(Traduzione di Angelo Pezzana)
http://www.jpost.com/Middle-East/Sunni-vs-Shia-New-flare-up-rooted-in-ancient-hatred-440963
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Sunniti vs sciiti: da tredici secoli in guerra
L’esecuzione di Nimr al Nimr, l’imam sciita e strenuo oppositore del regime sudita che regolarmente e pubblicamente insultava la famiglia reale, ha innescato una crisi senza precedenti fra Teheran e Riad. Anche se non era del tutto inattesa, vista l’agitazione geopolitica in Medio Oriente, le radici della crisi vanno trovate nella mai cessata faida tra sunniti e sciiti, che risale all’inizio dell’islam. Il profeta Maometto voleva che tutte le tribù arabe rimanessero unite, ma la guerra per la sua successione ha lasciato l’islam lacerato fra sunniti e sciiti, anche se entrambi credono nel Profeta e nel Corano, e entrambi vogliono imporre il dominio dell’islam sul mondo intero. Entrambi hanno una propria ideologia e morale, che non lascia aperture per compromessi o riconciliazioni.
Seguendo gli alti e bassi della storia, l’islam sunnita, con a capo l’Arabia Saudita, rappresenta l’85% dei musulmani, mentre quello sciita, con alla testa l’Iran, raccoglie il rimanente 15%. Ma il blocco sunnita è tutt’altro che compatto. Vi sono molte organizzazioni estremiste – da Al Qaeda allo Stato Islamico più una quarantina di gruppi minori – che ricorrono alla violenza per restaurare il Califfato, oggi con la jihad. Si possono raggruppare genericamente con la definizione ‘islamismo’ oppure ‘islam estremista o jihadista’, e, come l’ideologia sunnita più diffusa, le loro leggi si basano sulla Sharia, giungendo ad applicarla persino con maggiore severità.
Una manifestazione di sciiti contro l'Arabia Saudita dopo l'esecuzione di Nimr al Nimr
Nel frattempo, in Iran, l’Ayatollah Khomeini, impadronitosi del potere nel 1979, iniziava una nuova battaglia per imporre l’islam sciita su tutto il Medio Oriente come primo passo, seguito poi dalla conquista del mondo. Si rivolse alle minoranze sciite degli stati sunniti invitandole ad azioni contro i loro stessi stati, al fine di destabilizzarli dall’interno e infine rovesciarli, erigendo un regime sciita al loro posto, assicurando così all’Iran il potere su tutta la regione. La Siria, governata dagli alawiti, fino allora fuori dall’influenza sunnita, entrò nell’orbita dell’Iran e divenne un forte alleato degli Ayatollah di Teheran. Partendo dalla frustrazione degli sciiti libanesi, che si sentivano discriminati, l’Iran appoggiò Hezbollah con l’obiettivo di impadronirsi del paese, minacciare Israele e organizzare attività sovversive in Giordania e Egitto. Nel 2008 le autorità egiziane scoprirono una cellula di Hezbollah che preparava un attacco al Canale di Suez; oggi le truppe di Hezbollah sono al fianco di Assad per ordine di Teheran.
Nell’area del Golfo, l’Arabia saudita è l’argine maggiore dell’islam sunnita contro le attività sovversive dell’Iran, per questo viene considerata il nemico più grande. Nel regno vi sono un certo numero di luoghi inaccessibili. Mecca e Medina, che sono situate sul suo territorio; ha poi le più grandi riserve di petrolio al mondo ed è – o era – amica e alleata degli Stati Uniti.
