela che Hillary vince su Trump in quanto è ritenuta più adatta al ruolo di presidente, ma per quanto riguarda la lotta al terrorismo, Donald Trump è più credibile di Hillary Clinton, 38% contro 21%. E con un breve scarto Trump è avanti a Clinton anche nel campo delle relazioni Usa-Israele, con lui migliorerebbero, 36% contro 34%. Gli ebrei americani, in maggioranza, hanno sempre votato democratico ed è probabile che continueranno a farlo, sarà però interessante verificare le percentuali. Hillary, nel commentare la strage alla discoteca gay di Orlando, ha, come Obama, omesso accanto al nome dell’autore del massacro, le parole terrorista e islamico, il che lascia prevedere quale sarà la sua politica nella guerra al terrorismo.
Anche in questo campo la confusione sembra programmata. L’attentato contro un avversario politico non è terrorismo, ma un atto criminale. Voler conquistare il mondo per imporre la legge islamica – la Shari’a- è terrorismo. Islamico, perché tali sono quelli che vogliono distruggere le democrazie per sostituirle con dittature.
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