Dove sono il panarabismo e l’Islam? 30/07/2016
Analisi di Mordechai Kedar
Autore: Mordechai Kedar
Dove sono il panarabismo e l’Islam?
Analisi di Mordechai Kedar

(tradotto dall’ ebraico da Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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In verde, il mondo arabo

Un medico coraggioso, ma lontano dalla realtà, ha espresso questa settimana la sua opinione su un giornale arabo. La situazione nel mondo arabo e islamico è caduta così orribilmente in basso, che qua e là abbiamo sentito voci di arabi che semplicemente hanno deciso di più stare zitti. Usano i media per mettere in guardia il mondo su ciò che sta accadendo, nella speranza che qualche responsabile politico legga le loro parole e faccia qualcosa di positivo per aiutarli. Una di queste persone è il Dr. Ali Mahmud Fakhro del Bahrein, diverse settimane fa l’avevo criticato in uno dei miei articoli per il suo tentativo di imputare il terrorismo a disturbi mentali, o a qualcosa di simile. Il 27 luglio scorso, tuttavia, lui ha pubblicato un articolo in arabo sul quotidiano londinese “Al Quds Al Arabi” con il titolo “Dov’è il panarabismo e dove è l'Islam?” Questo articolo è riportato qui sotto nella sua interezza, con le mie spiegazioni tra parentesi. Ecco la traduzione:

“Ci rivolgiamo ai leader dei popoli arabi ed islamici per sapere: siete troppo occupati per accorgervi dei figli di milioni di emigrati arabi e musulmani che vagano ai quattro angoli della terra, bambini che chiedono l’elemosina per le strade, umiliati , piegati tra le gambe dei passanti? I vostri affari sono così importanti che non vi consentono di vedere le loro figlie e le loro mogli soggette a vessazioni morali mentre pregano gli stranieri di dare loro un po’ di cibo o qualche soldo per comprare del latte in polvere per i loro bambini? “I vostri affari sono così importanti che non avete neppure il tempo sufficiente per guardare la TV del vostro Paese – che trasmette lode e gratitudine per tutto il bene che state facendo per il vostro popolo - e vedere le lacrime degli anziani per le percosse subite e gli sfortunati bambini nel deserto del Negev della Palestina occupata, nelle città in rovina di Siria, Iraq, Libia, Yemen, Afghanistan, Somalia e Sudan? “La nazione araba, indebolita, colpita dal disastro, perduta e frammentata, pensa che i suoi leader non abbiano tempo per preoccuparsi di queste cose insignificanti, loro hanno cose più utili e importanti da fare. Devono dirigere la Grande Guerra Islamica tra i movimenti politici islamici salafiti e quelli più recenti (come la Fratellanza Musulmana) e gli altri che sono sicuri di emergere (allude alle lotte e agli ulteriori scismi, sia militari che politici, sotto a delle bandiere religiose ed etniche di cui neppure Allah ha mai sentito parlare).

“Dove sono le parole del supremo e onnipotente Allah, che parlavano di una nazione basata su delle norme, dell’affetto tra i credenti e dell’amore che li lega (alludendo a Corano e Hadith)? Dove sono l’etica e la saggezza di Maometto (che si trova nelle opere dell'Islam)? Dove sono i diritti, la giustizia, la dignità, l’equilibrio, le buone azioni, l’uguaglianza e le parole di verità? Dov’è il timore di Allah? In altre parole, dov’è l'islam, quando si guardano le nazioni islamiche e i regimi musulmani? Nel mondo dei musulmani c’è davvero l’islam di Maometto, c’è il Corano, ed esiste una missione celeste?

“La risposta suona forte e chiara. I leader arabi e musulmani sono i responsabili della risposta negativa, straziante e ignobile, e lo sono di fronte al loro popolo e al Signore dell’universo. Questa può essere una conclusione assai dolorosa e difficile da accettare, ma esprime correttamente e in modo preciso i sentimenti di paura, disperazione e isteria che si stanno diffondendo ad una velocità vertiginosa tra i cittadini delle nazioni arabe e islamiche. Questi sentimenti faranno esplodere deflagrazioni senza sopravvissuti, o porteranno ad apatia e mancanza di fiducia nell’efficacia di qualsiasi lotta o attività politica nei paesi arabi che soffrono.

