Cari amici,
immaginatevi che settantacinque anni fa, quando esplose la rivolta del ghetto di Varsavia, un governo straniero, per esempio spagnolo, esprimesse in un comunicato ufficiale la propria condanna per i crimini nazisti, “motivati dall'odio” e di natura “terrorista”, ma insieme facesse presente la propria preoccupazione per la perdita di giovani vite tedesche e chiedesse di interrompere “il ciclo della violenza”. Immaginate poi che una dichiarazione perfettamente analoga fosse fatta a un livello ancora più alto, quello del “governo del mondo” che oggi è rappresentato dalle nazioni unite.
Be', settantacinque anni fa il governo spagnolo presieduto da Franco pensava a condurre una durissima repressione sui suoi nemici, e anche oggi quello spagnolo, senza cadere nei crimini di Franco, avrebbe ottime ragioni per pensare a casa sua, dove la situazione è confusissima, fra gli sviluppi del tentativo di secessione catalano e il rischio di un governo pesantemente condizionato da un movimento demenziale come Podemos, per di più ripetutamente associato sulla stampa a finanziamenti iraniani e venezuelani. Per non parlare di immigrazione, crisi economica, follie varie dell'Unione Europea che coinvologono la Spagna come noi.
E invece no, il governo spagnolo ha sentito l'impellente necessità di pubblicare un comunicato in cui sì, condanna i crimini d'odio e il terrorismo degli arabi che danno la caccia agli ebrei in Terra di Israele, andando per le case o alle fermate degli autobus a trovare le proprie vittime, che spesso sono donne, madri, ragazzini o anziani; e fin qui si tratta del riconoscimento di un dato di fatto. Ma poi ha espresso la propria preoccupazione per “l'uso della forza” da parte israeliana e la perdita delle vite umane dei poveri ragazzi palestinesi e ha chiesto, per l'appunto, la fine del ciclo di violenza (http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/Spain-deeply-worried-over-Palestinian-deaths-from-Israels-use-of-force-443263). Il fatto è che non c'è nessun ciclo, c'è quello che una canzone di grande successo fra gli arabi di Giudea e Samaria chiama “amore dei pugnali” (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/hottest-new-arab-hit-on-youtube-lovers-of-stabbing/2016/01/30/). C'è un metodo sicurissimo e non troppo difficile sul piano intellettuale perché questi ragazzi non corrano il rischio di essere arrestati o di riceversi una pallottola di reazione. Basterebbe che evitassero di rincorrere con un coltellaccio in mano i primi ebrei che trovano e le probabilità cambierebbero radicalmente. Se poi evitassero di portarsi in tasca delle lame pericolose e magari andassero a scuola, a lavorare o perfino al caffè invece di “cercare il martirio”, il loro rischio a Gerusalemme, Tel Aviv e anche a Hebron sarebbe basso come quello dei loco coetanei che giocano a pallone alla periferia di Treviso (Italia). Questa semplice precauzione diminuirebbe drasticamente, vi assicuro, l'uso della forza da parte israeliana.
Ban Ki-Moon, Segretario generale dell'Onu
Settantacinque anni fa non esisteva neanche un organismo internazionale che provasse a funzionare come “governo del mondo”. Oggi invece c'è, si chiama Onu e ha posizioni politiche chiaramente antisraeliane, che si potrebbero facilmente dimostrare statisticamente. Dal segretario generale Ban Ki-Moon, all'Unesco, dall'Assemblea generale all'Unrwa, fino agli uscieri, l'ossessione antisraeliana è universale sotto la bandiera azzurra dell'Onu. L'ultimo caso è proprio quello delle dichiarazione della settimana scorsa in cui anche Ban, bontà sua, esprimeva “preoccupazione” per la “violenza” in Israele, badando bene a non darne la colpa ai tagliagole arabi e a chi li incita al sangue. La colpa sarebbe invece dei cattivi coloni che occuperebbero i “territori palestinesi”, cioè quelle zone che l'Autorità Palestinese desidererebbe ricevere subito e per carità, priva di ebrei. Tant'è vero che Netanyahu ha ritenuto di dover intervenire e far presente che una posizione del genere non aiuta affatto la pace, ma incoraggia invece i terroristi (http://www.nytimes.com/2016/01/27/world/middleeast/israeli-palestinian-attack-beit-horon.html).
Inutile dire che a soccorso del povero segretario generale è accorso immediatamente il ministro degli esteri francese, accurando Netanyahu “di essere arrivato fino al punto di rimproverare al segretario generale dell'Onu di incoraggiare il terrorismo per aver ricordato l'illegalità dell'occupazione e chiesto la sua fine” (http://fr.timesofisrael.com/etat-palestinien-israel-rejette-les-propos-de-laurent-fabius/). La Spagna, l'Onu, la Francia, non vi parlo oggi dell'Unione Europea e degli Usa, ma ci tornerò presto sopra: è un vero e proprio assedio. E ha ragione Netanyahu, incoraggiano tutti il terrorismo. Anzi, di più: ne condividono l'obiettivo immediato. Che è il seguente: costringere Israele a ritirarsi nei “confini di Auschwitz” della linea verde degli armistizi del '49, senza ottenere dall'Autorità Palestinese nulla in cambio, nemmeno l'impegno a smettere la violenza e a chiudere le rivendicazioni. Questo è l'obiettivo tattico dei palestinisti, in attesa di poter finalmente buttare a mare gli ebrei; questo è quello che vogliono Unione Europea, Francia, Spagna, Onu, Usa. E questo è lo scopo (immediato, lo ripeto, quello a lungo termine è più sanguinosamente ambizioso) degli accoltellatori e di chi li manda, li incoraggia e li premia. Il ragazzino intontito dalla pornografia della violenza che riempie le tv e i social media palestinisti ammazza una madre davanti ai suoi bambini; il pomposo ministro degli esteri francesi Fabius fa il suo comunicato pieno di ricatti e di albagia, l'untuoso Ban dichiara ipocritamente. Sono mezzi diversi, ma lo scopo è unico: cacciare via gli ebrei, ripulire la Giudea e Samaria dalla presenza ebraica. Indebolire e rendere vulnerabile lo stato di Israele. Questo è ciò intorno a cui si gioca la partita oggi.
Ugo Volli