(Traduzione di Angelo Pezzana)
Ecco l'articolo originale in inglese: http://www.jpost.com/Middle-East/Analysis-Face-off-between-Hamas-Cairo-448739
Terroristi di Hamas
Hamas non è riuscita questa settimana a convincere il Cairo di non nutrire intenzioni ostili verso l’Egitto; il movimento di resistenza islamica giurò che non c’era alcuna cooperazione con lo Stato Islamico nel Sinai, negando con forza ogni coinvolgimento nell’assassinio lo scorso anno del Procuratore Penerale Hashem Barkat. Sarebbe in ogni caso difficile stabilire chi dei due sia più sospettoso dell’altro. Hamas è una propaggine della Fratellanza Musulmana – e il Presidente Sisi è salito al potere cacciando Morsi, membro di questa organizzazione. Considerazioni geo-politiche hanno però riaperto in qualche modo una specie di dialogo. C’è il tema palestinese, dove l’Egitto vuole mantenere la posizione di intermediario; ultimamente l’Arabia Saudita ha accennato che troppa pressione su Hamas potrebbe spingerla a cercare sostegno dall’Iran, mettendo in pericolo l’alleanza sunnita contro gli ayatollah. Era stato Ahmed Yassin, un fratello musulmano, che fondò Hamas a Gaza, quale propaggine della Fratellanza, con il compito di distruggere Israele e fondare sulle rovine dello Stato ebraico uno islamico. Dopo il disimpegno nel 2005, hamas ha rafforzato il suo potere militare e politico su Gaza, espellendo con un sanguinoso colpo di stato nel 2007 Al Fatah.
Abdel Fattah Al Sisi
Una sacrilega alleanza tra il movimento jihadista sunnita e l’Iran sciita ha rafforzato Hamas, che ha ricevuto puntualmente dal Sudan via Egitto rifornimenti di missili, armamenti e esplosivi, poi attraverso le centinaia di tunnel sotterranei che collegavano Gaza con l’Egitto. I militanti di Hamas percorrevano invece la strada inversa, verso i campi di addestramento iraniani. Il Sinai divenne così il centro logistico dove Hamas organizzare gli attacchi contro Israele. Il Presidente Mubarak chiudeva un occhio di fronte a ciò che accadeva, malgrado vi fossero aggressioni contro i soldati egiziani. A capo del pragmatico fronte arabo anti-Iran, Mubarak credeva che l’obiettivo di Hamas fosse focalizzato su Israele e soleva dire che Gaza era un problema israeliano e che quindi l’Egitto non si sentiva obbligato a difendere il confine con Israele. Non ascoltò mai gli allarmi che venivano da Israele, sul pericolo che correva lo stesso Egitto, visto che i tunnel erano percorribile a doppio senso.
Reti di trafficanti nel Sinai, in maggioranza formate da beduini, hanno agito fuori da ogni controllo. Un grave incidente avvenne nel 2008, quando migliaia di palestinesi da Gaza forzarono il confine entrando nel territorio egiziano. Le forze di sicurezza intervennero con rapidità e ne costruirono uno nuovo, ma tra i palestinesi che evitarono la cattura vi erano molti militanti di alto grado del movimento Ezzedin El Kassam, il settore militare di Hamas,impegnati a creare nuove cellule in Sinai come all’interno dell’Egitto stesso. Il loro leader, Ayman Nofel, venne poi catturato con alcuni dei suoi e condannato all’ergastolo. Durante la rivolta popolare contro Mubarak, vi furono il 29 gennaio 2011 assalti organizzati contro diverse prigioni. Nofel con i suoi fuggì dal carcere Marg, insieme con le cellule di Hezbollah che avevano ordito gli attacchi terroristici contro il Canale di Suez per bloccarne tutte le funzioni di passaggio. Morsi, futuro presidente dell’Egitto, evase da un’altra prigione con 33 dei suoi, tutti fratelli musulmani. Si diffuse in quei momenti la voce che le forze leali al regime fossero implicate, al fine di provocare il panico fra la gente rispettosa della legge, terrorizzata dalla liberazione di migliaia di pericolosi criminali, un panico che avrebbe richiesto immediatamente l’intervento delle forze di sicurezza. Non fu il caso, perché Mubarak si dimise pochi giorni dopo. La giunta militare che prese il potere ordinò ai tribunali di investigare a fondo.
