I versi del Corano e il silenzio dei complici 04/07/2016
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Autore: Ugo Volli
I versi del Corano e il silenzio dei complici
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

il terrorismo si espande in tutto il mondo ed è diventato ormai un metodo normale di lotta politica per i gruppi musulmani. Il riferimento all’Isis è propagandistico per loro e frutto di pigrizia mentale per noi, che ci rifiutiamo di capire che dovunque ci sia un contrasto sociale o territoriale o etnico o religioso, che con altri protagonisti sarebbe condotto per via politica o perfino militare, dai musulmani viene sviluppato col terrorismo. La distinzione fra civili e militari, fra metodi leciti e criminali di lotta, fra crudeltà e pietà per loro non esiste: la sola distinzione è fra coloro che appartengono alla loro stessa religione e gli altri.

Questo test viene fatto spesso, come nel caso di Dacca (ma era già successo nell’assalto al centro commerciale in Kenia e in molti dirottamenti aerei) viene condotto, ci viene spiegato, facendo leggere o recitare il Corano. Ma non si tratta di una prova di alfabetizzazione o di conoscenza linguistica, come sembrano capire i giornalisti che ne parlano. Quel che i terroristi fanno leggere alle loro potenziali vittime è la prima sura (capitolo), chiamata Al-Fâtiha (L'Aprente), che è una vera e propria dichiarazione di fede. Si legge nel commento alla più diffusa edizione online del Corano (http://www.corano.it/corano_testo/1.htm): “La Fâtiha è l'invocazione ad Allah (gloria a Lui l'Altissimo) più nota e sentita[...] con riferimento ai suoi sette versetti, la recitazione dei quali è obbligatoria nell'assolvimento dell'adorazione rituale. Recitando la prima parte di essa, il devoto testimonia la sua fede nell'Unità di Allah (tawhid), qualificandoLo con i Suoi attributi più belli, riconosce la Sua assoluta autorità su questo mondo e sull'Altro, Lo identifica come l'Unico destinatario dell'adorazione e della richiesta di aiuto”. In sostanza, quel che esigono i terroristi per salvare le loro vittime non è che conoscano il Corano o l’arabo, ma che si proclamino musulmani. Solo i musulmani meritano di vivere. E’ lo stesso concetto che viene più velocemente esposto nel grido rituale “Allahu Akbar” dei terroristi prima di uccidere e farsi ammazzare: una dichiarazione teologica e non politica.

Questo accade in tutto il mondo, ormai sempre più spesso anche in Europa, grazie alle sciagurate politiche di “accoglienza” delle Merkel, dei Bergoglio, dei governi “progressisti”. Ma in tutto il mondo i governi, anche quelli di paesi che si dicono musulmani e composti da politici di fede islamica, cercano di opporsi all’emergere pratico del terrorismo, anche perché i danni che esso provoca vanno ben al di là da quelli pur terribili inferti alle vittime dirette degli attentati. Come dagli attentati precedenti è stato distrutto il turismo tunisino e quello turco è in serio pericolo, così anche l’industria tessile del Bangladesh riceverà gravissimi danni dall’ultima strage. E la vita dei più miseri di questi paesi poveri sarà devastata, il che peraltro ai terroristi non interessa, perché sulla disperazione delle masse sperano di prosperare.

A questa condanna generale, perfino un po’ rituale, che evita di prendere in considerazione il progetto politico del terrorismo per qualificarlo come “follia”, “criminalità”, “insensatezza” (il che non è vero, perché si tratta di lucide tattiche di guerra), c’è una sola eccezione: Israele. Non solo Hamas, che appoggia esplicitamente il terrorismo (e lo organizza, quando può, guardate qui un video che spinge all’assassinio di un deputato israeliano, Yehuda Glick, che già si è salvato per miracolo da un tentativo del genere due anni fa; guardatelo, ne vale la pena: https://www.youtube.com/watch?v=2JuIz8FysnA), ma anche la “moderata” Autorità Palestinese si rifiuta di condannare il terrorismo, anche nei casi più atroci e vili, come l’assassinio di una bambina di dodici anni nel sonno avvenuto tre giorni fa, e nonostante le pressioni internazionali (http://www.timesofisrael.com/abbas-refusing-to-condemn-terror-surge-not-taking-calls-from-world-statesmen/). Questo silenzio è visto dai terroristi come un incoraggiamento e un’approvazione (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Escalation-Mahmoud-Abbas-is-silent-and-the-Palestinians-see-consent-459291), del resto mai negata a posteriori per qualunque atto terroristico. E’ già certo che la famiglia dell’assassino della ragazzina di Kiryat Arba inizierà dal mese prossimo a ricevere il regolare stipendio che l’Autorità Palestinese riserva a tutti i terroristi e alle loro famiglie, se sono morti “in azione”. E magari a suo nome dedicheranno piazze, giardini, scuole, tornei di calcio come continuano a fare con Dalai Mughrabi, per esempio, a trent’anni dall’orribile strage di ragazzini da lei commessa dopo aver sequestrato un autobus (https://en.wikipedia.org/wiki/Dalal_Mughrabi).

Ma non c’è solo l’Autorità Palestinese, che è figlia legittima di Al Fatah e Olp, che sono state annoverate da tutti fra le organizzazioni terroristiche, fino a che la sinistra israeliana fece l’errore tragico di sdoganarle con gli accordi di Oslo. C’è per esempio l’Organizzazione della Conferenza Islamica (Oci), una sorta di Onu musulmano ignota ai più ma potentissima, cui Bat Ye’or ha dedicato molta giusta attenzione. Israele nei giorni scorsi ha fatto moltissima fatica per eliminare da una risoluzione dell’Onu contro il terrorismo gli emendamenti dell’Oci, il cui contenuto era che “le lotte di liberazione nazionale e di autodeterminazione” comunque condotte, anche ammazzando bambine nel loro letto, “non costituiscono terrorismo” (http://www.jpost.com/Diaspora/Israel-thwarts-attempt-to-insert-language-justifying-terror-in-UN-resolution-459293).

E a proposito di silenzi, avete sentito una condanna di Obama degli ultimi assassinii in Israele, anche se la vittima, come la bambina di Kiryat Arba, era cittadina americana? Anche se subito dopo un razzo di Hamas ha distrutto un asilo nido, solo per fortuna vuoto in quel momento (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Rocket-strikes-public-building-in-Sderot-459265)? L’ha fatto qualche altro leader politico o religioso, il “buon” papa Bergoglio, così comprensivo nei confronti degli invasori islamici, ha fatto capire che ammazzare i bambini non è una buona cosa? Si è scandalizzata l’Europa, ha protestato come fa quando un ebreo compra una casa in un quartiere di Gerusalemme oggi abitato in prevalenza da arabi? Il governo israeliano ha deciso, in memoria della bambina uccisa di dare il via a un certo numero di costruzioni a Kiryat Arba, secondo una tradizione sionista di costruire una casa sul luogo di attentati (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Netanyahu-Liberman-approve-42-new-housing-units-in-Kiryat-Arba-following-teenagers-murder-459302). Vogliamo scommettere che l’Unione Europea protesterà per questo e non per la catena di omicidi? Perché il silenzio di Obama, del papa e dell’Europa, o le parole di circostanza, non sono altro che un velo sopra una sostanziale complicità. Sono sicuro che se Obama fosse stato nel locale di Dakka, lui che ha avuto un’educazione islamica in Kenia, avrebbe saputo recitare quella prima sura del Corano - magari con qualche compiacimento.

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Ugo Volli


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