Dopo Obama, peggio di Obama? 30/03/2016
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Autore: Ugo Volli
Dopo Obama, peggio di Obama?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: Hilary Clinton, Donald Trump, Bernie Sanders

Cari amici,

la campagna elettorale americana va avanti ed è sempre meno rassicurante. La facile vittoria di Hilary Clinton su Bernie Sanders non c’è stata, Sanders ha vinto le ultime tre primarie, anche se in stati non importantissimi, e rischia di raggiungere Clinton, soprattutto se qualche abile manina scoprirà alcuni dei numerosi scheletri che la signora si tiene nell’armadio, dalle mail segrete tenute nel suo server privato alla partecipazione alla catastrofe di Bengasi, dove gli Usa lasciarono massacrare il loro ambasciatore – di cui lei era il superiore diretto – senza fare nulla, ai finanziatori stranieri. Sul lato repubblicano Trump prevale, ma non riesce a liberarsi di Cruz ed entrambi non piacciono alla dirigenza del partito, che sta cercando di organizzare il modo di eliminarli, nella convinzione – non si sa quanto fondata - che perderebbero malamente nelle elezioni presidenziali, coinvolgendo la base di potere del partito. Ma se alla convenzione ci fossero degli “sporchi trucchi” per fare prevalere un terzo, probabilmente mezzo partito si ribellerebbe e ne verrebbe un’altra brutta sconfitta. Il risultato è che esiste davvero una possibilità che vinca Trump, cioè si affermi di nuovo quella cultura politica anticapitalistica e terzomondistica, populista di sinistra, che è espressa anche da Corbyn in Gran Bretagna, da Podemos in Spagna, da Tsipras in Grecia, dai grillini da noi.

Quel che preoccupa di più, al di là della possibilità che Sanders sia candidato e poi eletto, è che questa posizione politica raccolga consensi, cioè che ci sia un’area dell’elettorato piuttosto vasta disposta a collaborare attivamente al suicidio dell’Occidente. Dopo quasi trent’anni dal crollo dal socialismo reale, dopo il fallimento evidente della sinistra di governo in America Latina, con tratti grotteschi e dittatoriali (Argentina, Brasile, Venezuela), dopo il disastro di Obama in Medio Oriente e con la Russia, dopo il volgersi al sistema capitalista (benché autoritario) di stati una volta miticamente comunisti (Cina, Vietnam), dopo l’esplosione del terrorismo islamico, dopo il successo economico straordinario della nuova rivoluzione industriale dell’informatica, nata e sviluppata nel capitalismo americano; dopo insomma tutta la grande trasformazione degli ultimi decenni c’è ancora chi sogna interventi statali, assistenzialismo, “accoglienza” di masse di nemici, cessione di potere ai sistemi politici falliti come gli islamici e i tardocomunisti, un’ideologia dei diritti umani interpretati come diritto alla prepotenza e alla violenza da parte dei nemici e obbligo alla subordinazione e alla mansuetudine da parte dell’Occidente.

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Barack Obama

Se si confronta lo stato attuale del mondo con quello di otto anni fa, quando l’America aveva efficacemente reagito alla prima offensiva islamista (quella dell’11 settembre) si vede l’ampiezza del disastro combinato dalla prevalenza di questa cultura al vertice della politica americana: la perdita di tutto il Medio Oriente, l’offensiva dell’Isis e dell’Iran, l’arroganza russa. La presidenza Obama ha avuto l’effetto di una guerra perduta. Ed è per questo che è importantissima la successione. Purtroppo all’orizzonte non si vede non dico un Reagan, ma neppure un Bush.

Nel frattempo vale la pena di segnalare, come possibile memento ai candidati, un intervento di Denis Ross, un diplomatico americano esperto di Medio Oriente che ha servito sotto le amministrazioni di G.W. Bush, Clinton e anche di Obama (come collaboratore di Hilary Clinton fino al 2011). In questo articolo (http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/Dennis-Ross-Next-US-administration-will-want-to-improve-ties-with-Israel-448356) si dà ragione in maniera insolitamente chiara degli errori e delle illusioni delle amministrazioni americane (tutte le amministrazioni) nei loro rapporti col la regione. Vale la pena di citare qui i tre errori su Israele enunciati da Ross:

“La prima ipotesi è che se gli Stati Uniti prendessero le distanze da Israele, essa otterrebbe l’appoggio degli arabi. ‘Cinque amministrazioni lo hanno fatto: Eisenhower, Nixon, Carter, [George H.W.] Bush e Obama’, ha detto. ‘Nessuna amministrazione che si sia impegnata in tale politica ha ottenuto ciò che si aspettava dagli arabi; piuttosto che guadagnare dei vantaggi in genere ha subito molte più pretese.’ La seconda ipotesi, un corollario alla prima, è che ‘se collabori con Israele, perdi con gli arabi.’ Anche questa si è dimostrata falsa, secondo Ross, dal momento che i regimi arabi sono interessati a un rapporto stretto e forte con gli Stati Uniti, perché esso assicura la loro sicurezza e sopravvivenza. ‘Non hanno mai trasformato il nostro rapporto con Israele in qualcosa che potesse minare il loro rapporto con noi, perché ciò li avrebbe portati a mettere a rischio la loro sicurezza’, ha detto. "Abbiamo sempre frainteso la priorità più importante per i leader arabi." E la terza ipotesi, che i recenti avvenimenti nella regione hanno anche dimostrato falsa, è che ‘non si può trasformare la regione, o la posizione degli Stati Uniti nella regione, a meno che non si risolva il problema palestinese’. Anche se il problema palestinese fosse risolto domani, sostiene Ross, rimarrebbero comunque irrisolte tutte le altre questioni che affliggono la regione.”

A me sembrano considerazioni del tutto evidenti, ma è importante che le faccia un insider del Dipartimento di Stato, anche perché Obama non ha certo seguito questo buon senso. Lo farà il suo successore, che si chiami Clinton o Trump? Lo spero, ma ne dubito. Quanto a Sanders, sono sicuro che la pensa come Obama, peggio di Obama.

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Ugo Volli


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