A destra: l'Occidente nasconde la testa sotto la sabbia: il modo più sicuro per capitolare di fronte alla guerra scatenata dall'estremismo islamico
Cari amici,
vi meraviglierete, ma sono d’accordo anch’io col papa: questa non è una guerra di religione (http://www.lastampa.it/2016/07/27/vaticaninsider/ita/vaticano/francesco-il-mondo-in-guerra-ma-non-di-religione-QjGqevvb6FrGPTVayD7SzI/pagina.html). Almeno non nel senso in cui lo è stata la Guerra dei Trent’anni fra il 1618 e il 1648. Non si tratta di stabilire un’egemonia fra stati che avevano religioni ufficiali in fondo non tanto diverse fra loro, come il cattolicesimo e i luteranesimo, che però si consideravano a vicenda eretiche. Se il trattato di Westfalia fosse stato un po’ diverso e per esempio la Boemia fosse rimasta protestante, come poteva certamente capitare, la storia della civiltà europea non sarebbe stata molto diversa; forse qualcosa sarebbe cambiato (in peggio) se i Paesi Bassi fossero stati riconquistati dalla Spagna e obbligati a tornare cattolici (ma forse allora Cartesio, Spinoza e tutti gli altri avrebbero trovato altri luoghi di edizione). Ma in fondo la posta in gioco era allora sì, come sostiene Bergoglio, soprattutto una questione di equilibri economici e politici.
Questa guerra è diversa, riguarda non tanto i dettagli della fede, quanto il modo fondamentale di vita. Mi spiace citare Marion Le Pen, ma è la sola che l’abbia detto in maniera così chiara: è questione di vita o di morte (http://www.meforum.org/blog/2016/07/france-lepen-we-must-kill-islamism). Se vinciamo noi muore l’Islam, per questo l’Islam ha bisogno di uccidere la nostra civiltà. Mi spiego. La cultura occidentale è talmente superiore sul piano economico e tecnologico, ma anche morale e sociale, intellettuale e artistico, scientifico e medico all’Islam (almeno per quanto riguarda gli ultimi otto secoli, più o meno, ma soprattutto per gli ultimi centocinquant’anni) che è vero: il modo tradizionale islamico di vivere, la sua cultura (nel senso antropologico del termine) non può reggere la concorrenza. Inevitabilmente le masse islamiche si occidentalizzeranno, abbandoneranno chi dice loro che la terra è piatta, che le donne sono esseri inferiori, che bisogna vivere come tredici secoli fa eccetera eccetera, aderiranno progressivamente al progresso culturale straordinario che è nato in Europa e negli Stati Uniti, pur mantenendo la loro identità. Questa sfida è già stata vinta col comunismo, con le società asiatiche e lo sarà prima o poi anche con l’Islam, che già ha reso la regione che governa la più infelice e depressa, quella con meno speranze di tutto il mondo, come mostrano le statistiche.
E’ una sconfitta culturale storica, che gli sciocchi chiamano colonialismo e imperialismo (mentre i peggiori colonialisti e imperialisti della storia sono stati proprio le bande musulmane, chiedetelo agli indiani, per esempio, o alle popolazioni africane depredate dai razziatori arabi ben più che dagli schiavisti europei). Di qui, dalla disperazione di una cultura che si vede superata definitivamente è venuta la reazione violenta: prima con le guerre novecentesche contro gli europei e Israele, poi col terrorismo e l’immigrazione usata come un’arma. E’ paura, non trionfo, quel che si deve leggere nella crudeltà islamista. I chierici, i politici, le classi dirigenti islamiche sanno che i loro sudditi non saranno disposti a lungo a vivere nel medioevo e dunque cercano di attizzare una reazione disperata di orgoglio, fatta non di progresso, di cultura, di capacità di risolvere i problemi collettivi, ma di odio, di violenza, di guerra. Del resto basta vedere che cosa si fanno da soli in Siria e in Iraq, in Libia e in Sudan, in Yemen e in Libano. E prima ancora, in Afghanistan, in Algeria, dappertutto. Non esiste uno stato musulmano pacifico non per oscuri motivi teologici, ma perché solo la crudeltà della guerra può tener assieme una civilizzazione fallita.
In questa mossa disperata, l’islamismo ha una fortuna (diciamo pure una concausa): che la cultura occidentale nel momento del suo maggior successo, dopo aver battuto il fascismo e il comunismo, ha perso completamente il senso di se stessa. Che movimenti infantilmente senili (scusatemi l’ossimoro, ma lo trovo vero, perché sono vecchi nel rimpianto di regimi falliti e infantili nell’onnipotentismo del desiderio) come quelli di Sanders (prima di Obama) e di Corbyn, di Podemos e di Syriza, dei grillini da noi e via delirando, conquistino fette consistenti di elettorato alla sciocchezza ideologica più vuota, è già preoccupante - soprattutto se vi si accosta, come è giusto, il nome di Bergoglio. Ma è ancor più preoccupante che a fianco di questo estremismo del paese dei balocchi socialista si sia sviluppato e abbia preso il potere una versione più morbida ma più opacamente burocratica, una socialdemocrazia delle buone intenzioni senza responsabilità, che corrisponde all’azione dell’Unione europea, di Merkel e Hollande e dei governi nordici. In modi più o meno estremi, tutti costoro, vagheggiando accoglienza e solidarietà, hanno rovesciato i governi dittatoriali che tenevano più o meno insieme i loro paesi, scatenando una guerra (questa sì) di religione all’interno del mondo islamico e creando l’anarchia propizia all’assalto dell’Islam all’Occidente, salvo poi prendere pretesto da questo caos per fare entrare i nemici in casa. Predicano ora “pace”, solidarietà, per i nemici “rieducazione” (http://www.lastampa.it/2016/07/28/esteri/europa-serve-una-nuova-strategia-per-rieducare-gli-jihadisti-OQlC497bFXxgmjifCl0X2J/pagina.html), vogliono “arrivare alla sicurezza, ma arrivare a tollerare l’insicurezza”. (http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/07/28/papa-francesco-guerra-religione___1-v-144929-rubriche_c166.htm). Raramente nella storia si è visto un grado simile di stupidità politica. L’Europa ne pagherà le conseguenze per decenni e rischia seriamente di perdere tatticamente (e cioè militarmente) la guerra che ha vinto strategicamente (e cioè culturalmente ed economicamente). A causa di costoro della loro cultura politica pinocchiesco-burocratica, rischiamo davvero di perdere. E non sarebbe una sconfitta come quelle delle guerre seicentesche, con una piazzaforte che passa di mano e cuius regio eius religio, ma la distruzione della cultura europea e il ritorno al medioevo sanguinoso dell’islam.
Ugo Volli