A destra: terroristi di Hezbollah con armi fornite da Mosca
Cari amici,
c'è la propaganda - e ci sono i rapporti di forza. Spesso la propaganda è armata e ha un costo in vite umane. Così per esempio il “terrorismo popolare” degli ultimi mesi in Israele. Il primo senso razionale di questa catena di delitti è fare propaganda al palestinismo (ma c'è anche il fatto di concentrare all'esterno il rancore dei giovani per l'incapacità dei regimi di Fatah e di Hamas di distribuire in maniera minimamente equa o produttiva i larghissimi aiuti che arrivano loro dal mondo e dunque per una condizione socioeconomica frustrante). Si tratta per l'appunto di propaganda, di mosse demagogiche, del tentativo di costruire occasioni di “agenda”, come si dice nel gergo della sociologia della comunicazione, cioè di far notizia e di continuare a pompare l'attenzione dell'opinione pubblica su un conflitto piccolo, marginale e innocuo - almeno rispetto alle tragedie di gran parte del mondo arabo. In fondo in quattro mesi gli assassinati sono stati poco più di una trentina, e sono in calo, anche se gli ultimi attentati sembrano più organizzati e “professionali”. In fondo, si muore assai di più in incidenti stradali, in Israele come in Italia. Certo, l'omicidio costituisce una violazione della pace, un'offesa all'ordine pubblico ben più grave della disgrazia; ma resta il fatto che si tratta di propaganda.
Poi ci sono i rapporti di forza, quelli veri, quelli che determinano le politiche, e le possibilità stesse della propaganda, ma anche del commercio e della vita stessa delle popolazione. Di questi si parla poco, ma sono il tema decisivo. Se parliamo del Medio Oriente, fino a qualche anno fa la questione era semplice. Israele aveva l'egemonia netta e sicura sugli altri attori regionali. Certo, fra i suoi nemici ce n'erano alcuni, come Siria, per un certo periodo l'Iraq, l'Iran ecc. che si appoggiavano sull'Urss prima e poi sulla Russia. Ma la Russia era bloccata dall'interesse americano di non cedere il controllo sulla principale regione petrolifera del mondo. E Israele ha sempre avuto un atteggiamento difensivo, non offensivo, il che è ovvio per una semplice questione di numeri. Come potrebbe un popolo di sette o otto milioni di abitanti pensare di invadere un vicinato di trecento milioni di nemici? Impossibile. Dunque, a parte crisi propagandistiche più o meno grosse, la situazione intorno a Israele è stata stabile dal '67 almeno, che fanno quasi cinquant'anni: un intervallo di pace incredibile da quelle parti.
Barack Obama
Be', sembrerebbe proprio che sia finito. L'America di Obama ha mostrato con sempre maggiore chiarezza la volontà di ritirarsi dal suo posto di arbitro della regione. Ha pensato bene di delegare al suo posto non uno dei vecchi alleati ma un antico nemico che si considera ancora tale, l'Iran: nemico suo e nemico dei suoi vecchi alleati come Israele Egitto e Arabia. Di più l'Iran è cliente dell'avversario strategico dell'America, cioè la Russia. La quale immediatamente dopo, badate bene, appena dopo l'accordo fra Usa e Iran, si è insediata con crescente forza in Siria ed è ormai la potenza egemone della regione, qualla che ha l'ultima parola. Anche se Erdogan fa il gradasso, la situazione è questa. Il Medio Oriente, salvo che si saldi una coalizione disposta a usare la forza per cacciar via la Rurria, è una regione sotto controllo di Mosca. Come il Caucaso.
Questo è il grande quadro strategico, che ha subito conseguenze tattiche. La Russia ha istallato un potentissimo sistema antiaereo nei porti mediterranei della Siria e ormai controlla lo spazio aereo della costa sud del Mediterraneo oltre alla Siria e al Libano, fino all'altezza di Tel Aviv. Israele, per la prima volta dagli anni Cinquanta, ha perso la superiorità aerea su Libano e Siria (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/207992#.VsD4kvnhDDc). Un'impresa come la distruzione del reattore nucleare siriano non sarebbe più possibile; probabilmente non sarà presto neppure più possibile l'interdizione al trasporto di armamenti avanzati a Hezbollah, che è stata compiuta molte volte negli ultimi anni. La Russia ha infatti fornito al movimento terrorista armi antiaeree avanzate, che hanno ripetutamente inquadrato col radar gli aerei israeliani nelle ultime settimane: nella guerra aerea questo è l'ultimo segnale prima dell'abbattimento (http://www.jewishpress.com/news/idf-source-russian-involvement-enables-hezbollah-to-down-israeli-planes/2016/02/14/). E' una mossa che cambia completamente i giochi, rende impossibile un'autodifesa preventiva israeliana contro un eventuale attacco iraniano, e apre gli scenari di una guerra totale. Aggiungete che i nuovi armamenti aerei attesi da Israele per quest'anno, i molto discussi F35, forse saranno in grado di cavarsela più facilmente con gli antiaerei S300 russi, anche se c'è chi ne dubita (http://www.timesofisrael.com/could-israeli-f-35s-turn-the-tables-on-iranian-s-300-missiles/). Ma sembra che ci sia un grandissimo problema e cioè che questi arei sono paragonabili agli Iphone, arrivano cioè chiusi, senza possibilità per chi li compra di influire sul software (Israele ha sempre rielaborato l'elettronica di bordo) e sembra addirittura che senza il via libera dalla fabbrica americana (cioè dell'amministrazione Usa) possa essere impossibile per loro decollare (http://www.defenseindustrydaily.com/israel-plans-to-buy-over-100-f35s-02381/). C'è chi dunque preferisce rielaborare i vecchi modelli di proprietà israeliana o magari tentare una partnership con l'India, in questo momento grande cliente dell'industria degli armamenti israeliana per costruire un nuovo aereo da guerra.
Fatto sta che i rapporti di forza sono cambiati. Ci sono dei fattori limitanti, per fortuna, in questa crisi. Il primo è un orologio ticchettante. In questo momento Obama ha solo 10 mesi di governo e certamente la sua capacità di governare diminuirà molto via via che la campagna elettorale procede. Fra un anno ci sarà un altro presidente che magari potrà rovesciare la sua politica, che non è affatto condivisa da tutto l'establishment americano (http://www.jpost.com/Israel-News/Ex-US-official-Israel-may-be-in-trouble-if-Assad-wins-44498). In secondo luogo l'economia russa è duramente provata dalle due guerre contemporanee che deve sostenere (Ucraina e Siria), dalle sanzioni europee per l'Ucraina, e dal prezzo bassissimo del petrolio. In terzo luogo potrebbe prodursi una coalizione sunnita che, con lo stesso pretesto russo di combattere l'Isis, cerchi attivamente di limitare il potere russo-sciita su Irak e Siria. Il che significa una intensificazione della guerra e nuove difficoltà per i russi. Infine al momento essi non vogliono distruggere Israele, anche per via del milione o due di russofoni che vi abitano, ma solo stabilire un'egemonia. E Netanyahu, che è molto più abile dei politici europei, ha già manovrato da tempo per crearsi una situazione di sicurezza.
Il quadro è dunque molto insabile e nessuno può dire come evolverà. Certamente però è su questo piano e non sulle bravate criminali degli adolescenti arabi che si misura la sicurezza di Israele.
Ugo Volli