Da sinistra: Bernie Sanders, Hilary Clinton, Donald Trump, Marco Rubio, Ted Cruz
Cari amici,
è arrivato il momento di occuparsi (e preoccuparsi) delle elezioni americane. Come sapete, il nuovo presidente degli Stati Uniti, che subentrerà nel prossimo gennaio alla disastrosa gestione di Obama, sarà eletto all'inizio di novembre. Ma prima di arrivare alla scelta decisiva, il percorso delle primarie che serve a definire i candidati è lungo ed è già iniziato. Da parte democratica si confrontano Hilary Clinton e Sanders, da parte repubblicana i candidati sono molti di più, ma quelli più quotati al momento sono Cruz, Trump e Rubio. Avete probabilmente letto che si sono già svolte le primarie in Iowa, nella forma dei caucus, che sono come dei mini-congressi locali; ho elencato i candidati qui sopra seguendo l'ordine di questa prima votazione. Proprio oggi si svolgono delle primarie più tradizionali in New Hampshire e nelle prossime settimane seguiranno le altre elezioni di partito. Resta per così dire in agguato un possibile candidato indipendente, l'ex sindaco di New York Bloomberg, che era repubblicano ma è uscito dal partito qualche anno fa.
Il panorama che si profila è profondamente inquietante. Clinton rappresenta la continuità con Obama. E' stata complice della sua disastrosa politica estera, ha pesanti responsabilità nella tragedia di Bengasi, quando l'ambasciatore americano in Libia e alcuni collaboratori furono abbandonati a una morte atroce per mano degli islamisti e la Clinton cercò di nascondere il suo coinvolgimento prima dando la colpa a un film antimaomettano di cui nessuno poi ha più sentito parlare, poi lamentando una misteriosa grave malattia, che però non le impedisce oggi il gravoso percorso della candidatura; soprattutto si porta dietro la colpa di una grave violazione della sicurezza compiuta tenendo i messaggi segreti che trattava come responsabile della politica estera americana sul suo indirizzo di posta privata, in un server non protetto, invece che su quello del ministero: uno scandalo al limite del reato penale che testimonia quantomeno della sua leggerezza in questi temi. Ma soprattutto lo scandalo della posta ha permesso di leggere parte della sua corrispondenza, la quale mostra una violenta e continua campagna antisraeliana da parte dei suoi consiglieri di quattro anni fa (che sono gli stessi di oggi): http://observer.com/2016/02/it-wasnt-just-sid-torrent-of-anti-israel-advice-found-in-hillarys-emails/. Anche se sua figlia è sposata con un ebreo, possiamo essere purtroppo ragionevolmente certi che il rancore contro Israele dell'amministrazione Obama si prolungherebbe in un suo nuovo governo.
La Casa Bianca
Sanders è peggio, ancora peggio di Obama. Se questi è un marxista, un antiamericano e un antioccidentale mascherato, Sanders lo è apertamente e onestamente – il che rende le cose peggiori. Anche su Israele le sue posizioni sono più aperte e altrettanto ostili (http://www.frontpagemag.com/point/261752/bernie-sanders-consults-terrorist-supporter-anti-daniel-greenfield). Sarebbe gravissimo che l'America eleggesse un presidente così nemico dei suoi valori fondamentali, una testimonianza della profondità della crisi culturale e politica che attanaglia il centro dell'Occidente. Ma se Hilary Clinton fosse travolta dai suoi scandali potrebbe accadere che un estremista marxista dichiarato diventasse presidente.
Il fronte repubblicano è più confuso. Trump è senza dubbio più abile e astuto di come si presenti; ma in fondo anche l'immagine conta e la sua è quella di un estremista per partito preso, uno sbruffone afflitto da un'enorme ipertrofia dell'io, quasi un Bossi prima maniera. Cruz certamente è più politico, ma di una politica molto chiusa, che ripercorre i vecchi temi della politica americana dell'estrema destra. Il personaggio più equilibrato e sicuramente pro-israeliano è Rubio, che è anche espressione del gruppo dirigente e parlamentare repubblicano. Ma la sua capacità comunicativa non è sembrata molto brillante, né buona la sua abilità di entusiasmare l'America profonda, che in definitiva è il punto decisivo delle primarie. Vedremo se saprà crescere, come ha mostrato di poter fare nelle ultime settimane.
Quel che manca, per ora è il senso di una svolta, la speranza di voltare pagina davvero. La presidenza Obama ha devastato gli Stati Uniti, all'estero la loro credibilità, autorità e collocazione strategica; all'interno sembra aver bruciato il motore dell'innovatore culturale e politica, lasciando un paese stanco e senza sogni. Possiamo solo sperare in una svolta, perché abbiamo tutti bisogno dell'America, non solo per il suo peso economico e culturale, ma anche per la sua capacità di guidare quel che una volta si chiamava il mondo libero e che ora sembra impaurito, paralizzato, timoroso di ogni cambiamento, affascinato solo dalla sua eliminazione per mano islamica.
Ugo Volli