“E se alcuni leader (allude a quelli di Arabia Saudita, Egitto, Giordania ed Emirati) ritengono che la via d’uscita dalla crisi della miseria che caratterizza il pan-nazionalismo arabo e le comunità religiose islamiche, sia quella di giungere ad un accordo con l’entità sionista nella Palestina occupata, o organizzando colloqui con le organizzazioni sioniste internazionali al fine di ottenere il loro aiuto per rovesciare un regime arabo o islamico o un altro (allude all’Iran), farebbero bene a rendersi conto che i sionisti useranno i loro soldi e territori per raggiungere i loro ben noti obiettivi colonialisti sionisti, che comprendono gli insediamenti, obiettivi che si possono trovare nei loro scritti e nelle dichiarazioni fatte nei loro congressi. Dopo di che, ci getteranno nel mucchio della spazzatura della storia o in un inferno caotico.

“Quanto sopra è anche vero quando si tratta di rivolgersi per aiuti all’ America, all’Europa, alla Russia o a qualsiasi altro Paese. L’esistenza araba, l’entità conosciuta fin dagli inizi della storia, è alle prese con un grande pericolo e deve essere sottoposta a forti cambiamenti, altrimenti sarà rimossa dal quadro culturale internazionale e verrà resspinta al confine del genere umano. L’Islam è stato messo alla prova dal momento in cui il folle e irrazionale jihad Takfîr (che definisce tutti i non-musulmani come eretici e che quindi possono essere macellati) ci ha portato in conflitto con il mondo intero.

“Tutto questo non ha alcun effetto sulle menti o sulle coscienze dei leader del mondo arabo, non li spinge a fare uso della solidarietà e dell’amicizia araba, che sarebbe il risultato atteso, e neppure a rivolgersi ai dettami e agli obblighi richiesti dalla religione dell’islam. Questo è il motivo per cui non hanno il diritto di gestire la sala di controllo della nave che affonda senza l’aiuto di altri che altrimenti affonderanno con loro.

“Nessuna delle istituzioni, delle organizzazioni, nessuno dei movimenti che sostiene di star lavorando per rafforzare l’unità nazionale araba e la cooperazione islamica, è in grado di fornire delle risposte alle esigenze dell’attuale periodo storico, così complesso e pericoloso. Perciò essi devono togliere se stessi dal quadro e scomparire del tutto, in modo che al loro posto possano sorgere istituzioni nuove, organizzazioni, partiti e forme di governo che siano in grado di accettare la responsabilità per rafforzare i popoli nazionali arabi e religiosi, in un modo dinamico, intelligente e serio.

“O leader e voi che siete in posizioni di responsabilità, abbiate pietà di voi e di noi, prima che sia troppo tardi”.

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Islam moderato e radicale

E’ così che finisce l’articolo del buon dottore. Le sue parole sono senza dubbio chiare e importanti, ma al di là della sua critica sul dialogo che alcuni Paesi arabi e islamici hanno instaurato con Israele, non ha proposte tangibili, perché quando lui chiede la dissoluzione delle strutture organizzative esistenti oggi nel mondo arabo, non suggerisce nulla degno da essere messo al loro posto. Quando il panarabismo aveva cercato di avanzare, ha mai avuto una storia solida, a lungo termine, nel mondo arabo? I 1400 anni di storia islamica sono stati forse pieni di pace e tranquillità tra gli stessi musulmani? Il Dr. Fakhro, con nostro grande dispiacere, vede la situazione miserabile, capisce che il problema è di ampio respiro, ma ignora l’unico modo per superarlo: cambiare il modo con il quale coloro che sono in Medio Oriente vedono l’ “altro”, cioè come nemico per definizione. Fino a quando gli arabi e i musulmani si vedono vicendevolmente come nemici perché appartengono a tribù, religioni e gruppi etnici diversi, non ci sarà alcuna attenzione per le sofferenze delle nazioni arabe e islamiche, lo spargimento di sangue aumenterà e il flusso di rifugiati continuerà a crescere. Israele non è il problema del mondo arabo e musulmano, lo è la loro cultura problematica. Il Corano dice: “Allah non ripara le persone fino a quando non si riparano da sole”. Forse sarebbe una buona idea per il buon dottore studiare le proprie fonti.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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