Un sondaggio che merita di essere conosciuto 16/12/2015
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Autore: Ugo Volli
Un sondaggio che merita di essere conosciuto
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: la road map verso la pace dei terroristi palestinesi

Cari amici,

dato che tutti parlano di pace, mentre continua l'ondata di tentati omicidi quasi quotidiani ai danni degli ebrei in Israele e l'incitamento dell'Autorità Palestinese che ne è certamente la causa prossima, è di grande interesse conoscere quel che pensano i sudditi dell'AP, che da dieci anni e passa non possono esprimersi con libere elezioni (per la cronaca le hanno fatte una volta sola e ha vinto Hamas...). Quel che segue è il riassunto fornito dal Palestinian Center for Policy and Survey Research (PSR) di un sondaggio condotto fra il 10 e il 12 dicembre scorso in Giudea, Samaria e Gaza su 1270 adulti scelti in 127 luoghi a caso. Il margine d'errore denunciatoi è del 3%. Di solito questi sondaggi nei paesi arabi non sono molto affidabili, ma conoscerne i risultati è sempre meglio di niente. Il riassunto completo è qui (http://www.pcpsr.org/en/node/623), un commento israeliano che condivido si trova qui (http://www.jewishpress.com/news/pa-majority-demands-abbas-resignation-supports-stabbing-gave-up-on-two-state-solution/2015/12/14/). Ho ritenuto utile tradurre semplicemente il riassunto, eliminandone solo alcune parti per ragioni di spazio. Naturalmento non condivido la terminologia né le opinioni espresse, ma ho preferito farvele conoscere. Ecco il testo

La “resistenza popolare”:
- Il 67% sostiene e il 31% si oppone all'uso dei coltelli negli attuali attacchi contro Israele. Circa tre quarti (73%) si oppongono alla partecipazione delle ragazze di età scolastica agli accoltellamenti e un quarto supporta.
- Il 37% ritiene che gli scontri attuali possano svilupparsi in una nuova intifada armata, il 18% ritiene che essi si svilupperanno in “attacchi popolari pacifici” su larga scala, e il 13% ritiene che si svilupperanno in entrambe le direzioni. Per contro, il 19% crede che il confronto rimarrà come è ora e il 10% crede che gradualmente finirà.
- Il 66% (71% nella Striscia di Gaza e il 63% in Cisgiordania) ritiene che se gli scontri attuali si svilupperanno in una intifada armata, un tale sviluppo servirebbe gli interessi nazionali palestinesi più che i negoziati.
- Il 50% (61% nella Striscia di Gaza e il 43% in Cisgiordania) ritiene che se gli scontri attuali si svilupperanno in “attacchi popolari pacifici” su larga scala, un tale sviluppo servirebbe gli interessi nazionali palestinesi più che i negoziati.
- Il 51% (62% nella Striscia di Gaza e il 43% in Cisgiordania) ritiene che se gli scontri attuali rimangono come sono ora, ciò servirebbe gli interessi nazionali palestinesi più che i negoziati.
- Il 51% (67% nella Striscia di Gaza e il 40% in Cisgiordania) ritiene che la maggior parte dei palestinesi che è caduta dopo essere stato colpita da parte dell'esercito o di coloni israeliani ha realmente accoltellato o stava cercando di pugnalare israeliani. Ma il 47% crede che la maggior parte di coloro che sono stati colpiti [dalla reazione israeliana] non hanno pugnalato o non sono tentavano di pugnalare israeliani.
- Se si confronta il livello di supporto di varie parti per gli scontri in corso, Hamas arriva in cima con il 71% del pubblico che crede li sostenga, seguito dal FPLP, col 66%, Fatah (59%), e al Mubadara o Iniziativa (53%). Al contrario, solo il 33% afferma il presidente Abbas sostiene gli scontri, il 28% afferma che la Giordania li sostiene, e solo il 14% afferma l'Egitto li sostiene.

