Sono bravi ragazzi che fanno ciò che hanno sempre fatto i loro avi 24/07/2016
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Autore: Ugo Volli

Sono bravi ragazzi che fanno ciò che hanno sempre fatto i loro avi
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: il Corano da imporre con le armi, ecco gli ingredienti del terrorismo islamico

Cari amici,

da quel che ho capito quando scrivo questa cartolina, l’attentatore di Monaco - l’ennesimo di questo momento di attacco islamista all’Europa - è un “diciottenne, tranquillo, di origini iraniane.” E’ necessario fare un pensiero su queste sue caratteristiche.

Partiamo dall’iraniano, che è la caratteristica differente, rispetto agli attentatori più recenti. Iraniano, quindi probabilmente sciita. Iraniano, quindi sicuramente nemico dell’Isis, che dopotutto è un’organizzazione araba nata per contrapporsi alla presa del potere sciita in Iraq e dall’imperialismo dell’Iran in Iraq e Siria (ma anche Libano, Yemen ecc.). Questa identità conferma che il terrorismo non è solo sunnita ma anche sciita, come si era visto del resto in tante occasioni: la strage del centro ebraico di Buenos Aires, quella di Burgas in Bulgaria, quella contro i Marines americani in Libano, per citare tre casi in cui gli agenti erano sciiti di Hezbollah, come sempre al soldo e al comando dell’Iran. Non esiste un islam teologicamente buono (quello sciita) e uno cattivo (quello sunnita). Ci sono diverse correnti musulmane (come ce n’è diverse cristiane).

Ma quelle che aderiscono agli insegnamenti del Corano e all’esempio di Maometto sono tutte aggressive, violente, nei termini attuali terroriste. Ritengono loro compito conquistare con la forza il mondo non islamico (inclusi i musulmani di correnti diverse dalla loro), piegare o meglio eliminare chi vi appartiene, impadronirsi delle sue terre e dei suoi beni. L’islam meno aggressivo, che esiste, è semplicemente il risultato di un compromesso con la modernità, di una tiepidezza religiosa individuale o collettiva, dell’ammissione implicita dell’inadeguatezza della tradizione religiosa al mondo contemporaneo. Per questa ragione l’Islam “vero”, cioè quello tradizionalista, è nemico mortale di queste forme “degenerate”. Fra la modernità, intesa come progresso e dunque come diritto individuale e collettivo all’innovazione, dunque alla libertà di pensiero, dunque alle scelte personali, e questa tradizione rigida e conservatrice, in cui anche la possibilità di interpretazione del Corano è stata dichiarata chiusa otto secoli fa, vi è una lotta mortale. Se vive la modernità come noi la conosciamo, l’islam “vero” muore; dove l’islam vive e prevale, elimina la modernità, di solito nelle forme di ucciderne sistematicamente i portatori, o anche solo i sospetti, chiunque dissenta. Questa è la ragione di fondo per cui siamo in guerra, che lo vogliamo o no. Perché anche se siamo indifferenti o tollerantissimi in materia religiosa, o forse soprattutto in questo caso, non è possibile distaccare il nostro stile di vita, il sistema di relazioni e di diritti in cui viviamo dalla libertà individuale di scelta e di pensiero. E l’Islam, parola che significa letteralmente sottomissione è l’opposto della libertà.

Rapidamente, le due altre caratteristiche. L’attentatore è diciottenne, secondo noi giovanissimo. Secondo noi, non secondo le società che ci attaccano. E’ lo stesso che accade in Israele, in cui coetanei del terrorista di Monaco (o di quello del treno di Wurzburg di quelche giorno prima) spesso accoltellano donne, bambini, vecchi, chiunque quei vigliacchi sospettino sia facile da attaccare. Il fatto è che questi sono presentati come bambini solo ai media occidentali; ma quella è l’età in cui da sempre nelle società militari si incomincia a combattere. Non bisogna pensare che la nostra adolescenza prolungata, l’idea che i giovani si debbano soprattutto divertire senza soffrire sia condivisa dall’Islam (né da molte altre società antiche). Questa è un’altra prova del fatto che gli immigrati islamici non si integrano, non abbandonano la loro forma di vita, anche se assumono alcuni aspetti superficiali del comportamento previsto dalla nostra cultura.

“Tranquillo”: è quel che si dice continuamente di queste persone. O sono tranquille e normali o magari ancor di più, “depresse”. Senza comportamenti particolari. Non hanno la faccia da Frankenstein, non girano con le mani sporche di sangue. Dunque devono essere stati presi da un “raptus”, devono essere “impazziti”, o essere stati “fanatizzati”, ma molto rapidamente, perché se no si sarebbe visto. Quel che queste osservazioni mostrano di non capire è che il terrorismo non è vissuto negli ambienti islamisti come un crimine o un gesto estremo, ma come una realizzazione, un modo di eccellere nel compiere il proprio dovere. Questo si vede bene nelle reazioni della famiglie da cui vengono i terroristi palestinisti: sono davvero fiere, contente della “bella azione” fatta dal loro figlio. E se muore, ci può essere un po’ di malinconia; perché lui sarà felice in paradiso con le sue 72 vergini da violentare e la famiglia potrà facilmente sostituirlo con un altro figlio o nipote; tanto l’individualità non conta. No, non sono matti, né teppisti generici, e nemmeno pazzi. Sono bravi ragazzi islamici che fanno il loro dovere di eliminare gli infedeli e liberare il mondo, così come hanno fatto i loro avi da 1400 anni in qua.

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Ugo Volli