(Traduzione di Angelo Pezzana)
Tomislav Jakic
Tomislav Jakic (1943) giornalista, è nato a Zagabria, dove si laurea in legge nel 1966. Dal 2001, per molti anni, è stato consigliere politico del Presidente croato Stjepan Mesic.
“ L’anti-semitismo nella Croazia odierna – per il momento – è abbastanza marginale. Eppure succede di doversi confrontare con i classici stereotipi dell’ebreo, anche se chi li diffonde spesso non si rende conto che procurano anti-semitismo. Questa attitudine fa parte della tradizione croata, o meglio centro-europea. In diverse circostanze, questo aspetto latente può trasformarsi in aperte aggressioni o comportamenti violenti.
“ In Croazia ci sono pochi ebrei, forse 2.000, se contiamo gli iscritti alla comunità e altri pochi che non lo sono. Nel 1991, quando si dissolse la Yugoslavia, esplose una bomba nel settore ebraico del cimitero cittadino, un’altra davanti all’edificio che ospita la comunità ebraica di Zagabria. Gli autori non vennero mai catturati. La versione ufficiale le attribuì ai servizi di intelligence del Yugoslav People’s Army. Negli ultimi due decenni ci furono diversi incidenti, soprattutto atti vandalici con svastiche dipinte sulle tombe. L’anti-semitismo non è dominante sulla scena politica croata, ma, come ho detto, si esprime attraverso stereotipi.
Una manifestazione di ustascia in Croazia
“Sin dal 2010 la Croazia registra un forte revisionismo storico sulla 2a Guerra Mondiale. Un mare di libri, pubblicazioni varie, ‘rivelazioni’ su giornali e programmi TV, tutti con un unico, falso, scopo: convincere le nuove generazioni che gli Ustascia erano buoni croati e veri patrioti. È risaputo che gli Ustascia – durante l’occupazione nazista- presero parte attiva nella Shoah. Nello stesso periodo, così continua questa invenzione, gli anti-fascisti, in divisa comunista, erano criminali e assassini.
“In verità, la ideologia Ustascia era una copia del fascismo croato sin da prima della guerra, con i concetti di razza superiore, sangue e suolo. Divenne dominante durante la 2a Guerra Mondiale ovunque il potere fosse nelle loro mani. Questa ideologia era alla base della Shoah, dello sterminio dei serbi e degli zingari, di tutti coloro che non accettavano il nuovo ordine.
“ In questa ideologia la religione non aveva una particolare presenza. Eppure, sin dal primo giorno, la Romana Chiesa Cattolica sostenne il regime degli Ustascia e il loro stato burattino, auto-definitosi indipendente, anche era controllato da Germania e Italia. L’islam era considerato dal regime Ustascia un alleato prezioso, i musulmani venivano chiamati ‘il fiore della nazione croata’. Nel 1943, l’Arcivescovo cattolico Aojzije Stepinac, espresse con cautela per la prima volta la sua disapprovazione verso le leggi razziali e il trattamento disumano di coloro che arrivavano nei campi di concentramento e sterminio in Croazia. Ma non lo disse mai in pubblico.
Il presidente del Parlamento croato Marko Dosen fa il saluto nazista con l'arcivescovo cattolico Aojzije Stepinac
“L’anti-semitismo era parte integrante della ideologia e della pratica ustascia. Gli ebrei erano obbligati a registrarsi e portare la lettera Z cucita addosso (Zidov, ebreo in croato). Una discriminazione uguale a quella in Germania, con il successivo sterminio nei campi. Persino i tedeschi erano inorriditi dalla crudeltà degli Ustascia. Prima della guerra, nel 1941 c’erano circa 39.000 ebrei in quello che si chiamò Stato Indipendente di Croazia, che includeva Bosnia e Erzegovina, con una parte della Serbia. Inclusi i convertiti alla Chiesa Cattolica Romana, che erano trattati dagli Ustascia come gli ebrei. Di questi ultimi soltanto 9.000 sopravvissero.
“La ideologia ustascia rinasce durante la Guerra ai primi anni ’90 quando la Yugoslavia si disintegra. Alcuni leader ustascia del tempo di guerra rientrano dall’estero, mentre altri avevano già ottenuto posti di rilievo nelle istituzioni croate. Il nuovo regime croato, sin dall’inizio, si caratterizzò per l’antagonismo contro i serbi. La Serbia, governata dal presidente Slobodan Milosevic attaccò la Croazia con quello che rimaneva dell’esercito yugoslavo. Il presidente croato Franjo Tudman decise di usare il ritorno degli ustascia come un revival nazionalistico per combattere sia Milosevic che coloro che in Croazia erano contro il nuovo stato. Tudman non era favorevole agli Ustascia, eppure li giudicò una forza politica in grado di garantire alla Croazia di diventare uno stato indipendente.
“L’attuale governo croato non reagisce, nemmeno in modo blando, al revisionismo. Grida dell’inno ustascia ‘Za dom, spremmi’- pronti per la patria- sono da sempre presenti negli stadi calcistici. Nella prima metà del 2016, una dimostrazione di molte migliaia di persone- in gran parte reduci di guerra- sfilò nel centro di Zagabria gridando quell’inno. Il corteo era guidato dal porta-parola del Parlamento Ivan Tepes, della componente di destra del Partito dei Diritti croato di Ante Starcevic. Scritte con svastiche e grandi U per Ustascia con sopra una croce, erano visibili in tutta la Croazia. Durante la guerra yugoslava, circa 3.000 monumenti eretti in ricordo dei combattenti anti-fascisti e delle vittime del fascismo vennero distrutti dall’esercito croato, dalla polizia e da semplici cittadini. Nessuno di loro venne denunciato.
“Il campo più terribile in quel tempo di guerra era a Jesenovac. Lo ricorda ogni anno una cerimonia sul tentativo, purtroppo non riuscito, di una rivolta dei prigionieri nella primavera del 1945. Jasenovac viene falsamente ricordato invece come un campo di lavoro. Nedjeljko Mihanovic, già speaker del parlamento croato, ha dichiarato che la vita a Jesenovic non era poi così male e che i prigionieri avevano persino messo su un’orchestra. Da notare, anche solo superficialmente, che la Croazia di oggi non rinnega la Shoah. Eppure è stato tentato di tutto per ridurre il numero degli sterminati a Jasenovac, stimati fra gli 80.000 e 100.000. La Croazia cerca di dimenticare i serbi che lì vennero uccisi, un numero persino più alto di quello degli ebrei.
“Con il pesante sostegno della Chiesa cattolica, alcuni cosiddetti ‘storici’ hanno falsamente scritto che Jasenovic era esistito come campo di sterminio ai tempi della Yugoslavia socialista. Questa menzogna sostiene anche che vi furono più vittime dopo la 2a Guerra Mondiale che non durante. Ovviamente tutte invenzioni.
“ Nell’aprile 2016 – a causa della politica più o meno esplicita del governo e in particolare del Ministro della Cultura Zlatko Hasanbegovic- la Comunità ebraica, il Consiglio Nazionale serbo e l’Associazione del Combattenti antifascisti non hanno partecipato alla commemorazione ufficiale di Jasenovac, ma ne hanno organizzata un’altra per conto proprio”.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.