'Terra Santa' non va bene: ecco perché 06/05/2016
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Egregio Direttore,
La ringrazio della pubblicazione della mia lettera di ieri. Leggendo il commento ad essa, tuttavia, ho l’impressione di un fraintendimento. So benissimo, e in altre occasioni l’ho scritto, che, purtroppo, l’espressione Terra Santa è usata anche in contesti in cui si dovrebbe parlare di Israele e/o dei territori amministrati dall’ANP (talora anche della Giordania) e che il suo uso eccessivo ha l’effetto (e, temo, almeno per alcuni, l’intenzione) di ignorare lo Stato di Israele. Ne sono talmente consapevole che, col passare del tempo, ho diminuito l’uso dell’espressione Terra Santa (pur di origine biblica e, nella versione inglese ‘Holy Land’, usata anche da autori ebrei in giornali israeliani come Jerusalem Post ed Israel Hayom, in articoli di argomento assolutamente non religioso, come un equivalente di Eretz Israel). Ma IC regolarmente stigmatizza l’uso del termine Terra Santa (spesso fra virgolette dalla parvenza poco benevola) anche negli articoli che hanno ad oggetto i pellegrinaggi cristiani e, in particolare, cattolici e, talora, perfino nei cartelloni che li pubblicizzano. Ora, per quanto riguarda i programmi e la pubblicità dei pellegrinaggi, il termine ne evidenzia il valore religioso (come ha osservato un altro lettore, i pellegrinaggi non hanno lo scopo di far conoscere la realtà israeliana attuale, bensì, aggiungo, di ‘camminare con il Signore’ nei luoghi della Sua vita terrena). Articoli come quello ‘incriminato’, d’altro canto, potrebbero parlare di ‘pellegrinaggi in Israele’ se effettivamente si svolgessero esclusivamente in territorio israeliano: il che, tuttavia, non accade se non eccezionalmente (nei momenti peggiori della c.d. seconda intifada, quando l’accesso ai ‘Territori’ era vietato da Israele, per ragioni di sicurezza, anche ai pellegrini cristiani e le tappe di Betlemme e Gerico erano saltate per causa di forza maggiore oppure in qualche pellegrinaggio incentrato, ad esempio, sull’esperienza del deserto nel Negev). Lo stesso commento alla mia lettera riconosce che i pellegrinaggi si svolgono “nell'attuale Israele o lì vicino” (sottolineatura mia): non solo a Betlemme, Gerico ed altre località di Giudea e Samaria non annesse da Israele, ma anche, in una parte di essi, in Giordania (Monte Nebo, Madaba, ecc.), tutte località incluse nella Terra di Israele nella sua massima estensione biblica e, quindi, nella definizione di Terra Santa, ma che non possono essere indicate come facenti parti di Israele nel senso dell’attuale Medinat Israel. L’articolo dell’Osservatore Romano, in particolare, aveva ad oggetto la presenza (e l’analisi della provenienza) di pellegrini registrata dal Franciscan Pilgrims Office in tutti i santuari affidati alla Custodia di Terra Santa. A questo punto, mi chiedo quale sia, a Suo avviso, il modo corretto di riferire su pellegrinaggi e presenza di pellegrini in tali santuari: ‘pellegrinaggi nei santuari della Custodia di Terra Santa ed aree circostanti (quelle attraversate per raggiungere ciascun Luogo Santo)’? Potrebbe andar bene per questo specifico articolo (salvo il tono un tantino pedante), ma non per i pellegrinaggi in generale, che comprendono anche Luoghi Santi non appartenenti alla Custodia. ‘Pellegrinaggi in Israele e Territori ...’ (lascio i puntini, perché si apre il contenzioso sulla loro denominazione e qualificazione giuridica)? ‘Israele e dintorni’ sarebbe impreciso e, a mio parere, poco rispettoso verso gli abitanti dei ‘dintorni’ (arabi cristiani, arabi musulmani o ebrei israeliani dei c.d. ‘insediamenti’ che siano). E quale espressione, diversa da Terra Santa, potrebbe conciliare la precisione politico-territoriale con la menzione della ragion d’essere del pellegrinaggio cattolico in quella parte del nostro pianeta? Le sarò molto grata di una risposta a questi interrogativi, che non sono affatto retorici. Con i più cordiali saluti,

Annalisa Ferramosca

Gentile Annalisa  Ferramosca,
cercheremo di essere il più possibile concisi nel rispondere alle domande della lunga e accurata lettera:
1) Ha ragione, non siamo affatto benevoli con la Chiesa cattolica e la politica del Vaticano nei confronti di Israele. Le ci segue con molta attenzione, quindi non ne ripetiamo le ragioni, storiche e attuali.
2) Le parole: ci sono quelle che vengono usate in buona fede, come Olocausto al posto di Shoah, Olocausto è offendere la vittime, ma la lingua inglese l'ha imposto ed è quindi difficile da sradicare. Anche in Israele, i media in inglese la usano. Anche Terra Santa, di per sé, può rientrare nella categoria 'buona fede', ma solo se viene usata da singoli pellegrini che ignorano tutto del luoghi che andranno a visitare. Non gli viene detto che vanno in Israele, un nome che nelle diocesi che organizzano i viaggi non viene mai pronunciata, quindi la loro responsabilità è minore.
3) Su come sostituire Terra Santa, valgono le cosiderazioni al punto 2. Naturalmente cum grano salis, la si può citare all'interno della presentazione, certamente non a caratteri cubitali come avviene da sempre nelle pubblicità dei viaggi. Una soluzione ci sarebbe, scrivere "Sulle orme di Gesù", oppure "Conoscere la predicazione di Gesù" o qualcosa di simile, così includerebbe automaticamente Israele senza bisogno di scriverlo e così si includerebbero anche gli altri paesi, tralasciando ogni titolazione che includa polemiche di tipo opilitico, un viaggio quindi spirituale.
4) Una attenzione alle guide, quasi sempre arabe (ma non solo), che dovrebbero astenersi dal fare propaganda contro Israele travisandone la storia.

Cordialmente,

IC Redazione