A destra: le bare dei tre israeliani uccisi nell'attentato di Istanbul
Cari amici,
vi ricordate delle bombe di Istanbul? E’ successo solo tre giorni fa, ma il primo effetto della società dello spettacolo in cui viviamo è l’oblio: alla televisione o sui giornali o su Facebook si ha notizia di qualcosa, magari ci si dedica un po’ di attenzione, perfino di commozione, poi tutto passa velocemente per dar spazio alla prossima emozione, alla commozione successiva: un attentato, poi un cagnolino, poi un arresto, poi una medaglia, senza interruzione. E dimenticare diventa obbligatorio. Be’, cercate di ricordare: nella via centrale dello shopping e dello struscio di Istanbul, fra piazza Taxism e lo sperone di Galata, come fosse via del Corso a Roma o via Roma a Torino, un terrorista si è fatto esplodere in mezzo alla folla, provocando cinque morti e una quarantina di feriti. I giornali l’hanno raccontato e qualcuno ha anche aggiunto che l’attentatore era un turco già oggetto delle attenzioni della polizia perché vicino all’Isis. Dunque un identikit ben diverso dall’attentato di Ankara di qualche giorno prima, opera a quanto pare di estremisti del PKK, che poi sarebbe il partito comunista curdo, e sottolineo il termine comunista, anche se non è il caso di soffermarci qui su quest’altra storia.
Molti hanno dato il dettaglio dell’Isis, ma nessuno, a quanto so, ha sottolineato che l’Isis è stato più o meno sempre protetto e agevolato dal regime islamista sunnita che governa la Turchia e che di recente si erano dimostrati i legami fra l’Isis e l’organizzazione islamista turca IHH che aveva organizzato la flottiglia per Gaza del 2010, con gli incidenti mortali a bordo del traghetto Mavi Marmara (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4575328,00.html). Quell’organizzazione, a sua volta, aveva legami con il partito islamista al potere in Turchia.
Torniamo all’attentato: fra i cinque morti tre erano israeliani; fra i feriti oltre una dozzina lo erano. Tanti che una solerte funzionaria del solito partito islamista aveva pensato bene di twittare che avrebbe voluto che fossero morti tutti (http://www.independent.co.uk/news/world/europe/erdogan-official-tweets-she-hopes-israeli-tourists-are-dead-in-istanbul-terror-attack-a6942546.html). La signora in questione, che risponde al nome di Irem Aktas era stata poi destituita per lo scandalo provocato dal suo messaggio; ma certamente esso testimonia di un clima. Il problema che si è posto subito a chi aveva un minimo di testa è come mai le vittime erano in così larga proporzione israeliani; si è detto che facevano parte di un giro gastronomico. Fatto sta che le indagini hanno dimostrato, come si poteva immaginare ma nessun giornale italiano ha voluto dire, che non era affatto un caso: l’attentatore aveva atteso le vittime al loro albergo ed era stato ripreso mentre le seguiva prima di farsi esplodere. Un piccolo dettaglio che tutti i giornali hanno ignorato. Ma non finisce qui.
Il problema è come sapesse che in quell’albergo c’era una comitiva di israeliani, che non sono certo i turisti più numerosi in Turchia, dopo le dure polemiche che hanno separato i due paesi negli ultimi sei anni. Non ho elementi per rispondere; ma certo chi sa queste cose è la polizia (e i servizi segreti).
Mi fermo qui, non faccio altre ipotesi. Voglio solo aggiungere due conclusioni. Una è che questa Turchia, la Turchia dittatoriale che chiude i giornali dell’opposizione e arresta i giornalisti, la Turchia ambigua che flirta con l’Isis, la Turchia che appoggia i terroristi di Hamas, la Turchia che è in lite con tutti i suoi vicini per via della patetica volontà di far rinascere il vecchio impero ottomano, la Turchia antisemita che si è vista anche questa volta, è stata scelta come interlocutore privilegiato dalla Germania della Merkel e quindi dall’Europa, che le ha promesso 6 miliardi di euro (dodicimila miliardi delle vecchie lire, per chi fa ancora così i conti) e un percosro facilitato di ingresso in Europa, con la condizione di scambiare uno a uno gli immigrati clandestini che riuscissero ancora a entrare in Grecia con immigrati “regolari” perché scelti dalle sue autorità: il vantaggio in termini di numeri dell’immigrazione è nullo, in cambio immaginatevi il potere che viene dato ai funzionari turchi e le scelte che faranno, per esempio fra un terrorista dell’Isis che voglia infiltrarsi in Europa e un cristiano perseguitato dagli islamisti che cerchi un po’ di sicurezza. Assurdo non vi pare? Be’, è il frutto politico del genio della Merkel. Magari per ottenere una capolavoro del genere, anche Mogherini deve aver contribuito.
Recep Tayyip Erdogan con Angela Merkel
La seconda conclusione è questa. Signori miei, qualcuno sostiene che la Shoà è finita e l’antisemitismo anche, che bisogna solo difendersi dai suoi rigurgiti, che di solito costui attribuisce all’estrema destra. No, signori, non è vero. La Shoà continua, benché per ora a ritmo molto rallentato e l’antisemitismo cresce – soprattutto a sinistra e negli ambienti islamici. Istanbul è una tappa di un percorso lungo che passa per gli attentati in Israele, per quelli in Francia in Belgio e in Danimarca, per la strage di Burgas in Bulgaria, solo per stare negli ultimi anni. Il tweet della sostenitrice di Erdogan avrebbe potuto essere fatto da molti laburisti inglesi, studenti “progressisti in America”, gente della sinistra extraparlamentare in Italia. Non è affatto finita. Solo che c’è lo stato di Israele a difendere il suo popolo. E per questo Israele è odiato, perché è lo scudo all’antisemitismo, quello che para la maggior parte dei colpi e ovviamente se li prende addosso. Questo ci insegna quell’assassino che va ad aspettare le vittime che non conosce in albergo, come gli assassini a Gerusalemme vanno a cercare chi ammazzare alle fermate del tram o nei supermercati. Eredi dei nazisti loro, eredi dei filonazisti (cioè della grande maggioranza degli europei di settant’anni fa) chi li difende, ai vertici dell’Unione Europea come alla Casa Bianca o nelle chiese progressiste e nelle associazioni ancora comuniste.
Ugo Volli