Morte e vergogna: sarà la fine per la leadership di Nasrallah? 16/01/2016
Analisi di Mordechai Kedar
Autore: Mordechai Kedar
Morte e vergogna: sarà la fine per la leadership di Nasrallah?
Analisi di Mordechai Kedar


(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/18231#.VpkNdprhDIU

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Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah

Nella cultura mediorientale, il concetto di onore ha un peso assai rilevante. Ognuno è tenuto a comportarsi in modo da dare rispettabilità a se stesso, ai parenti prossimi e a quelli acquisiti, alla propria comunità e ad ogni ambiente politico o sociale a cui appartiene. Va da sé che una persona debba astenersi da azioni che gettino un’ombra di vergogna su di sé, perché anche coloro che sono in qualche modo a lui legati ne soffrirebbero. L’uomo raggiunge il grado più alto di onore scegliendo molto bene il modo in cui sacrificare la propria vita, perché se lui è disposto a rinunciare al suo bene più caro, la vita, per portare onore al suo ambiente, il gruppo a cui appartiene riverserà su di lui tutto quello che può dare in cambio: onore, encomi, poesie, sostegno economico per la sua vedova, i suoi genitori in lutto e i suoi bambini piccoli. Se invece, un uomo muore in circostanze vergognose, i suoi parenti faranno di tutto per nascondere la causa della sua morte, in modo da non subire le conseguenze delle sue attività deplorevoli. Imbastiranno una storia rispettabile su come è morto, magari sostenendo che è successo durante una battaglia contro un nemico, tutto questo al fine di poter beneficiare delle ricompense che la società concede ai parenti di uno shahid.

Lo sforzo per nascondere la vera storia di una morte vergognosa cresce esponenzialmente con lo status sociale dei genitori del defunto, poiché hanno molto da perdere, soprattutto in termini di status. Il problema si aggrava se e quando si scopre che la storia inventata dalla famiglia è una menzogna, perché alla vergogna causata dalla morte abietta del figlio, si aggiunge il peccato della menzogna. Questa situazione è nota come fadikha, che origina la perdita di reputazione di rivali politici, nazionali, tribali, religiosi ed etnici e denigra la loro legittimità.

Recentemente, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, si è trovato bersaglio di una campagna di delegittimazione e diffamazione, condotta dai suoi oppositori nel mondo arabo. Suo figlio, Muhammad Hadi, è stato ucciso nel 1997, e da allora, Hezbollah racconta la storia di come è caduto in battaglia come shahid. Solo che circa due anni fa, un giornalista algerino, Anwar Malakh, ha rivelato che secondo i documenti di intelligence siriani, Hadi, figlio di Hassan Nasrallah, non era morto da martire in battaglia contro le forze israeliane, ma era stato ucciso in una rissa scoppiata tra i partecipanti ad una festa in un nightclub di Beirut. Un nightclub è l'ultimo posto al mondo che Nasrallah avrebbe voluto che suo figlio frequentasse. In questi locali notturni i liquori scorrono come acqua e di certo non si seguono gli elevati valori morali dell’islam. Per quanto concerne Hadi, si dice che sia morto in una rissa da bar. Il grave problema di Nasrallah è che se questo è davvero quel che è successo a suo figlio, la sua legittimità come leader sarà compromessa, così come l’integrità morale a lui necessaria per mandare i suoi uomini a combattere e morire per gli ideali e gli interessi degli sciiti libanesi, tra cui primeggia la volontà di sopravvivere agli assalti del Jihad sunnita dei ribelli siriani e dello Stato islamico.

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Aleppo, Siria

La storia della fadikha del figlio e le menzogne diffuse su come è morto sono la dimostrazione dolorosa della diminuzione del prestigio di Nasrallah, certamente rispetto alle vette di popolarità che aveva raggiunto nel 2006 dopo i sacrifici gloriosi dei suoi soldati nella Seconda Guerra del Libano. Per un po' Hassan Nasrallah non volle mai alludere alla presunta “denuncia” delle reali circostanze in cui morì suo figlio, almeno non direttamente, per il timore che qualsiasi riferimento ad essa - anche una negazione – sarebbe servito a soffiare sul fuoco e a farlo diventare motivo di polemica.

