Jihad, la spiegazione che non regge 19/06/2016
Autore: Mordechai Kedar
 Jihad, la spiegazione che non regge
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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Ali Mahmoud Fakhro

Gli intellettuali musulmani tentano di spiegare il Jihad mediante la psicanalisi di Freud, ma non sta in piedi. Il Jihad ha raggiunto Orlando, la città che evoca ricordi pieni di divertimento a Disney World per famiglie provenienti da tutto il mondo, mentre degli intellettuali musulmani stanno dandosi da fare per trovare il modo di spiegare cosa è successo.
Ovviamente, non possono negare il fatto che i massacri perpetrati da musulmani si stanno verificando con sempre maggiore frequenza e che hanno come obiettivo sia musulmani sia infedeli, ma è difficile per loro convivere con il fatto che si dica che questi bagni di sangue sono attuati in nome della loro religione, dal momento che essi stessi non promuovono la violenza.

Un esempio degli sforzi degli intellettuali per affrontare “la violenza in nome dell'Islam” è l’articolo di uno psicologo che vive in Bahrein, il dottor Ali Mahmoud Fakhro, sul giornale pan-arabo con sede a Londra Al Quds Al Arabi , dal titolo: “La violenza del Jihad Takfeeri e la psicologia”. (Nota: Il termine Takfeeri definisce una persona, musulmana o no, come eretica e di conseguenza può diventare facile bersaglio della violenza).
Quello che segue è l'articolo, riportato quasi nella sua interezza:

“La maggior parte degli sforzi per comprendere il fenomeno della violenza del Jihad Takfeeri, si concentra sulle ragioni sociali e culturali che vi stanno dietro, così come sull’opportunismo politico che esso incarna. Poco è stato scritto sul profilo psicologico e sulle cause del fenomeno, ma la maggior parte dei folli comportamenti che sono contrari a un equilibrio mentale e psicologico, e ai valori umani, che sfuggono ad ogni spiegazione logica e religiosa, e che vengono perpetrati quotidianamente da singoli e gruppi di jihadisti islamici Takfeeri contro degli innocenti, non può che essere spiegata attraverso teorie psicologiche o argomentazioni attinenti alla psicologia.
Sigmund Freud, il padre fondatore della psicoanalisi, è giunto alla conclusione che la parte cosciente del comportamento razionale è solo la punta di un iceberg, la piccola parte al di sopra di ciò che l’occhio può vedere. La grande parte nascosta è il subconscio, l’ignoto: quella parte che controlla le nostre azioni coscienti, le dirige e decide come devono essere. L’inconscio, di conseguenza, sta alla base della nostra personalità e determina il modo in cui ci comportiamo nel nostro ambiente.
“Quel che attiene al nostro tema sono i risultati delle ricerche svolte da Freud e da altri psicologi, che hanno studiato la formazione dell' inconscio sconosciuto, hanno analizzato gli istinti umani selvaggi e animaleschi, le inclinazioni aggressive e i sentimenti che gli permettono di trasformarsi in un sadico e violento assassino. Nel momento in cui si unisce ad altri come lui, il gruppo si trasforma in un’entità distruttiva.
“In questo angolo oscuro dell’animo umano, pieno di segreti e contraddizioni, la voglia di vivere e la volontà di morire sono una a fianco dell’altra. Ecco perché, a quelle inclinazioni ed eccitazioni distruttive e facilmente esaltabili, si devono imporre dei criteri di comportamento accettabile e delle briglie di controllo; possono essere vincoli che poggiano sulla cultura, sullo stato di diritto e su norme sociali, ma poi quegli individui dovranno essere analizzati e trattati al fine di farli uscire dal buio dell’inconscio anomalo e portarli alla luce di una mentalità conscia, intelligente e equilibrata.
“La domanda di fondo è: che ruolo svolge il bagaglio religioso irrazionale ed estremista sorto da una comprensione errata del Corano e dei detti orali (Hadith) del Profeta, nel determinare l’ eccitazione criminale degli elementi peggiori del cuore e dell’inconscio umano, trasformando una persona razionale, morale e stabile in un animale selvaggio?
“Certo, possiamo rimuginare su questa domanda e chiederci: perché tutti i sentimenti pericolosi e i desideri presenti nell’inconscio del jihadista, esplodono con una maschera religiosa, in nome dell’islam? Che fare per imporre ai criminali di vergognarsi del proprio comportamento? In altre parole, la religione viene utilizzata per rimuovere tutti gli ostacoli e le limitazioni imposti all’uomo dalla cultura, dal diritto e dalla morale, per impedire che agisca d’impulso, senza controllo, né punizione?
Se questo è il caso, chi sta usando che cosa? La religione male interpretata utilizza l’inconscio per giustificare la sua esistenza e diffondere i suoi ordini e raggiungere gli obiettivi spregevoli dei suoi leader? O è l’inconscio che sta utilizzando la santa religione e il grande rispetto che la gente ne ha, per giustificare le sue manifestazioni irrazionali e folli?
“Non importa quale sia la risposta a queste due domande, è indiscutibile che esiste un forte legame tra il fenomeno del Jihad Takfeeri, folle e terrorista che vediamo nel comportamento dei suoi leader e dei suoi seguaci, e un buon numero di argomentazioni di uso comune e di interpretazioni della psicologia moderna. “Questo spiega in parte quello che abbiamo notato: il fatto che molti giovani si sono uniti ai jihadisti Takfeeri mentre altri si rifiutano di farlo, anche se vivono in condizioni simili e soffrono di problemi economici, politici e sociali identici.
Si vede che alcuni sono psicologicamente pronti e altri non lo sono ...
“Di conseguenza, non bisogna stupirsi del fatto che una grande quantità del piano perverso del Jihad Takfeeri, strumentalizzi la religione per risvegliare desideri repressi e crearne di nuovi, anche se la religione che viene impiegata non ha alcun legame con l’Islam, la sua grande missione e i suoi valori, la sua richiesta di libertà da ogni tipo di schiavitù, con l' essere a favore di uguaglianza, misericordia e pace. Gli psicologi arabi devono studiare questo fenomeno, al fine di comprendere appieno la follia che ha portato gli arabi a imporre questo inferno spaventoso e distruttivo.”

