Riflessioni elettorali 15/06/2016
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Autore: Ugo Volli
Riflessioni elettorali
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: il cavallo di Troia del terrorismo islamico entra in Europa: "Lasciateci entrare, siamo soltanto poveri rifugiati..."

Cari amici,

siamo nel bel mezzo di un ciclo elettorale importantissimo. Fra un anno il mondo (o almeno l’Occidente in cui le elezioni hanno un senso, sarà probabilmente molto diverso da oggi. Domenica prossima abbiamo le elezioni comunali italiane, in cui si gioca il controllo solo di alcune città, ma importanti. A metà della settimana prossima si gioca il referendum inglese sull’uscita dall’Unione Europea, di cui gli elettori britannici giudicheranno le politiche con una scelta che potrà significare la differenza fra un continente che segue la guida burocratica di Bruxelles verso il suicidio collettivo o decide di tornare sui suoi passi, rinunciando per salvarsi anche a qualche importante strumento. Domenica 26 è la volta della Spagna, che si è fatta catturare dalla sirena della demagogia di sinistra, tanto da aver reso impossibile un governo e deve decidere se continuare su questa strada, presumibilmente raggiungendo la Grecia nel disastro, o ridare il potere ai Popolari. Dopo la pausa estiva si vota negli Stati Uniti, e questa è l’elezione più importante di tutte, su cui ho già scritto parecchio. Ci sarà il referendum italiano sulla riforma costituzionale, in cui Renzi si gioca la sopravvivenza politica, e in seguito le elezioni politiche in Germania e quelle presidenziali in Francia. Se l’uscita dall’Unione Europea avrà successo, si voterà anche in Gran Bretagna. Ho citato solo le occasioni più importanti, ma ce ne saranno diverse altre.

In tutte queste elezioni a me sembra che si possano identificare più o meno tre tendenze - naturalmente con molte differenze locali. Una è la prosecuzione della situazione attuale, dominata da un’egemonia progressista più o meno “moderata”, che da un lato è riuscita a tenere in piedi l’economia superando la crisi degli scorsi anni (o piuttosto ha lasciato che le forze economiche trovassero un equilibrio non certo entusiasmante, ma nemmeno catastrofico come si diceva qualche anno fa), ha condotto una politica estera piuttosto disastrosa sotto la guida di Obama, sta favorendo in molti modi - in primo luogo con l’appoggio all’immigrazione selvaggia - la distruzione culturale e politica dell’Occidente. Queste forze centrali sono in crisi perché non hanno svolto il compito chiaramente indicato dall’elettorato di opporsi all’invasione islamica e alla burocratizzazione della società e devono far fronte a due minacce.

Una è a sinistra e punta, sotto slogan seduttivi e comunicazioni giovanilistiche, a riportare fuori dalla spazzature della storia il vecchio socialismo, l’economia dirigista, l’odio per il capitalismo e il mercato, che si coniugano regolarmente con l’antisemitismo, magari travestito da anti-israelismo. Le facce e i nomi sono diversi, da Syriza a Podemos, da Corbyn a Sanders, fino ai nostri grillini. Ma il rischio è lo stesso: la deriva verso una società pianificata e autoritaria (anche se questi movimenti si travestono da libertari), l’aumento ulteriore dei fattori di crisi politica ed economica, l’appoggio ideologico all’invasione islamica sotto pretesti “sociali”. Ciò che meraviglia è che la dimostrazione empirica mille volte ripetuta dei disastri economici politici e sociali di queste linee non è bastato a escluderle dall’immaginario collettivo. Le politiche socialiste sono fallite nella miseria e nel sangue in Cina e in Russia, nell’Est europeo a Cuba e in maniera grottesca ancora opprimono la Corea del Nord. Di recente hanno portato alla miseria la Grecia e ancor peggio il Venezuela, che pure è ricco di petrolio. Ma la nostalgia ideologica non si è spenta per questo, anzi ha contagiato ambienti che una volta le resistevano, come i vertici della Chiesa, la presidenza americana, le più serie istituzioni accademiche.

