La manfrina del 'processo di pace' 17/05/2016
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Autore: Ugo Volli
La manfrina del 'processo di pace'
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

come vi ho raccontato ieri ricomincia la manfrina del “processo di pace in Medio Oriente”. Beninteso, un processo di pace sarebbe un'ottima cosa se volesse dire la fine delle stragi in Siria,in Yemen, in Iraq, nel Sinai e altrove la cessazione delle armi chimiche che il regime siriano sta usando di nuovo, il disarmo delle milizie terroriste come Hamas e Hezbollah, la fine delle invasioni straniere, innanzitutto di quella iraniana ma anche dei russi che hanno sostituito l'Isis con una base a Palmira (l'avevate saputo? Non credo, non ne parla nessuno, ma è un fatto strategico importante). E poi magari l'instaurazione di uno stato curdo dovuto da cent'anni, l'isolamento dell'Isis dai suoi sostenitori in Turchia e Qatar. Insomma la ricostruzione di un livello di tranquillità magari non ideale, ma in cui la vita umana ricominci ad avere qualche valore e la gente possa sperare in un'esistenza normale.

Ma non si parla di questo quando si dice processo di pace. Quel che si intende è che Israele ceda le sue posizioni strategiche sul Giordano e sui monti di Giudea e Samaria ai palestinisti, in modo che questi possano fare prima di tutto pulizia etnica dei 600 mila ebrei che vi vivono, poi possano avere comodamente a portata di lanciarazzi Gerusalemme, Tel Aviv e il centro di Israele, compreso il solo aeroporto internazionale del paese, in modo da non permettergli di vivere. E infine di trasformare anche il solo territorio pacifico del Medio Oriente in un macello islamico come tutto il resto.

Quel su cui mi interessa oggi attirare la vostra attenzione non è solo questa solita determinazione dei benevoli governi europei a peggiorare la situazione mediorientale, come già hanno fatto in Libia, Siria, Egitto favorendo l'anarchia chiamata a suo tempo primavera araba, ma soprattutto una bugia, che si sente continuamente ripetere, quella per cui Israele sarebbe la parte che impedisce le trattative, ancora prima dell'accordo. Lo ripetono continuamente non solo i nemici espliciti di Israele, i palestinisti e i loro alleati di estrema sinistra, da Sanders a Corbyn ai nostri autonomi, ma anche i moderati e democratici ministri europei, e la stampa che li fiancheggia.

Be' non è vero, non è assolutamente vero. Israele è stato sempre disposto ed è ancora disposto a fare sacrifici importanti per favorire la pace. Si è ritirato a suo tempo dal Sinai per chiudere un accordo con l'Egitto che tiene, anche se spesso è stato attaccato dagtli islamisti egiziani. Ha lasciato volontariamente la striscia di Gaza, evacuando con la forza gli ebrei che la facevano fiorire (e per favore non parlate di coloni, visto che gli ebrei si sono insediati a Gaza ai tempi di Sansone, più di 3000 anni fa e vi sono rimasti vino alla violenta espulsione eseguita dall'Egitto che la occupò dopo la Guerra di indipendenza del 1948.

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Bill Clinton

Ma quel che vale la pena di richiamare, perché i giornali naturalmente non ne hanno parlato, è la testimonianza di Bill Clinton, che oltre a essere un ex presidente americano, è anche probabilmente il futuro “first sir” . Ecco che cosa ha detto Clinton a un recente dibattito (http://www.israele.net/bill-clinton-avevo-un-accordo-e-i-palestinesi-lo-rifiutarono, trovate qui la registrazione del dibattito, che è interessante per le interruzioni: http://thehill.com/blogs/ballot-box/presidential-races/279912-bill-clinton-i-killed-myself-to-give-palestinians-a-state): “Mi sono inutilmente dannato per dare ai palestinesi uno stato – ha detto – Avevo un accordo che loro rifiutarono, e che avrebbe dato loro tutta la striscia di Gaza, il 96-97% della Cisgiordania, terre israeliane a compensazione, e quant’altro”.

In realtà quel che è accaduto a Clinton è quel che è sempre successo, prima di lui o dopo di lui a chi ha cercato di trattare coi “palestinesi”, a partire dai tentativi inglesi degli anni Venti, fino alle offerte di Olmert di nsette anni fa e a quelle di Kerry l'anno scorso. Fin che si tratta di acquisire con le trattative dei vantaggi tattici, i leader arabi sono ben contenti di discutere. Ma quando si tratta di riconoscere uno stato finalke della questione, insomma di fare l'accordo, non ci stanno mai. Perché a loro non importa affatto di risolvere il contenzioso con Israele e costituire un pacifico stato arabo a fianco di quello ebraico di Israele; quel che loro vogliono è distruggere quest'ultimo, che ai loro occhi essendo lo stato dei miscredenti su terra che era stata conquistata dall'Islam, è una assurdità, un crimine contro i musulmani, ancor di più una bestemmia contro Allah. (http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/18880). Sicché, come ha detto una volta Netanyahu, se gli arabi si decidessero ad abbandonare le armi (ma non lo fanno mai), questo vorrebbe dire la pace; se Israele abbandonasse le armi, questa sarebbe la distruzione sua e lo sterminio degli ebrei.

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Ugo Volli


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