Nel luglio 2013 la conclusione dell’inchiesta fu che gli attacchi erano stati organizzati da Hamas e dalla Fratellanza Musulmana, con l’appoggio di Hezbollah e gli assalitori erano soprattutto beduini, reclutati tra i trafficanti, ai quali erano stati dati armamenti sofisticati. L’elezione di Morsi fu il segnale di una nuova era per Hamas, che aprì una sede al Cairo e i cui leader divennero abituali ospiti della residenza del presidente. Il passaggio di Rafah tra Egitto e Gaza entrò in funzione ogni giorno per 12 ore quotidiane. Le forze di sicurezza egiziane, che ben conoscevano la minaccia di Hamas in Sinai, cercarono invano di ridurre i contatti con l’organizzazione. Morsi condannò l’operazione israeliana ‘Pilastri di Difesa’ contro Hamas a Gaza, richiamo l’ambasciatore a Tel Aviv e inviò il primo ministro a Gaza in segno di solidarietà. Malgrado ciò, ordinò ai servizi di sicurezza di mediare una tregua, essendo arrivato alla conclusione che sostenere apertamente Hamas, incoraggiandone la continuazione delle ostilità, avrebbe danneggiato la sua immagine a livello internazionale. Non è ancora chiaro che cosa aveva spinto Hamas a commettere un errore così grave, che portò alla caduta del regime di Morsi.
Terroristi jihadisti attaccarono un checkpoint vicino al confine con Israele nell’agosto 2012, uccidendo 16 soldati egiziani. L’intelligence egiziana accusò Hamas di essere complice dell’operazione; in Egitto scoppiò una protesta per la mancata azione preventiva dell’attacco, tanto che Morsi dimissionò il comandante in capo dell’esercito, sostituendolo con Abdel Fattah Al Sisi… La cacciata di Morsi nel 2014 e l’elezione di Sisi fu il segnale della fine dell’idilio con Hamas. La Fratellanza venne messa fuorilegge e dichiarata organizzazione terrorista; il procuratore generale riaprì il dossier degli attacchi alle prigioni e incarcerò i Fratelli che erano evasi, incluso l’ex presidente Morsi. Ordinò l’arresto del miliziani di Hamas, che per prudenza avevano cercato di nascondersi. Nel giugno 2015 Morso fu condannato a morte insieme a molti Fratelli Musulmani e 72 militanti di Hamas. Il passaggio di Rafah venne chiuso, soltanto una volta al mese, per tre giorni, poteva riaprire quale segnale distensivo. L’Autorità Palestinese, tecnicamente responsabile di Gaza, siglò un accordo con l’Egitto per ampliare le ore di apertura, ma Hamas rifiutò di sottoscriverlo.
Nello stesso tempo Sisi continuò una guerra senza tregua contro il contrabbando che operava nei tunnel, distruggendone più di 3000. Non era però sufficiente per fermare le operazioni di Hamas nel Sinai, perché controlla le vie di rifornimento dei trafficanti che contrabbandano gli armamenti di cui ha estrema necessità. In ogni caso deve arrivare a una sorta di tregua con i terroristi dello Stato Islamico, che stanno rafforzando il loro potere nella Penisola. Così il confine con Gaza è diventato zona di guerra, dove l’esercito egiziano non è stato finora in grado di recuperarne il controllo. Sisi ha dichiarato che Azzedin el Kassam era una organizzazione terrorista, per cui tutte le iniziative di Hamas in Egitto sono proibite; lo scorso giugno anche un tribunale ha dichiarato Hamas un movimento terrorista, una decisione poi annullata, ma il divieto di tutte le attività di Hamas permane.
Fra le accuse, c’è il sostegno allo Stato Islamico e alla Fratellanza, di suo già fuorilegge. Hamas respinge con forza tutte le accuse, ma l’ultimo tentative di trovare un compromesso la scorsa settimana si è rivelato fallimentare. Guardando indietro, i tentativi dell’Arabia Saudita di disinnescare la situazione per mantenere unita la coalizione contro l’Iran può essere visto come un fattore decisivo di conservare una relazione di facciata con Hamas, per via del ruolo centrale di questa organizzazione nel conflitto palestinese. Ciononostante, è improbabile che l’Egitto e Hamas possano trovare un terreno comune. Hamas, per poter attaccare Israele dalla Penisola del Sinai può farlo soltanto attraverso la continua cooperazione con lo Stato Islamico. Il che è contro gli interessi vitali dell’Egitto, su questo tema non possono esserci compromessi.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 20012 al 2004. Dal 1989 al 1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. Collabora a Informazione Corretta.