Fouad Twal Angelo Pezzana
Ci sono delle notizie classificate “non si stampi”, una regola non scritta ma regolarmente seguita da tutti i nostri media, mai una eccezione, eppure di materiale ce ne sarebbe su cui riflettere, se non altro per verificare se le promesse, le buone intenzioni, persino gli abbracci e le affettuose affermazioni che dal Vaticano giungono copiosi sono solo parole, sono contraddette purtroppo dalla prova dei fatti.
Lo Stato della Città del Vaticano, essendo appunto uno stato, ha una sua politica estera, che ci permettiamo di seguire con attenzione quando l’interlocutore di Otre Tevere è Israele. O dovremmo dire “Terra Santa”, per non essere fraintesi, dato che la parola “Israele” è off limits per la Santa Sede.
Entriamo dunque nei meccanismi interni alla politica estera vaticana verso lo Stato ebraico per capire l’origine e il manifestarsi di quella ostilità – per non dire di peggio – che caratterizza la dinamica di un rapporto che ostile è sempre stato, sin dal riconoscimento dell’esistenza di Israele 45 anni dopo la sua proclamazione, ma che schierato e operante lo era già fin dal 1948.
Fouad Twal è l’attuale Patriarca Latino di Gerusalemme, una specie di ambasciatore, che si esprime attraverso la “Commissione Giustizia e Pace”, formata da arcivescovi dei vari riti cattolici esistenti in Israele. Twal ne è presidente. Le sue accuse contro Israele, se raccolte in volumi, formerebbero una enciclopedia. Fermiamoci all’ultima.
Il recente terrorismo palestinese, secondo il patriarca, sarebbe originato dalla disperazione in seguito all’occupazione israeliana. Non si capisce bene se riferita solo ad alcuni territori o all’intero suolo nazionale. Un comportamento ‘disumano’, che si estende anche a Gaza – forse Twal crede che la Striscia sia anch’essa sotto occupazione d’Israele - cui si aggiunge la ‘giudeizzazione’ di Gerusalemme, in modo da presentare la capitale dello stato come un ennesimo atto di violenza contro i suoi legittimi cittadini arabi ai quali è stata sottratta. Nell’accusa non potevano mancare gli appelli all’amore universale, in modo particolare fra i ‘due popoli’, ignorando completamente l’educazione all’odio che viene praticata sia sotto l’Anp di Abu Mazen che a Gaza sotto la dittatura di Hamas. Ma questi sono dettagli che non interessano ai diplomatici vaticani, ciò che conta sono i ‘muri da abbattere’ e i ‘ponti da erigere’, anche se su quei ponti entreranno assassini armati di machete e coltelli.
Israele ha fatto notare, con educato linguaggio diplomatico, che Twal invece di rivolgere le proprie accuse agli aggressori, se la prendeva con le vittime, dimenticando che il rifiuto a sedersi al tavolo delle trattative era partito dallo stesso Abu Mazen con una dichiarazione all’Onu, un luogo adatto a recepire questo genere di accuse, tanto che il segretario generale Ban Ki-moon ha poi fatto proprie le affermazioni di Twal condividendole in pieno.
Ovviamente queste accuse non destano stupore in chi ha una conoscenza anche superficiale del doppiopesismo che il Vaticano usa quando c’è di mezzo Israele da un lato e il mondo islamico dall’altro.
L’esempio più vistoso è Betlemme, una città un tempo a maggioranza cristiana, dopo gli Accordi di Oslo del 1995 che ne attribuirono la totale sudditanza all’Autorità arabo-palestinese, di cristiani ne sono rimasti pochissimi, chi poteva emigrava. Ma questo non interessa né al Vaticano né a Twal, che proprio a Betlemme è stato attaccato lo scorso Natale a base di lanci di pietre mentre la percorreva in automobile, riuscendo a mettersi in salvo soltanto grazie al fatto che Betlemme confina con Gerusalemme, una distanza così breve che ha consentito ai soldati israeliani di guardia di intervenire e portarlo in salvo. Ma a Twal la lezione non è servita, anche in questo caso il responsabile dell’attacco è ancora una volta Israele se i palestinesi l’hanno presso a sassate ! Israele è l’unico paese nella regione dove la popolazione cristiana cresce, mentre in tutto il mondo arabo-islamico viene repressa e spesso sterminata.
Visto che dalla diplomazia vaticana non è mai giunto alcun apprezzamento a Israele, mentre sui governi musulmani sono arrivate solo preghiere e invocazioni alla pace, peraltro – e come era da prevedere- inascoltate, ci sarà pur lecito avanzare il dubbio che nel rapporto Israele-Vaticano ci sono dei conti che non tornano. Allora perché il silenzio della totalità dei nostri media ?