Angelo Pezzana
Il funerale di un soldato israeliano
L'estrema, totale pratica delle libertà democratiche rendono in Israele estremo e totale anche il dibattito politico su temi e discussioni che, in altri paesi, verrebbero catalogati senza ulteriori approfondimenti. Come avvenne in Italia durante gli anni del terrorismo, quando quelle componenti auto-definitesi ‘rivoluzionarie’ avevano cercato di presentarsi quali ‘resistenti’, ‘combattenti per la libertà’, nel tentativo di convincere l’opinione pubblica della giustezza dei loro crimini contro cittadini indifesi, in nome di una nuova guerra partigiana.
Qualcosa di simile sta accadendo in Israele, dove il terrorismo palestinese non veste più soltanto i panni dell’attentatore di strada o di chi si suicida per provocare una strage per ubbidire a un fanatismo religioso che esalta la morte invece della vita. Ci sono questi, ma la categoria dei ‘terroristi presentabili’ si è arricchita di nuovi rappresentanti per dare un nuovo significato alle parole. Perché definire terroristi, quando chi si macchia di crimini orrendi lo fa in nome della libertà di un popolo?
La storia è piena di esempi nei quali l’attentato, persino la strage, era motivato da profondi ideali di giustizia. Perché, allora, non smetterla di chiamare terroristi quegli uomini, donne, bambini che uccidono, si fanno esplodere, sentendosi dei ‘combattenti per la libertà’? Del loro popolo, dicono, ottenendo risultati da non sottovalutare, essendo la storia del Medio Oriente – e di Israele in particolare – sottomessa alla narrativa di parte arabo-palestinese, con l’esclusione – sempre e comunque - delle ragioni di Israele. Un esempio recente è quello di Zouheir Bahloul, un deputato del partito ‘Unione Sionista’, il quale ha dichiarato che “attaccare i soldati con la volontà di ucciderli, non deve essere considerato un atto di terrorismo” (solo nella democratica Israele può succedere che un partito con quel nome elegga un rappresentante che sostiene posizioni simili!). Se i soldati sono il simbolo dell’occupazione, allora è giusto ucciderli. Viene cancellata tutta la storia, almeno dal 1948 a oggi, di tutte le guerre che Israele ha dovuto combattere per difendersi, ha diritto di esistere soltanto la vulgata palestinista, nella quale il terrorista diventa, appunto, un ‘combattente per la libertà’, non più un assassino.
Dietro la parola magica ‘occupazione’ sappiamo invece che c’è l’obiettivo di distruggere lo Stato ebraico, non di crearne uno arabo, l’ennesimo, ma di negare agli ebrei il diritto a vivere nel loro proprio stato, per sostituirlo con un Califfato, perché questo è quanto ci insegnano le guerre civili che stanno distruggendo stati e popolazioni in Medio Oriente. La cecità, per non dire di peggio, dei commenti sui media occidentali, e le posizioni di governi e istituzioni internazionali, è impressionante. Invece di sottolineare l’esempio di Israele, che continua a mantenere forte il proprio sistema democratico pur vivendo da sempre sotto attacco, con un parlamento dove si possono esprimere tutte le opinioni, anche le più aberranti, come quelle di Zouheir Bahloul, si continua con insistenza a presentare la soluzione dei due stati per due popoli, quando è ormai chiaro a chiunque abbia una anche minima conoscenza della storia mediorientale, che l’obiettivo palestinista non è uno stato accanto a Israele, ma l’appropriazione di quello degli ebrei. Quando ci sarà un premier occidentale a riconoscerlo apertamente? Ci vuole poi tanto coraggio a dire chiaro e forte ‘il Re è nudo’?
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