Questo è l’articolo dello psicologo del Bahrain, riportato quasi integralmente.
Il suo tentativo di collegare la violenza jihadista a problemi psicologici conduce a un vicolo cieco ancora più complicato, come accade a quelle persone con problemi psicologici che parlano delle loro azioni devianti e che riescono persino a spiegarle in termini che loro ritengono razionali, ma queste persone sono, per la maggior parte, individui, ciascuno chiuso nei propri problemi e con una propria giustificazione.
Quando vediamo una moltitudine di persone, molte migliaia, che agiscono in maniera deviante, e tutti forniscono la stessa identica spiegazione per quello che stanno facendo, noi stiamo parlando di una norma collettiva, non di pochi individui devianti. E dato che questo grande gruppo si diffonde in molti paesi e continenti, i cui membri provengono da etnie diverse, con varie estrazioni sociali, politiche ed economiche, uomini e donne, giovani e vecchi, colti e ignoranti, dove ogni violenza è commessa in nome della stessa religione, non stiamo parlando di un comportamento deviante che proviene dal subconscio - che, per definizione è differente da una persona all’altra - ma di un comportamento razionale e acquisito, che trova la sua motivazione in testi e idee assorbiti e trattati con la comprensione, l’accordo, l’interiorizzazione, l’arruolamento e l’azione.
Testi ben chiari nel Corano e negli Hadith, stabiliti da Maometto, che appaiono nelle sue biografie, sul controllo del mondo; le vite dei primi califfi e i libri di storia islamica descrivono con dovizia di particolari la massiccia conquista dell’Islam dei primi secoli della sua esistenza e quello che i conquistatori hanno fatto alle popolazioni che hanno sottomesso: queste sono le componenti di una sola, unificante spiegazione per tutte le migliaia di jihadisti Takfeeri provenienti da ogni parte del mondo.

Non stiamo parlando di individui che indossano una maschera religiosa, dietro la quale si nasconde la violenza del subconscio, ma della promulgazione draconiana di idee e di ordini che si trovano nella coscienza dell'islam.
Questo è il motivo per cui l’analisi psicologica portata dal dottor Ali Mahmud Fakhro, non è altro che una scusa debole e a buon mercato, il cui intento è quello di dare l’impressione che il Jihad Takfeeri sia condiviso solo da pochi pazzi, ognuno dei quali con proprie confuse motivazioni.
Il suo articolo sulla stampa araba londinese è solo un esempio del tentativo di rimozione da parte di arabi e musulmani della loro impreparazione, il non essere in grado di confrontarsi con i versetti coranici inequivocabili, le chiare parole degli Hadith e i precedenti che appaiono in tutto il loro orrore nella storia islamica;.I comportamenti dei jihadisti riflettono la violenza incorporata in tutte queste fonti, come pure i sistemi che devono essere adottati per diffondere la fede islamica, nel caso in cui la predicazione risulti inefficace.

Anche il quadro di dissimulazione che il Dr. Fakhro presenta, che contiene un Jihad Takfeeri cattivo in contrasto con un Takfeeri buono, è un modo per gettare sabbia negli occhi dei non musulmani, perché l’intero Jihad si basa sulla divisione in credenti ed eretici, e i credenti hanno il dovere di combattere gli eretici.
Ciò che lo preoccupa è quando un musulmano dichiara un altro musulmano eretico, ma fino a quando il Jihad è rivolto contro i veri eretici - membri di altre religioni - il Jihad non è Takfeerii e, pertanto, può anche essere accettabile.
È giunto il momento per il Dr. Fakhro e i suoi amici intellettuali di studiare le radici islamiche della violenza contro chi appartiene ad altre religioni, discuterne con loro, prima che questa violenza li porti a una fine devastante, fine che condivideranno con noi, giudicati i veri infedeli.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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