Il mese scorso però, Nasrallah ha cambiato atteggiamento, e in un discorso pronunciato in ricordo di uno dei leader sciiti, Mahmud Khaton, ha categoricamente smentito le “dicerie” secondo cui Hadi avrebbe avuto una storia d’amore con una parente di Khaton. Questo cambiamento nella consuetudine del comportamento di Nasrallah nel rapportarsi ai pettegolezzi ha fatto sì che i social media fossero inondati da storie su di lui e suo figlio. I suoi avversari non hanno evitato alcun tipo di epiteti, compreso “il leader del partito di Satana“ e “il vincitore di Satana" (al posto del vincitore di Dio). Gli sciiti sono presentati come “Abna Alm'uta", figli di donne pagate per essere le “spose” per un periodo di tempo concordato e limitato (una pratica consentita nell'islam sciita). I combattenti di Hezbollah sono descritti come un branco di ratti al collasso sui campi di battaglia del Jihad in Siria mentre difendevano il criminale Bashar e cercavano di compiacere i persiani (considerato un termine offensivo per gli iraniani). Nasrallah è descritto come un vampiro sciita assetato di sangue sunnita, che ha mentito dicendo che si stava preparando alla lotta contro i sionisti per spiegare il suo bisogno di armi e missili, ma che in realtà stava accumulando depositi di armi al fine di attaccare gli arabi e i musulmani in Siria.

L’hanno anche chiamato “Guardiano di Israele”. Quest’accusa è diventata più grave in questi ultimi giorni, dopo che sono trapelate foto e video che mostrano uomini, donne e bambini che muoiono di fame in città come Madaaya (vicino a Damasco), Foua e Kefraya (nei pressi di Aleppo), dato che queste ed altre città sono da lungo tempo sotto un assedio gestito sia da Hezbollah, sia dai ribelli anti-Assad. Le fotografie raccapriccianti hanno sconvolto l’intero mondo arabo e musulmano, ponendo sotto una lente d’ingrandimento i crimini di Hezbollah contro bambini innocenti, donne e anziani che muoiono di fame. Alla guerra in Siria e al conflitto tra sciiti e sunniti si è ora aggiunta una retorica grossolana, rude e irritante che svolge una funzione simile a quella del poeta, nel periodo pre-islamico, la cui missione era quella di riscaldare i guerrieri in modo che essi combattessero con più vigore, uniti in una causa comune.

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Siria, un Paese che non esiste più

La battaglia mortale in corso in Siria ha portato i partecipanti a bassezze senza precedenti nella depravazione morale, calpestando ogni legge di civiltà, poiché entrambe le parti si trasformano in bestie da preda prive di ogni freno. Sono passati quasi cinque anni dall’inizio della guerra civile siriana che è cominciata nel marzo del 2011, e la situazione continua a peggiorare, la crisi si sta approfondendo, caratterizzata da atti orrendi che la mente non riesce ad accettare. Il mio timore è che presto farà la sua comparsa la guerra chimica, ancora una volta, con ciascuna delle due parti che accusa l’altra di farne uso. Non vi è alcun compromesso all’orizzonte, entrambe le parti stanno combattendo nella speranza di distruggere completamente la controparte.

L’intervento russo, iraniano, turco e dell’Arabia Saudita aggiunge carburante ai fuochi del conflitto, e una soluzione è più lontana che mai. I comuni cittadini, come rocce macinate in polvere in un mulino gigante, non hanno alcuna influenza su ciò che sta accadendo. Essi devono cercare di mantenere le vestigia della propria umanità, in modo da essere forse le piantine da cui un giorno potrà nascere una nuova società in Siria, una società che ricordi la lezione da trarre da ciò che oggi sta vivendo. La fadikha che Nasrallah sta subendo a causa di suo figlio è una magra consolazione per un pover’uomo sunnita che soffre la più grande crisi umanitaria che il mondo abbia visto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Israele deve stare all’erta per evitare di essere coinvolto nelle bollenti acque paludose della terra che una volta si chiamava la Siria, un Paese che ha cessato di esistere.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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