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Dall’altra parte vi è una controspinta, che rifiuta il socialismo, l’immigrazione selvaggia, la burocrazia europea e quella che Obama ha molto rafforzato in America. Potrebbe essere e spesso è la reazione sana di una società che non vuole farsi imprigionare in un superstato burocratico e che non vuole nemmeno il suicidio culturale, che è consapevole dei propri valori e della propria specifica identità. Dato però che i tradizionali portatori di queste politiche, cioè le forze di centro, spesso hanno assunto il linguaggio e le politiche della sinistra (il caso della Merkel è emblematico al riguardo), questa domanda politica che è democratica e sana è rimasta quasi dappertutto senza un’offerta corrispondente. I valori liberali hanno vinto nella pratica politica ed economica, ma sono orfani, generalmente privi di organizzazioni che li difendano. E dunque questa domanda è confluita a destra, spesso appoggiandosi su movimenti che hanno ascendenze collegate ai fascismi della prima metà del secolo scorso, anche se oggi nessuno di loro predica più quell’ideologia e soprattutto quella pratica: la violenza politica è oggi tutta a sinistra; in Italia per esempio l’espressione attuale del fascismo sono i centri sociali che cercano di impedire con la violenza a Salvini di parlare, non certo la Lega. Il rischio è però che anche in questo caso le origini riemergano, che ci sia a destra un ritorno del rimosso come c’è già a sinistra. E che ci si trovi di fronte di nuovo a uno scontro fra fascismo e comunismo, quest’ultimo appoggiato dalla presenza sempre più massiccia dell’Islam, che peraltro gli deve il biglietto di ingresso in Europa.

Dovremo riprendere spesso questo ragionamento, temo, perché questa situazione è ormai sclerotizzata e le occasioni di mettere alla prova il braccio di ferro, come vi dicevo, si moltiplicheranno. Per ora vorrei trarne delle conclusioni che ci riguardano. L’Italia non è certo al centro di questo scenario, ma a modo suo contribuisce e può risentirne più o meno gli effetti, a seconda di come scelga. Per questa ragione credo che il voto di domenica, anche se è solo amministrativo, vada valutato per i suoi effetti politici. Per questo a Milano io voterò per Parisi, che non solo non ha dietro di sé l’ombra di un bilancio molto problematico dell’Expo, ma soprattutto non si è preso in lista una candidata legata agli ambienti della Fratellanza Musulmana (che è un importante retroterra del terrorismo islamico), come ha fatto Sala. A Roma e a Torino non voterei per le candidate grilline, non solo perché Fassino è stato un buon sindaco, tutto sommato, e Giachetti potrebbe esserlo, mentre la demagogia delle loro antagoniste porterebbe probabilmente a seri guai; ma anche perché mi terrorizza la confusione politica e il pressapochismo culturale dei Cinque Stelle e vedo dietro la loro affermazione il riemergere dello spirito dittatoriale del comunismo (con la differenza che il comitato centrale comunista nel loro caso è grottescamente sostituito da una società privata che manca di qualunque legittimazione democratica. Non voterei ovviamente per De Magistris, il cui odio per Israele e il cui giustizialismo mi appaiono intollerabili. Non proseguo in questa lista di preferenze, che naturalmente è mia personale e non impegna Informazione Corretta. Vi chiedo solamente, prima di votare, di riflettere sul messaggio che state dando, al modo in cui la scelta che fate si proietta sul panorama generale che ho cercato di mostrarvi. Anche in politica il marketing conta, vi sono testimonial giovani e belle (o belli), sorrisi smaglianti, proclami di rinnovamenti universali che sembrano quelli dei dentifrici o delle lavatrici. Diffidate da queste palingenesi domestiche, pensate che nel voto si sintetizza la libertà e cercate di difenderla, perché la “Sottomissione” dell’Europa, con la miseria e il sangue che ne seguirebbero, è di nuovo vicina.

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Ugo Volli


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