Ancora una volta Teheran è ricorsa alla violenza, incitando le minoranze sciite dell’area. L’Iran non ha poi esitato a proclamare il Bahrein, dove vi è una maggioranza sciita malgrado il potere sia nelle mani della famiglia sunnita Al Sabbah, la propria 14a provincia. Nel 2011, il regime in Bahrain rischiò di essere rovesciato durante la cosiddetta Primavera Araba da violente manifestazioni. Arabia Saudita e altri Emirati inviarono a loro volta delle truppe per domare la rivolta. In Arabia Saudita c’è una significativa minoranza sciita, situata a sud del paese, dove c'è la maggior parte dei giacimenti di petrolio, e l’Iran non perde occasione per incitarle. Lo sceicco Nimr al Nimr era il suo agit-prop, incarcerato più volte. Nel 2012 ha provocato diverse dimostrazioni contro il regime, venne nuovamente incarcerato e condannato a morte per ribellione in base alla legge della Sharia e in base ai versetti del Corano. La sua esecuzione aveva il compito di risvegliare gli stati sunniti e di essere un avviso alla minoranza sciita e all’Iran: da ora Riad non tollererà più le attività sovversive dell’Iran e le minacciose dichiarazioni contro il regno e gli alleati Emirati del Golfo.
Minacce giudicate seriamente, dopo le iniziative iraniane degli ultimi anni: plateali interventi in Siria del suo alleato Hezbollah in aiuto ad Assad; poi la sua influenza in Iraq in aiuto ai partiti sciiti, ma anche organizzare milizie sciite per sostituire l’esercito iracheno che non era riuscito a debellare lo Stato Islamico. Per finire, l’aiuto ai ribelli Houti nello Yemen del sud, alleato dell’Arabia Saudita, che si affaccia sul Mar Rosso e il Canale di Suez, rifornendoli di armi e munizioni. Non bastava la situazione già grave per il regno saudita, quando venne anche l’abbandono degli Stati Uniti, da decenni l’alleato più importante, per cui non rimaneva altra opzione che prendere posizione. Sotto la leadership del Presidente Obama erano iniziati incontri segreti con l’Iran, che dovevano portare a un accordo sulla produzione di armi nucleari entro un dato numero di anni, a pato che non ci fossero azioni terroriste contro stati dell’area. Una scelta giudicata in Medio Oriente come un riconoscimento de facto del riconoscimento da parte di Washington dell’egemonia sciita dell’Iran.
Sunniti (verde chiaro) e sciiti (verde scuro)
Le line di guerra sono chiare. L’Arabia Saudita - che contrariamente all’Iran fa parte della coalizione a guida americana contro lo Stato Islamico - ha dato vita a una propria coalizione per combattere gli Houti in Yemen. In dicembre ha lanciato un’altra coalizione, gli Stati islamici contro l’Isis. In più uno sforzo straordinario in aiuto dell’economia egiziana. Sotto Mubarak, il Cairo era in prima fila nella battaglia contro i tentativi di egemonia dell’Iran. Anche in questo caso l’America ha de facto voltato le spalle a un altro suo grande alleato. L’Egitto si è così rivolto alla Russia, che però sostiene Assad. Un problema meno grave, che egiziani e sauditi fanno del loro meglio per ignorare.
E adesso ? L’Arabia Saudita ha rotto i rapporti con Teheran, seguita da Bahrain, Sudan e Gibuti, paesi che hanno patito grandemente le attività sovversive iraniane. Gli Emirati Arabi Uniti hanno ridotto i propri legami. Kuwait e Qatar hanno richiamato gli ambasciatori. I paesi sunniti hanno per ora messo da parte le proprie lamentele, impegnati come sono a combattere il comune nemico sciita. La prossima settimana si terrà un importante convegno della Lega Araba.
E gli Stati Uniti ? Chiedono a entrambe le parti moderazione, cosa alquanto insensata, considerando soprattutto che è stato a causa dell’essersi schierati con Teheran e avere indebolito gli amici di prima che è stato dato sviluppo a questa situazione. Anche la Russia offre i suoi buoni uffici per disinnescare la crisi. Un altro successo per Putin, che fa crescere l’influenza del suo paese in Medio Oriente. Si direbbe che Teheran, coinvolta nel combattere l’Isis e sostenere il regime di Assad, non desideri aggiungere altra benzina sul fuoco. In Iran le voci cosiddette moderate accusano apertamente il regime di avere esagerato nel dare via libera alle dimostrazioni contro le sedi diplomatiche saudite. La crisi presente potrebbe finire con un conveniente compromesso, ma l’eterna ostilità tra sunniti e sciiti rimane più forte che mai.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 20012 al 2004. Dal 1989 al 1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. Collabora a Informazione Corretta