Il futuro degli accordi di Oslo:
- Il 90% del pubblico ritiene che Israele non rispetta gli accordi di Oslo e il 6% crede che lo fa.
- il 68% sostiene e il 25% si oppone ad abbandonare gli accordi di Oslo. Ma il 67% di coloro che credono che Israele non rispetti gli accordi di Oslo crede che il presidente Abu Mazen non sia serio nelle sue minacce di abbandonare gli obblighi palestinesi legati ad Oslo e solo il 25% pensa che lo sia.
- Il 70% sostiene e il 26% si oppone a una decisione di vietare l'ingresso dei prodotti israeliani in aree palestinesi, anche se Israele rispondesse vietando l'ingresso dei prodotti palestinesi in Israele.
- Il 64% sostiene e il 33% si oppone alla decisione di interrompere il coordinamento della sicurezza con Israele, anche se Israele rispondesse impedendo l'accesso di polizia palestinese alle aree B e C.
- 58% sostiene e il 39% si oppone alla decisione di smettere il coordinamento civile con Israele anche se Israele rispondesse vietando i viaggi delle persone in possesso di passaporti palestinesi di nuova emissione che non siano stati coordinati con Israele.
- Una maggioranza di 52% crede che Israele abbandonerebbe la sua attuale politica di insediamento e accetterebbe di iniziare seri negoziati per porre fine alla sua occupazione se la parte palestinese sospendesse la sua attuazione degli obblighi di Oslo. Per contro, il 37% ritiene che una sospensione palestinese degli obblighi di Oslo porterebbe al crollo dell'AP e al ritorno dell'amministrazione civile israeliana.

Elezioni palestinesi:
- Il 65% vuole che il presidente Abbas dia le dimissioni mentre il 31% vuole che rimanga in carica. Questi risultati sono identici a quelli ottenuti nel nostro precedente sondaggio tre mesi fa.
- Se il presidente Abbas non si ricandidasse in nuove elezioni, il 30% preferisce vedere Marwan Barghouti sostituirlo, mentre il 21% preferisce Ismail Haniyeh. Ramil al Hamdallah, Khalid Mishal e Mohammad Dahlan e Mustapha Barghouti ricevono il 6% ciascuno; Salam Fayyad riceve 4% e Saeb Erekat riceve 3%.
- Se si tenessero nuove elezioni presidenziali di oggi e solo due fossero i candidati, Ismail Haniyeh e Abu Mazen, il primo vincerebbe col 51% (rispetto al 49% di tre mesi fa) e il secondo otterrebbe il 41% (rispetto al 44% di tre mesi fa). Nella Striscia di Gaza, Abbas e Haniyeh riceverebbero una percentuale quasi uguale (47% per il primo e 48% per il secondo) ma nella Cisgiordania Haniyeh vincerebbe con il 53% contro il 37% per Abbas.
- Il livello di soddisfazione con le prestazioni del presidente Abbas continua a diminuire: dal 38% di tre mesi fa al 35% in questo sondaggio. La soddisfazione per Abbas si attesta al 44% di sei mesi fa.
- Se le elezioni presidenziali si svolgessero tra Marwan Barghouti e Haniyeh, il primo riceverebbe il 56% e il secondo il 38% dei voti. Se le elezioni presidenziali fossero tra i tre: Abu Mazen, Marwan Barghouti e Ismail Haniyeh, Abbas riceverebbe il 25%, Barghouti 36% e Haniyeh il 35%.
- Se si svolgessero oggi le nuove elezioni legislative, con la partecipazione di tutte le fazioni, il 71% dice che parteciperebbe a tali elezioni. Fra questi, il 33% afferma che voterebbe per Hamas e il 33% afferma che voterebbe per Fatah, l'11% voterebbe per qualcuno degli altri soggetti, e il 23% è indeciso. Tre mesi fa, il voto per Hamas si attestava al 35% e per Fatah al 35%. Nel giugno del 2014, poco prima della guerra di Gaza, il voto per Hamas era al 32% contro il 40% di Fatah.

