K o la figlia desaparecida
Bernardo Kucinski
Traduzione di Vincenzo Barca
Giuntina euro 15
Bernardo Kucinski, nato a San Paolo nel 1937 e discendente da una famiglia di ebrei polacchi, esordisce con la casa editrice Giuntina regalandoci un vero gioiello letterario, “K o la figlia desaparecida”. Ambientato durante la dittatura militare in Brasile in una San Paolo lugubre e ostile, il libro di Kucinski si muove fra i ricordi della Shoah e la drammatica realtà dei desaparecidos brasiliani, in una tensione continua fra testimonianza e finzione letteraria.
“Caro lettore, tutto in questo libro è invenzione, ma quasi tutto è successo”. Con queste parole enigmatiche l’autore fa trapelare la componente autobiografica del romanzo (la sorella Ana Rosa è stata sequestrata e uccisa con il marito dai militari nel 1974) e attraverso il racconto del protagonista K. (il rimando a Kafka è immediato), la cui figlia è sparita misteriosamente, ci porta a conoscere un mondo dalle trame oscure dove il dolore, il senso di colpa, la paura si mescolano in una narrazione a più voci. Nella sua drammatica ricerca della figlia, K., stimato poeta polacco e cultore della lingua yiddish, sfuggito ai nazisti e con un passato di militanza politica nella Polonia pre-Shoah, entra in contatto non solo con altri familiari che come lui hanno perso un figlio, un marito, o una moglie ma con ricattatori, informatori, carcerieri, i carnefici di un mondo sordido e ignobile da cui emergono personaggi come Fleury, capo degli squadroni della morte e feroce torturatore.
Entrano in scena anche l’ amante di un aguzzino e una donna delle pulizie che racconta a una psicologa le allucinazioni che la perseguitano dopo aver visto gli orrori della Casa della Morte e, in uno fra i capitoli più intensi “La riunione del consiglio di Istituto” presso la Facoltà di Chimica dell’Università di San Paolo, i colleghi pavidi votano il licenziamento della figlia di K. “per abbandono delle sue funzioni”. K. si affida ad avvocati, rabbini, all’arcivescovo di San Paolo ma non trova traccia di come e dove la giovane docente sia scomparsa. E’ una tragedia che dissolve i legami familiari e getta K. in un incubo infinito.
La duplice memoria dell’Olocausto e della dittatura militare rivive con una lingua asciutta ed essenziale nelle pagine di Kucinski, mettendo in luce i fantasmi del passato che perseguitano in modo lacerante non solo i sopravvissuti ai campi di sterminio ma anche i familiari dei desaparecidos che dovranno convivere con “la colpa di essere sopravvissuti” e non aver capito da uno sguardo o un gesto dei loro cari la vita segreta che conducevano e di cui sono rimasti all’oscuro. Resta drammatica la domanda “Come avremmo potuto evitare quella tragedia”? Nella storia di K. rivive la storia della dittatura brasiliana e di tutte le dittature con le connivenze, le atrocità, le torture che caratterizzano quell’universo ignobile. E quando quel regime di terrore finisce non c’è distinzione fra perseguitati e persecutori, quasi un oblio collettivo, la volontà di non indagare e di voltarsi dall’altra parte, rinunciare alla verità e alla ricerca della giustizia per andare avanti. Perché accanto ai nomi dei desaparecidos cui vengono intitolate strade in periferia ci sono quelli dei generali assassini nelle piazze e nelle vie più famose della città di San Paolo. Un libro imperdibile quello di Bernardo Kucinski che trasmette una testimonianza e una denuncia drammatiche, in un’opera letteraria che lascia il segno di una memoria da conservare.
Giorgia Greco