Chi in Occidente sottovaluta il terrorismo musulmano 12/01/2016
Analisi di Manfred Gerstenfeld
Autore: Manfred Gerstenfeld
Chi in Occidente sottovaluta il terrorismo musulmano
Analisi di Manfred Gerstenfeld

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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Il terrorismo musulmano è direttamente collegato nel mondo occidentale alla violenza fisica, così come avviene in alcune aree del mondo islamico. Ciò malgrado, continuiamo a vedere come queste azioni terroristiche vengano spiegate e razionalizzate in Occidente. Alcuni sottolineano le differenze tra obiettivi e atti terroristici, nel tentativo di legittimarli. L’islam è un insieme di religione, cultura e ideologia politica. Le più efferate stragi di massa, gli incitamenti e altri crimini, hanno avuto origine nei decenni passati da questa multiforme realtà.

Il filosofo liberal spagnolo Jose Ortega Y Gasset disse che “la civiltà non è altro che il tentativo di ricorrere alla forza se non vi è altra soluzione”. In effetti è vero per i democratici, la violenza dovrebbe essere l’ultima decisione; per i barbari invece, è sovente la prima. Oggi, in molte comunità islamiche, il numero di questi barbari è sproporzionato e l’obiettivo è rappresentato da altri musulmani. Il governo militare indonesiano mise fuorilegge 50 anni fa il locale partito comunista, uccidendo mezzo milione di aderenti. Nella guerra Iran-Iraq degli anni ’80 i morti furono più di un milione. Negli ultimi 35 anni, ci furono in Afghanistan due terribili guerre con un milione e mezzo di morti. La prima vide i sovietici contro i mujahidin sostenuti dagli americani dal 1978 al 1987. La seconda continua ancora oggi con i massacri messi in atto dai talebani. La guerra civile algerina degli anni ’90 provocò almeno 150.000 vittime.

Nel 2014 circa 32.000 morti furono il risultato delle azioni delle organizzazioni terroristiche, tutte formate da musulmani, con in prima fila Boko Haram e lo Stato Islamico (Isis). Il Segretario di Stato John Kerry in un documento per niente accurato sul massacro di Parigi ha scritto: “ è avvenuto qualcosa di diverso da Charlie Hebdo, credo lo avvertano tutti. È stato qualcosa di molto più particolare, persino in termini di legittimità – non che fosse legittimo,ma qualcosa che poteva fati pensare OK, devono essere veramente furenti per averlo fatto. La strage di venerdì è stata un atto totalmente indiscriminato. Non voleva essere un attacco soltanto finalizzato a colpire, voleva terrorizzare la gente”. Ecco come uno dei alti in grado dell’Amministrazione americana che cerca di vedere, con una pericolosa confusione mentale, delle differenze tra atti terroristici, offrendo senza alcuna moralità parziali giustificazioni su degli atti criminali, paragonandoli ad altri. Differenze simili le ha fatte Gérad Araud, l’ambasciatore francese negli Usa. Dopo il massacro di Parigi,ha dichiarato: “ Questi sono i modelli fondanti della società che terroristi vogliono distruggere: ieri giornalisti e ebrei, oggi normali cittadini la cui unica colpa era volersi godere la gioia di un venerdì sera a Parigi”.

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Gli ebrei francesi capiscono bene dalle sue parole dove voleva andare a parare, che gli ebrei non vanno considerati normali cittadini. Araud è stato ambasciatore in Israele dal 2003 al 2006, avrebbe dovuto conoscere la realtà del terrorismo arabo. Infatti i palestinesi sono spesso stati dei precursori in quanto a atti terroristici ‘innovativi’. C’erano stati dei precedenti. Nel 1980 era esplosa una bomba davanti alla sinagoga liberal dib Rue Copernic a Parigi, uccidendo anche tre passanti. L’allora primo ministro Raymond Barre disse che gli assassini avevano sbagliato bersaglio. Aggiungendo “ un attacco scandaloso, che voleva colpire gli ebrei in sinagoga, mentre ha ucciso dei francesi innocenti che camminavano in Rue Copernic”. Disse anche che erano stati uccisi senza avere alcun legame con “l’argomento”. In base a questa affermazione Claude Lanzmann aveva definito Barre antisemita.

Nel 2011, un terrorista isolato, Anders Breivik, aveva ucciso 77 persone in Norvegia. L’allora ambasciatore norvegese in Israele Svein Sevje, disse che il terrorismo palestinese contro gli israeliani era più giustificato rispetto a quello contro i norvegesi. A sinistra, alcuni odiatori di Israele hanno collegato il massacro di Parigi al conflitto con i palestinesi, come ha fatto Margot Wallstrom, ministro degli esteri svedese, che ha dichiarato: “ Per reagire alla generalizzazione, dobbiamo tornare alla situazione mediorientale, dove i palestinesi sanno di non avere un futuro; dobbiamo accettare la loro situazione disperata o il ricorso alla violenza”. Lo stesso vale per Jan Marijissen, il presidente uscente del partito socialista danese. In un programma radiofonico, ha detto che è importante conoscere la psicologia degli aggressori, perché il loro comportamento è collegato al conflitto israelo-palestinese “.

Due esempi di chi consapevolmente ignora la componente centrale dell’ideologia violenta che caratterizza parte del mondo musulmano. Nel 2012, il criminale musulmano Mohamed Merah assassinò tre soldati francesi e un maestro ebrei con tre suoi allievi. Tariq Ramadan, professore a Oxford e musulmano, lo descrisse come una vittima. Il “povero ragazzo” era “colpevole e andava condannato” ma aggiunse “ in ogni caso anche lui è una vittima di un ordine sociale che ha condannato lui e milioni di altri all’emarginazione, negandogli lo status di cittadino con eguali diritti..” Bisogna fare attenzione quando si fanno previsioni per il futuro, perché è improbabile che il recente attacco alla metropolitana di Londra possa essere l’ultimo caso di terrorismo musulmano nell’ Europa occidentale. Ci possiamo solo stupire su quante altre vittime di terrorismo ci vogliano ancora per criticare i Kerry, le Wallstrom o almeno a farli tacere. Anche se sono incapaci di rendersi conto dell’ovvietà che gran parte della violenza terrorista è direttamente connessa all’ideologia di chi la compie.


Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.
Manfred Gerstenfeld ha ricevuto il premio "Simon Wiesenthal Center International Leadership" per i suoi studi sull'antisemitismo.


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