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Il processo di pace e le aspirazioni a lungo termine:
- In assenza di un negoziato di pace, il 60% sostiene un ritorno ad una intifada armata; il 76% appoggia l'adesione a più organizzazioni internazionali; 60% sostiene la “resistenza popolare non violenta”; il 46% supporta lo scioglimento della PA. Tre mesi fa, solo il 57% sosteneva il ritorno alla intifada armata.
- Solo il 45% appoggia e il 54% si oppone alla soluzione dei due Stati. Tre mesi fa, il 48% sosteneva e il 51% si opponeva a questa soluzione.
- Il 36% sostine e il 62% si oppone a una soluzione negoziata permanente sulla falsariga dei Parametri di Clinton e dell'Iniziativa di Ginevra. Ma il 12% di coloro che si oppongono dice che cambierebbe idea e accetterebbe la soluzione se Israele accettasse l'iniziativa di pace araba.
- Le idee riguardo al mezzo più efficace per stabilire uno stato palestinese accanto allo Stato di Israele variano: il 46% ritiene che l'azione armata è il più efficace, il 26% la negoziazione, e mentre il 23% pensa alla “resistenza popolare non violenta”.
- Una maggioranza del 65% ritiene che la soluzione dei due Stati non è più praticabile a causa dell'espansione degli insediamenti mentre il 34% pensa che sia ancora possibile.
- Nonostante ciò, solo il 29% appoggia, e il 70% si oppone a una soluzione a uno stato in cui arabi ed ebrei godono di uguali diritti.
- Il 75% ritiene che le possibilità per la creazione di uno Stato palestinese accanto allo Stato di Israele nei prossimi cinque anni siano poche o inesistenti e il 24% ritiene che le probabilità siano alte o medie.
- Quando è stato chiesto quale fosse l'aspirazione a lungo termine dell'AP e dell'OLP, il 65% ha detto che è quella di recuperare tutto o in parte il terreno occupato nel 1967, mentre il 26% ha detto che è di conquistare lo stato di Israele o di conquistare lo Stato di Israele e uccidere la maggior parte degli ebrei.
- I risultati mostrano anche che il 45% sostiene l'iniziativa di pace araba e il 53% vi si oppone. Allo stesso modo, solo il 39% supporta un reciproco riconoscimento di identità nazionale di Israele come stato del popolo ebraico e la Palestina come lo stato per il popolo palestinese e il 61% è contraria.
- La stragrande maggioranza ritiene che al-Haram al Sharif è in grave pericolo: il 51% ritiene che Israele intende distruggere al-Aqsa e la Cupola della Roccia e sostituirli con un tempio ebraico; il 17% pensa che intende dividere la spianata in modo che gli ebrei avrebbero una sinagoga accanto ai luoghi santi musulmani; e il 9% ritiene che Israele intende cambiare lo status quo, consentendo agli ebrei di pregare lì. Solo l'11% ritiene che Israele è interessato a mantenere lo status quo senza modifiche.

Fin qui il sondaggio, condotto, lo ripeto, da una società palestinese con l'appoggio di un organismo tedesco, la Konrad-Adenauer-Stiftung. Mi sembra che parli da sé, che non ci sia bisogno di commentarlo. Faccio solo due velocissime osservazioni. La prima è che il realismo dell'opinione pubblica palestinese mi sembra piuttosto scarso e discutibile. La seconda è che il senso della realtà dei governanti e dei media occidentali è ancora più basso. La difficoltà di fare qualunque accordo di pace non deriva solo dalla cattiva volontà e dagli interessi di casta dei dirigenti palestinisti, esso è profondamente radicato nella convinzioni condivise dalla grande maggioranza dei loro rappresentati.

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Ugo Volli


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