(Traduzione di Angelo Pezzana)
Jeffrey Goldberg
Jeffrey Goldberg quando intervista Obama si destreggia tra giornalismo e servilismo. Senza dubbio è un onore essere tra i confidenti di un presidente americano, ma, a meno di non muoversi con estrema cautela, si può pregiudicare la propria integrità professionale, ponendo domande condiscendenti di fronte a dichiarazioni ambigue del presidente. Recentemente Goldberg ha permesso a Obama di fare alcune affermazioni che contraddicono i fatti. L’avevamo già avvertito chiaramente nell’intervista a Obama dello scorso anno uscita su The Atlantic.
“ I palestinesi non sono un partner facile”, disse allora Obama. Goldberg avrebbe dovuto confrontare queste due dichiarazioni. Nel 2006 ci furono le uniche elezioni palestinesi, nelle quali il movimento genocida Hamas ebbe la maggioranza dei seggi parlamentari. Di fronte a una simile sottovalutazione, Goldebrg avrebbe almeno dovuto sfidare il presidente chiedendogli di spiegarsi meglio, domandandogli “ Signor Presidente, questa maggioranza palestinese vuole uccidere tutti gli ebrei, me incluso, lo sostengono nel loro statuto e lo ripetono con regolarità. Come può pretendere che Israele possa firmare un accordo con un popolo che ha come obiettivo la distruzione di Israele e di tutti gli ebrei?”. E’ accaduto lo stesso nella recente, lunga intervista su Obama e la sua politica, nuovamente uscita su The Atlantic.
Obama "protegge" le spalle di Netanyahu
Possiamo rendercene conto se esaminiamo alcuni esempi. Tra l’altro, alcune osservazioni sui palestinesi vengono citate esplicitamente soltanto due volte, in un articolo lungo almeno 70 pagine. Il primo esempio è la descrizione di Goldberg del discorso tenuto al Cairo nel 2008, dove Obama “esprime molta simpatia verso i palestinesi”, e critica il suo rapporto con Netanyahu, il primo ministro israeliano, soprattutto tenendo conto che aveva anche evitato di fermarsi a Gerusalemme durante la sua prima visita in Medio Oriente. Il secondo esempio è quando Obama spiega nel discorso del Cairo i suoi programmi: “ Vogliamo lavorare per garantire ai palestinesi la dignità di uno stato”.
Questa frase avrebbe dovuto spingere Goldberg a porre diverse domande, che si possono riassumere così: “ Signor Presidente, se ci fosse un Premio Nobel per il terrorismo e per chi sparge odio, i palestinesi sarebbero i primi candidati. Il loro record criminale è impressionante: aerei dirottati e fatti esplodere, uccisione di atleti alle Olimpiadi, confezioni di caffè riempite di esplosivo messe sugli scaffali di un supermarket di Gerusalemme che hanno causato la morte di due studenti, una bomba esplosiva nascosta in un frigorifero in un bar in una piazza affollata a Gerusalemme che ha provocato 15 morti e 77 feriti. Come può organizzare un ‘seder’ pasquale per i suoi collaboratori ebrei? Le suggerisco di aggiungere intorno alla tavola 29 posti in memoria delle 29 persone uccise e dei 65 feriti durante l’attacco palestinese suicida durante un seder in un hotel a Netanya. Signor Presidente, le sa che questo elenco è soltanto una piccola parte di una infinità di azioni terroristiche palestinesi. Prima - e specialmente dagli accordi di Oslo del 1993 - i palestinesi hanno educato all’odio intere generazioni. I loro leader, sia Hamas che Anp, diffondono una cultura che esalta il martirio. I media palestinesi e i libri di scuola dei bambini sono pieni di antisemitismo. Gli psicologi ritengono che ci vorranno decenni per cambiare una società così impregnata di odio. Mi spieghi per favore come tutto ciò può far parte della dignità di uno stato palestinese”.
Per inciso: Obama non l’unico a menzionare la parola d’ordine “dignità” riferendola ai palestinesi. Durante l’incontro di quest’anno con l’AIPAC – la maggiore associazione ebraica americana- Hillary Clinton ha detto “I palestinesi dovrebbero essere capaci di governarsi nel loro proprio stato, in pace e dignità”. Dato che la sua campagna elettorale è ancora in corso in alcuni stati, ecco una eccellente opportunità per i giornalisti di chiederle quale dignità potrà mai avere uno stato la cui leadership glorifica assassini e altri criminali e quale futuro potranno mai garantire.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.